A più di qualcuno piacerebbe un Presidente della Repubblica apartitico e apolitico. Non parlo solo dei pentastellati, ufficiali e ufficiosi, consapevoli e inconsapevoli, ma di una fetta, non piccola, di opinione pubblica affetta da sintomi antipolitici. La tesi è la seguente: per avere un Capo dello Stato come si deve, libero dal giogo della politica politicante, ci vorrebbe un personaggio estraneo alle logiche dei partiti e mai sfiorato dal mondo della politica, ça va sans dire, immondo per definizione.
Lineare, semplice, non fa una grinza, non c’è che dire. Se non fosse che una decisione del genere porterebbe ad un risultato equivalente, ma contrario, rispetto a quello sperato. Perché un Presidente così inteso finirebbe in pasto a manovratori e soci in un lampo. Oppure si rivelerebbe, citando Longanesi, un buono a nulla, ma capace di tutto.
Se c’è una cosa che il settennetato e spicci di Napolitano ha reso palese, o ancor più palese, è che il Presidente in momenti di crisi istituzionale diventa il perno su cui si regge tutta la baracca chiamata Repubblica Italiana. E per svolgere questo ruolo ci vuole la pelle dura. Insomma, serve un professionista, che sappia cos’è la politica politicante, non un principiante allo sbaraglio. La speranza quindi è che la nostra politica tiri fuori dal cilindro, se non il meglio, il medio di sé. Non una prospettiva eccitante visto il contesto, ma è l’unica soluzione possibile. E, al di là del contesto, sarebbe anche la più corretta.