A seguito dei fatti “Mani pulite” l’intero sistema politico della cosiddetta prima Repubblica iniziò a sgretolarsi. Il vuoto generatosi venne prontamente colmato dalla neonata Forza Italia, partito che per certi controversi motivi ha contribuito a causare la frattura economica e sociale in cui oggi ci troviamo, assieme all’Ulivo. Frattura in cui si sono ferocemente insinuati i più beceri populismi.
Uno strascico ulteriore che l’impietosa fine della prima Repubblica ha lasciato, è quello, meno visibile, del crescente ribrezzo di buona parte dell’opinione pubblica verso il compromesso politico, giudicato sempre più alla stregua di una malerba, alla cui ombra proliferano corruzione e ruberie. Come un bambino che avidamente per giorni si rimpinza del suo piatto preferito, così il popolo italiano si è visto propinare, per quasi cinquant’anni, improbabili apparentamenti – ci pare, va confessato, di aver usato una qual certo garbo nel descrivere tale comportamento – che hanno infine provocato il senso di nausea nei confronti di un sistema di vergognosi compromessi e commistioni. Ecco spiegato in parte il perché, nel ventennio della seconda Repubblica, si è assistito al trionfo del carisma come misura di merito e contemporaneamente alla sconfitta, va riconosciuto, della politica dei contenuti e di chi l’aveva proposta; per non far un torto alla verità, unico fine di queste umili righe, va detto che la situazione potrebbe essere comunque un po’ più complessa di quella descritta così semplicisticamente.
Ad ogni buon modo, dal secondo governo di De Gasperi sino a giungere all’attuale, la nostra Repubblica ha visto sempre nascere governi di coalizione. L’instabilità politica oggettiva, che ha da sempre pervaso ogni governo della prima Repubblica, è stata il naturale prezzo – previsto, per certi versi, e da sempre riportato da personalità illustri come Indro Montanelli – pagato a beneficio della democrazia così intesa dai nostri Padri Costituenti. Con l’inizio del ventennio forzista, a partire dal 1994, si è mutato il modo di intendere la politica e quindi il governo, facendo mano a mano leva sulla necessità di una svolta verso un sistema
presidenziale, che a detta di chi lo sostiene sarebbe la svolta necessaria per risolvere buona parte dei problemi di questa giovane Repubblica.
La sfiducia sempre più alta, e giustificata, nell’attuale classe politica, ha contribuito all’affermazione degli attuali populismi, che basano la loro propaganda sull’onestà del non fare, sulla virtù del più puro o peggio ancora sull’esalazione dello stato di polizia.
Queste forze anti-sistema, nate – o travestitesi in tal modo per fuggire da un inglorioso passato di personalismi e corruttele – e favorite dai partiti di più lungo corso, grazie a numerosi scandali che hanno coinvolto questi ultimi in merito a tangenti, favoritismi personali e sprechi di danaro Pubblico fanno leva sugli istinti dilaganti di giustizialismo sociale, disseminato tra le masse iraconde che formano la loro base elettorale. In aggiunta, la continua ricerca dello scontro – verbale – che, privo di contenuti, si rifugia nei luoghi comuni, ha aiutato non poco i populismi nel raggiungere gli apici del consenso.
Gli unici responsabili dell’attuale quadro politico sono i partiti di governo, incapaci di stanare il tarlo della corruzione: proprio la loro inadeguatezza ingrossa ancor di più le fila dei partiti anti-sistema.
Tutto resta quindi nelle mani della politica. Quando questa esorcizzerà i suoi più grandi mali, insiti nel potere, combattendoli in primo luogo con vere assunzioni di responsabilità per i fatti compiuti ed in secondo luogo con autentica trasparenza, i leader populisti scompariranno, ripercorrendo una strada già vista da altri Uomini Qualunque.