Mai nella storia italiana si era assistito ad un simile crollo: nel corso di un anno dall’8,3% del 2013 all’1% attuale (ad essere generosi).
È ciò che è accaduto a Scelta Civica, che oggi si trova a discutere animatamente sull’opportunità di svolgere il primo congresso della sua breve storia politica.
Il sottosegretario all’economia Enrico Zanetti, peraltro uno dei migliori parlamentari italiani in questa legislatura, crede in questo progetto, nella necessità cioè di un partito di centro alternativo alla destra e alla sinistra, e si candida a diventarne segretario (mentre Irene Tinagli si è ritirata dalla competizione).
Altri parlamentari di peso come Ichino, Lanzillotta, Della Vedova, Giannini sono invece tutti a vario modo contrari a celebrare un congresso, perché potrebbe preludere, secondo loro, alla “definitiva disgregazione” del partito.
In realtà Scelta Civica langue da quando Monti abbandonò il partito al suo destino, allontanandosi dalla vita politica attiva (pur rimanendo senatore a vita), in conseguenza di un risultato elettorale molto deludente e di una gestione disastrosa della propria carriera politica.
Fondando un partito, Monti venne meno alle rassicurazioni fatte in questo senso a Napolitano nel momento in cui accettò l’incarico di governo; ma soprattutto si precluse ogni possibilità di diventare “riserva della Repubblica” (ministro dell’economia in un ipotetico governo Bersani o presidente della Repubblica).
Da lì in poi si sono susseguiti una serie infinita di abbandoni e scissioni (Romano, Mauro ecc), recriminazioni fra alleati (Casini e Monti), fino alla decisione di contribuire ad affossare il governo Letta contrattando in cambio incarichi di governo nel nuovo Esecutivo guidato da Renzi.
Rilanciare il progetto appare allo stato attuale impossibile.
Scelta Civica non ha mai saputo elaborare una propria identità politica riconoscibile.
Il partito ,infatti, sconta un eccessivo appiattimento rispetto al pd centrista di Renzi, che dalle europee in poi ha svuotato lo spazio politico al centro, né riesce a distinguersi per iniziative proprie – visibili – all’ interno del governo.
Emblematici in questo senso la decisione di Renzi di accantonare, almeno per ora, la riforma dell’istruzione – denominata un po’ enfaticamente “la buona scuola” – ideata dal ministro di scelta Civica Stefania Giannini e il fatto che Scelta Civica non sia riuscita a impedire l’inasprimento fiscale introdotto per le Partita Iva con la legge di stabilità (pur essendo proprio Zanetti da sempre sensibile al tema).
Riccardo Puglisi, economista ed ex candidato del partito nel 2013 (oggi vicino a Passera), all’indomani delle elezioni, sulle colonne del Corriere della Sera, paragonò Scelta Civica al Partito d’Azione.
In effetti il raffronto è calzante: nonostante avesse largamente contribuito alla resistenza, l’azionismo era debole nella società italiana e cessò di esistere dopo pochi anni: alcuni suoi esponenti confluirono nel partito socialista, altri in quello repubblicano.
Scelta Civica è un partito senza consenso, irrilevante al governo, diviso tra chi vagheggia di confluire nel pd (come Della Vedova), magari coltivando l’illusione che Renzi sia un liberale, e chi vuole proseguire un esperimento politico completamente fallito (Zanetti appunto).
Tra le novità nell’offerta politica, c’è Corrado Passera, che ambisce a rappresentare la destra liberale.
Anche il suo partito, Italia Unica, che pure presenta aspetti interessanti e inediti, è un tentativo velleitario perché non sembra in grado di costruire un consenso di massa.
In un paese in cui si vaneggia di austerity e liberismo salvo praticare il collettivismo più becero, la presenza di un partito di dimensioni non esigue che rappresenti principi e istanze liberali rimane dirimente.