Rutte, primo ministro olandese, è stato il grande protagonista della prima giornata di negoziazioni del Consiglio Europeo sul Recovery Fund, ribattezzato Next Generation EU dalla Commissione.
La sua inflessibilità sulla presenza di condizioni all’erogazione di sussidi a fondo perduto l’ha convertito nel cattivo di turno, austero Nord europeo che rifiuta di aiutare i paesi del Sud in difficoltà. Lui stesso ha ribadito più volte di non essere contro agli aiuti, ma di voler essere certo che, in caso di una nuova crisi futura, i paesi oggi in difficoltà possano affrontarla senza bisogno di un nuovo soccorso del Nord. Praticamente le stesse cose che si dicevano nel post-crisi 2008.
Fermamente in disaccordo con la posizione di Rutte è il premier italiano Conte, che nei giorni scorsi ha aperto alla possibilità di ricevere meno fondi, ma che ribadisce la suaqsua contrarietà a qualsiasi condizione. Insomma: “Dateci i soldi, ma non permettetevi di chiederci come li spendiamo“.
Più morbida di quella italiana è la posizione spagnola. Il primo ministro spagnolo Sanchez non ha mai espressamente chiuso all’imposizione di condizioni, ma ha ribadito che l’ammontare degli aiuti non dev’essere inferiore ai 750 miliardi (tra sussidi e prestiti) previsti dalla proposta della Commissione.
Perché Rutte ha ragione
L’imposizione di condizioni da parte di Rutte non solo è assolutamente comprensibile, ma è anche auspicabile. Negli ultimi 20 anni, tolta la breve parentesi del governo Monti, l’Italia ha dimostrato di non essere in grado di spendere con coscienza i fondi a sua disposizione. L’aumento del debito pubblico sotto i governi Berlusconi, l’assenza di riforme a favore dei giovani, gli 80 euro di Renzi, l’aumento della spesa pensionistica con Quota 100 (13,9 miliardi dal 2019 al 2021), il Reddito di Cittadinanza (circa 5 miliardi annui, prima della crisi), i 3000 Navigators, gli investimenti folli in Alitalia (il più recente è stato di 3 miliardi), la nazionalizzazione di Autostrade (le prime stime dicono che potrebbe costarci fino a 10 miliardi).
Dare soldi ad una classe politica che negli ultimi 20 anni ha aumentato il debito, la spesa pensionistica fino a farla diventare la seconda dell’Unione Europea in rapporto al PIL, che non riesce nemmeno a spendere la totalità dei fondi europei, che non combatte seriamente l’evasione fiscale, non sembra una grande idea. Anzi, non lo è.
Al contrario l’Olanda ha sempre tenuto sotto controllo il suo debito pubblico (inferiore al 50%), ha concluso gli ultimi 3 anni con un bilancio positivo, spende il 5,4% in spesa pensionistica (!!!), investe più dell’Italia in scuola, ricerca, giovani. In definitiva, è un paese virtuoso.
E cosa pretende Rutte dall’Italia? Soprattutto che riformi il suo sistema pensionistico, il quale non solo è insostenibile, ma è soprattutto un furto nei confronti delle nuove generazioni.
Dove Rutte ha torto
Se nel merito delle sue richieste il premier olandese ha certamente ragione, è nei modi e nei mezzi che sbaglia. Come lui stesso non accetta che venga messa in discussione la fiscalità olandese (ci torneremo in seguito), l’Italia non può accettare che sia un altro stato a dirle cosa fare.
La negoziazione in corso deve riguardare anche le condizioni a cui ogni stato membro deve sottostare: una volta accordate non si può immaginare che per ogni singola spesa possa esserci il veto di un singolo paese, dev’essere invece la Commissione a vegliare sugli accordi presi. Su questo Rutte non sembra concordare, ma pare abbia apprezzato la proposta di Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo, di introdurre un sistema di “freno” delle erogazione dei fondi nel caso in cui non vengano rispettati gli impegni presi.
