La seconda parte di questa serie dedicata alla Siria analizzerà gli eventi che vanno dall’autunno del 2013 fino a settembre 2015 quando incombe la minaccia dello Stato Islamico. Ho concluso la prima parte della serie raccontando gli eventi che hanno portato alla nascita della dittatura e alla guerra civile, per poi concludere con l’attacco chimico di Ghouta che potenzialmente rappresenta un punto di non ritorno.
Nell’agosto 2012 infatti l’allora presidente americano Barack Obama aveva definito l’uso di armi chimiche da parte del regime siriano come una “linea rossa non valicabile”, preparando un intervento militare contro il regime siriano. Allo stesso tempo, per la prima volta la Russia si muove per sostenere Assad con Vladimir Putin che fa partire dalla base militare di Tartus la sua flotta e la posiziona di fronte alle coste siriane. Temendo una situazione che porti a uno scontro diretto tra le due superpotenze nucleari, alla fine di settembre del 2013 viene adottata dall’ONU la risoluzione 2118. La risoluzione prevede che il regime di Damasco entri nel trattato di non proliferazione delle armi chimiche, consentendo agli ispettori delle nazioni unite un accesso diretto al suo arsenale.
Il 2014 si apre con il definitivo fallimento di qualsiasi risoluzione diplomatica della crisi siriana. Il nulla di fatto dopo la conferenza di Ginevra (detta Ginevra 2, data la precedente conferenza del 2012 anch’essa tenutasi nella città elvetica) costringe il delegato dell’ONU per la Siria, l’algerino Lakhdar Brahimi, a doversi scusare con “il popolo siriano” per non essere riuscito a portare a termine il suo compito. Per quel che riguarda la situazione sul campo, si assiste a una nuova frammentazione tra i gruppi estremisti, che favorirà la nascita dello Stato Islamico. Approfittando delle divisioni tra i gruppi islamisti, l’esercito siriano riesce a riconquistare alcune importanti località nei pressi di Homs come la fortezza medioevale del Krak dei Cavalieri. Nel giugno 2014 vengono convocate le elezioni da svolgere seguendo i dettami della costituzione siriana del 2012. Tali votazioni vengono boicottate dalle opposizioni che le definiscono una farsa.
Nel frattempo è sempre più forte l’ISIL ovvero lo Stato Islamico del Levante che ha nel suo leader Abu Bakr al Baghdadi la figura di riferimento. L’idea è quella di unire il suo gruppo con quello del Fronte Al-Nusra, idea a cui si oppongono i capi della costola siriana di Al-Qaida: scoppia così una guerra interna tra i due gruppi che vede vincitore quello guidato da al Baghdadi. Si giunge quindi alla nascita dell’ISIS (Islamic State Iraq and Syria) che conquista in breve tempo le province a Nord di Deir El-Zor e proclama Raqqa come nuova capitale, diventando un vero e proprio stato, ovviamente non riconosciuto da nessuno.
Le conquiste dell’ISIS in Siria si estendono fino a Palmira antica città romana. Nel frattempo, l’ISIS avanza anche in Iraq, dove gli uomini in nero di Al Baghdadi arrivano a conquistare la città irachena di Mosul, in cui nel luglio 2014 viene proclamata ufficialmente la nascita di un nuovo califfato. Gli uomini di Al Baghdadi si distinguono subito per la brutalità con cui eliminano gli oppositori, le minoranze religiose, e per il grande numero di attentati che compiranno in Europa. A seguito degli omicidi degli statunitensi James Foley e Steven Sotoloff la presidenza USA decide di passare in maniera più decisa all’azione creando una coalizione militare internazionale contro lo Stato Islamico: alla coalizione partecipano gli Stati Uniti, la Francia, il Bahrein, la Giordania, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, più altri paesi del mondo arabo seppur con coinvolgimenti differenti. Nell’estate del 2014 inizia la battaglia contro lo Stato Islamico.
Nella prima fase del suo intervento la coalizione internazionale inizia gli attacchi contro le postazioni ISIS in Iraq mentre per attendere l’azione più decisa in Siria occorre aspettare il 10 settembre: fino a quel momento le azioni dello stato islamico si erano concentrate nel Nord della Siria a danno dei gruppi curdi. Una coalizione a guida curda con il sostegno occidentale inizia una lunga battaglia che vede protagonista la cittadina di Kobanê liberata nel febbraio 2015. Anche nel vicino Iraq le forze armate irachene seppur con qualche difficoltà riescono a liberare Mosul e il territorio che lo Stato Islamico aveva occupato nell’estate del 2014.
La grande avanzata curda è decisiva per fare perdere terreno allo Stato Islamico costringendolo al ritiro da alcune zone del Nord del paese, in particolare nelle zone di Raqqa e Deir El-Zor. Nel settembre del 2015 nascono le Forze Democratiche Siriane (FDS) note anche come Siryan Democratic Force (SDF), una forza militare che comprende le milizie curde dello YPG e YPJ più alcuni fuoriusciti dall’Esercito Siriano Libero e gli assiri. Queste forze militari sono sostenute dagli Stati Uniti e dalla Francia e hanno avuto un ruolo importante nella resistenza agli islamisti.
Questi momenti sono i più difficili per il regime di Assad che vede le sue forze controllare solo il 30% del territorio siriano. Tuttavia quando la situazione sembra volgere al peggio per il rais di Damasco arriva in suo soccorso chi gli permetterà di rimescolare nuovamente le carte in tavola: la Russia del potente alleato Putin.
Continua nelle parte 3
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