“Alexis Magno”, “Tsipras il trionfo”, “Schiaffo al rigore” ,”Tsipras stravince e scuote l’Europa”…questi sono i titoli dei giornali che nei giorni scorsi scorronevano durante la rassegna stampa di Sky tg 24.
Incredibile e disgustoso come tutti oggi gioiscano dell’elezione di Tsipras. Tutti quelli che 10 anni fa mi dicevano che Berlusconi vendeva favole adesso gioiscono perché chi oggi vende favole e vince porta il loro colore, il rosso. Tutti quelli che fino a ieri al rosso erano allergici e gli anti-casta gioiscono perché chi oggi vince sostiene le loro stesse strampalate idee sulla sovranità monetaria; in più hanno trovato conferma che quella strada può essere un’ottima leva per attirare voti facili e devono dire che andrà tutto bene. I rimanenti gioiscono perché se la Grecia riuscirà in qualche modo a ottenere qualche sconto allora avremo il diritto anche noi di chiederlo e poter avere la possibilità di far crescere ulteriormente il debito pubblico è sempre una buona leva per il consenso elettorale.
Quella stampa che ci ha fatto odiare per anni tra fratelli oggi canta all’unisono e già questa la dice lunga, le voci critiche si possono trovare solo nei blog che da mesi avevano previsto le corse agli sportelli già in parte avvenute e in qualche articolo scritto in inglese a cui si riesce ad accedere solo se si hanno i contatti giusti su Facebook.
Oggi gioiscono ma ci sarebbe da avere paura. Prima di tutto per il destino di migliaia di persone cavie di un esperimento politico abbagliate da miraggi e da falsi profeti. Secondo per il rispetto di una nazione che ci ha dato le radici, la filosofia, la democrazia e paradossalmente sta crollando sul principale limite di questa, il populismo. Terzo per la nostra politica che, con la complicità della stampa, ne sta seguendo la scia e noi il destino. Ma soprattutto perché ogni passo indietro rispetto a quei patti di buonsenso (che guarda caso la stampa chiama austerità e rigore) senza opportuni contro vincoli risulterà in un lascia passare al perpetuare del clientelismo, della corruzione e dello sperpero; un’ipoteca sul nostro futuro e sulla nostra generazione.