L’Olanda ed i “soldi sottratti all’Italia”
Una delle maggiori rivendicazioni dell’Italia (ma l’argomento è molto in voga anche in Spagna), è quello che riguarda il dumping fiscale olandese. L’Olanda sottrae circa 1,5 miliardi all’Italia, 1 alla Spagna. La metà dell’ultimo salvataggio di Alitalia. Ecco, diciamo che l’argomento è deboluccio. Ciò detto, ogni volta che l’Italia o altri (la stessa Commissione ne ha parlato) toccano l’argomento, l’Olanda e gli altri paesi che fanno dumping fiscale si irrigidiscono e concludono affermando che non accettano critiche su questo punto.
I primi a pretendere condizioni di spesa dovrebbero essere gli italiani
Riassumendo, Rutte ed i paesi suoi alleati (Austria, Finlandia, Danimarca) hanno ragione a non fidarsi dell’Italia. Purtroppo per gli europeisti la loro è solo sfiducia verso il nostro paese, non una reale volontà di andare verso un’Unione Europea più federale.
Detto ciò, le ragioni per le quali a media e politici italiani non sta simpatico Rutte non è la mancata volontà di rendere più autonoma l’Unione Europea (e quindi veloce nelle sue decisioni), ma il suo negarsi a sussidiare il nostro paese senza pretendere condizioni.
Un paese serio, informato, che guarda al futuro, avrebbe dovuto avere le stesse pretese del premier olandese verso la propria classe politica: che i soldi derivanti delle tasse vengano spesi con logica. Che ogni nuovo nato non abbia 37 mila Euro di debito pubblico sulle spalle. Che la spesa per ricerca ed istruzione sia maggiore di quella per mantenere carrozzoni pubblici buoni solo a piazzare amici trombati. Che chi paga puntualmente le tasse se le veda ridotte, mentre chi le evade programmaticamente venga punito.
Che l’Italia assomigli più all’Olanda e sempre meno all’Argentina, e non il contrario.
3 comments
L’articolo è perfetto. Per giunta si è creata nel ns. Paese una opinione pubblica sempre più ostile all’Europa, falsamente patriottica, non solo alimentata dalle destre ora decisamente nazionaliste e sovraniste, e dai 5S, sempre populisti e nati come antieuropei, ma con la debolezza degli altri, PD in primis.
Abbiamo un aumento del debito che a fine anno sarà a livelli intollerabili, una tendenza demagogica a voler aumentare la spesa corrente prima e dopo la pandemia, come la storia insegna, e la ferma volontà oramai palese di non fare le riforme atte a rilanciare il Paese. In sostanza, un progetto di sviluppo.
Perché allora dovrebbero prestarci i soldi o darci dei contributi a fondo perduto se non siamo credibili? Vi è troppa ignoranza sull’Europa e i meccanismi che la regolano, e più in generale in materia di economia. Ma venendo ad una dimensione quotidiana alla portata del c.d. uomo della strada: chi concederebbe prestiti o contributi p.es. ad un’azienda che ha ricavi fermi da 25 anni, non ha una dinamica di sviluppo, ha debiti maggiori al fatturato annuo, e anziché avere un piano di risanamento dà l’impressione solo di violer aumentare la spesa inutilmente?
Grazie del commento, Aldo.
In Italia abbiamo già affrontato questa situazione di disparità tra 2 parti del paese, nord e sud. Purtroppo invece del Rutte di turno, che ha tenuto la barra dritta su responsabilità finanziaria e riforme, c’era la Lega che ha svenduto i suoi ideali in cambio di poltrone ed il governo delle regioni del nord.
Ha mantenuto per anni il suo elettorato con discorsi a sfondo razzista verso il sud, ma non fiatando sulla mancanza di riforme e comportamenti responsabili delle regioni a cui era richiesto un cambio di passo.
Oggi quella mentalità appartiene all’Italia tutta.
[…] Avevamo parlato delle richieste del leader dei paesi frugali la settimana scorsa, dicendo che Mark Rutte, premier olandese, avesse ragione a pretendere condizioni nell’erogazione dei fondi. E la politica italiana ci ha messo ore, nemmeno giorni, a darci ragione. […]