IL PERIODO È CRUCIALE
Si celebra oggi, venerdì 11 Dicembre, la diciassettesima Giornata Internazionale della Montagna sancita dall’ONU. L’occasione si presta per riflettere sul tema delle chiusure degli impianti da sci voluta in Italia ed altri stati europei per contrastare la diffusione del Covid 19 e la necessità di rimodulare l’offerta turistica guardando ai cambiamenti epocali in atto.
L’onda emotiva dell’alto numero di deceduti in Italia a causa del Coronavirus e le dichiarazioni di alcuni medici hanno esasperato nel dibattito pubblico la moralizzazione di quali azioni non dovrebbero essere permesse durante il periodo natalizio.
Credo che Selvaggia Lucarelli e Andrea Scanzi occupandosi di fare informazione e degli impatti che le scelte della politica hanno su tutti i cittadini, avrebbero potuto sfruttare diversamente il proprio ruolo. Sarebbe stato utile accentuare l’attenzione sulle regolamentazioni necessarie per evitare il ripetersi di potenziali pericolosi assembramenti anziché esprimersi in modo perentorio.
Si parta da una considerazione assai banale ma dal significato non sottovalutabile, cioè che il turismo tra Natale ed Epifania rappresenta per le località montane quello che la settimana di Ferragosto rappresenta per le località balneari, ma all’interno di un’offerta impossibile da destagionalizzare e in un contesto ben diverso dal paragone avanzato con i casi di contagi nelle discoteche.
Prima di procedere con l’approfondimento della riflessione ritengo imprescindibile porre subito l’attenzione su due evidenze:
1. La monocultura dello sci alpino è necessariamente da superare in previsione degli effetti del surriscaldamento globale con una programmazione condivisa tra operatori del settore funiviario, responsabili della promozione turistica locale, sindaci, associazioni per la tutela dell’ambiente e rappresentanti politici. Sono già stati raggiunti limiti non ulteriormente oltrepassabili di sfruttamento delle risorse, tra cui spiccano l’innevamento programmato e la manipolazione del paesaggio attraverso nuovi tagli di foreste, costruzione di collegamenti tra comprensori e nuovi impianti, bacini di accumulo di acqua e relative condotte per la produzione della neve artificiale, a cui si aggiunge la complicatissima (e solitamente poco proficua) gestione delle piste da sci che ha portato molte stazioni a scomparire.
2. Lo sci ha un ruolo di volano da cui oggi può prescindere l’economia locale solo in rare e celebrate situazioni. Viene praticato da poco più 2 milioni di persone sul territorio italiano, generando quasi 500 milioni di passaggi complessivi sulle piste e un indotto economico diretto (skypass, noleggio attrezzature, lezioni) di 4,5 miliardi di euro sugli 11 più largamente intesi comprendendo attività correlate (bar, ristoranti, alberghi, negozi) e capace di sostenere un’occupazione diretta di circa 120mila impiegati su 400mila, estesi ad altre attività correlate, in territori in cui complessivamente vivono circa 1,2 milioni di abitanti.
LE CONSEGUENZE DEL DPCM PER LA MONTAGNA
Il DPCM del 3 Dicembre ha stabilito la riapertura degli impianti a partire dal 7 Gennaio, con perdite di fatturato all’intero indotto del settore dello sci alpino che potrebbero arrivare al 70%. Non appare difficile comprendere quanto questo influirà pesantemente, anche con gravi ripercussioni per il futuro, sul disagio e le condizioni di vita di una fetta di popolazione che vive in montagna. La quantità di persone coinvolte non può essere assolutamente sottomessa alla retorica delle frasi sui turisti che devono rinunciare ad un effimero divertimento, poiché siamo di fronte ad intere aree italiane che fanno del turismo invernale, fruibile solo in questo periodo, la propria fonte primaria di reddito.
Respingere le offese che appassionati e portatori di interessi hanno rivolto a Selvaggia Lucarelli per l’opinione che ha espresso è doveroso.
Un paragone con l’estero però può essere d’aiuto per comprende quanto sia distante la percezione dei cittadini sul ruolo dello sci nell’economia dei territori montani: Svizzera ed Austria, stati interamente alpini, a meno di drammatici stravolgimenti permetteranno la pratica dello sci durante le vacanze di Natale.
La consapevolezza di dover contrastare le conseguenze del DPCM ha alimentato la crescita del progetto “Per Noi La Montagna È Vita” che sta riunendo la richiesta di una grande quantità di persone di non ridurre tutto ad una banale dicotomia tra impianti aperti o chiusi. Si dovrebbe piuttosto concentrare l’attenzione sulla redazione di regole da far rispettare con vigore, per limitare i danni inevitabilmente procurati dalle già pesanti restrizioni.
LE ALTERNATIVE
Per fortuna in questa diatriba non sono mancate le riflessioni di chi ha visto nello stop momentaneo agli impianti la possibilità di far crescere le forme alternative di sport e turismo in montagna, sia tra gli amministratori locali, come nel caso del neo Presidente di Uncem Piemonte, Roberto Colombero, che tra gli sportivi, come l’alpinista di fama internazionale Reinhold Messner.
Non sono mancati nemmeno i contributi degli scrittori, tra cui Matteo Righetto ed il vincitore del Premio Strega Paolo Cognetti, dei giornalisti, tra cui Max Cassani su “La Stampa” e dei partiti politici, tra cui il gruppo +EuropAlpi.
In attesa che le regioni riportino gli indici dell’epidemia all’interno dei parametri necessari a passare in zona gialla, gli operatori turistici hanno il dovere di sfruttare questo tempo per rimodulare la propria offerta e rendersi capaci di attrarre nuovi appassionati delle attività invernali.
Non c’è più tempo per procrastinare la decisione di investire maggiori risorse ed energie in forme alternative di turismo esperienzale, capillare, lento e green. Queste sono precise richieste di un mercato che sta crescendo, quantificato oggi per il periodo invernale in 1,7 milioni di praticanti in Italia, alimentato da nuove generazioni di cittadini sensibili ad un rapporto più autentico con la natura non solo in estate. Le ciaspolate, lo scialpinismo, le discese in slitta, lo sci di fondo, l’escursionismo invernale e molte altre attività potranno andare a sostituire la deleteria monocultura dello sci alpino nel prossimo futuro, più velocemente di quanto si possa immaginare.
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