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Diritti civiliSpeaker's Corner

Alcuni ripudiano la guerra, ma vivono bene grazie a guerre passate

“Ogni guerra è sbagliata”. Questa posizione imperversa le discussioni social da più o meno un mese e mezzo. In questo articolo cerco di spiegare come, molte volte nella storia, i conflitti sono stati risolutori di grandi conquiste di diritti, di libertà e di nuovi inizi, i quali, senza la presa delle armi e la morte di eroi, non sarebbero mai stati possibili.

Dal principio, da quando l’homo sapiens sapiens è diventata la specie dominante sulla terra, sono esistiti conflitti. Da sempre l’uomo, per ragioni che variano dal bisogno di determinate terre per soddisfare bisogni elementari, al volere ottenere delle libertà e dei diritti maggiori, combatte senza sosta, brandendo qualsiasi tipo di arma.

Guerre di conquista, guerre d’indipendenza, guerre di religione, commerciali, economiche, sociali, la casistica è più che mai variegata. Senza di queste noi cittadini del 2022 avremmo avuto la stessa coscienza storica, antropologica, per affrontare l’incessante divenire del mondo che ci circonda? Ecco, io credo proprio di no.

Il globo terrestre che vedete oggi, con le sue bellezze e naturalmente, le sue imperfezioni, è frutto di morte, di distruzione, di genocidi, di sangue. Libertà che noi abbiamo come quelle di movimento, di stampa, di dibattito, di voto, sono marchiate con il sangue di chi precedentemente ha dato la propria vita per il futuro delle generazioni, per coloro che, guardando indietro nel tempo, sapranno ringraziare infinitamente gli eroi raffigurati in statue sparse per tutte le piazze del mondo.

Senza guerre, adesso non avremmo potuto neanche viaggiare nel tempo con la storia, forse perché proibito, forse perché alterato, forse perché sbagliato. Insomma, quello che voglio cercare di spiegare in questa lunga e tediante riflessione è il seguente concetto: come si può essere contro “tutte le guerre”, nel 2022, dopo che noi non siamo altro che il frutto di tutte le guerre che hanno portato ad un Occidente libero, democratico, che rimane il faro da cui gli altri stati del modo cercano di trarre ispirazione, per essere altrettanto migliori? Proverò a spiegarlo, ma sarà lunga e dura.

L’Italia ripudia la guerra. Ma in che senso?

Mi ha fatto sorridere, e arrabbiare allo stesso tempo, una vignetta più che mai schierata dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) comparsa su Facebook, nella loro pagina ufficiale, in data 10 Aprile.

In questo lavoro artistico e concettualmente assai discutibile, viene messa al centro la scritta “L’Italia ripudia la guerra“. Ma l’Italia ripudia tutte le azioni belliche? La realtà, molte volte, è un filino più complessa dei lavori che si fanno in quinta elementare. Leggendo la nostra Costituzione e prendendo in esame l’articolo 11, quello inerente appunto, ai conflitti, si legge a caratteri assai comprensibili che la nostra nazione ripudi la guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione alle controversie internazionali”. Ordunque, in un conflitto ove una nazione abbia invaso un’altra, limitandone dunque la sovranità e la libertà, il Bel paese prende una posizione netta a favore dell’aggredito, non si limita a denunciare l’accaduto.

Ricordo sempre che i partigiani italiani, patrioti dello stato moderno, non sono un esempio di lotta non armata (come lo sono stati Gandhi e Martin Luther King, poi Nelson Mandela), bensì di coraggiosa, lodevole e ammirevole rivolta all’invasore, ed è bene più che mai ricordarlo. Inoltre la lotta senza armi, che portò alla formazione dello stato indiano e in differenti tempi a maggiori diritti per la popolazione afroamericana degli Stati Uniti, la lotta all’apartheid sudafricana, ha fatto innumerevoli morti tra i civili impegnati in una vera e propria guerra ideologica, una guerra di ideali di libertà. Vorrei quindi ricordare che, pur essendo una maestosa iniziativa di civiltà, di progresso, di umanità, la lotta non armata rimane un caso eccezionale in quanto diverse componenti in gioco agiscono a favore dell’azione non bellica, bensì di grande protesta e iniziativa sociale.

Sì, ci sono guerre giuste e guerre sbagliate

Pensando alla storia più recente si possono certamente, con un occhio critico puntuale e contemporaneo, classificare le azioni belliche in base al principio motore entro il quale sono nate.

Possiamo dire nel 2022, che la guerra in Vietnam avviata dagli USA negli anni 70-80 fosse una guerra di fatto “sbagliata”, perché mirava ad una zona geografica che poco andava d’accordo con i principi statunitensi. Al conflitto vietnamita possiamo allegare il conflitto delle “Fakland, un conflitto voluto espressamente dal governo argentino per mascherare la profonda crisi economica e sociale, che il paese viveva da molto tempo, mentre soccombeva alla tirannia militare di Buenos Aires. Ma se da un lato le premesse erano state sbagliate, i fini strategici potevano risultare addirittura favorevoli.

Quindi con che lente bisogna guardare i conflitti? Semplice, ce n’è una diversa per ogni guerra, ma bisogna andarla a cercare. Ovviamente dal punto di vista umano saranno sempre sbagliate, ma questo, seppur importante come punto di vista, potrebbe risultare addirittura come marginale in alcuni discorsi. Quante persone sono morte durante la rivoluzione francese? Quante sono morte dopo le guerre d’indipendenza italiane? Molte. Ma a cosa hanno portato? Alla nostra civiltà, così come la conosciamo. Dunque la guerra, purtroppo, rientrerà sempre in quel bagaglio di costumi, di tradizioni e di storia che l’uomo moderno dovrà avere per proseguire il divenire storico, per avere coscienza del passato, del presente e del futuro.

La guerra non va ripudiata a priori, va rispettata e molte volte, onorata. Se penso a delle guerre giuste mi viene in mente la decolonizzazione del continente africano. Lì, una volta compresi e interiorizzati tutti gli strumenti che subordinavano totalmente l’Africa all’Occidente, il senso di appartenere a qualcosa di moderno e al tempo stesso tradizionale, diverso dal mondo occidentale, ha portato a lotte sanguinarie, che adesso permettono a popoli meravigliosi, che vanno dal Maghreb a Cape Town, di confrontarsi in maniera indipendente con le sfide del ventunesimo secolo.

Ma sempre nel luogo di origine della specie umana troviamo esempi di azioni belliche errate, come il genocidio ruandese del 1994, dove dietro a inventate correlazioni etniche, si è perpetrato un crimine contro l’umanità da parte del governo centrale. Conflitti sbagliati e conflitti giusti e da ricordare ci sono e ci saranno, ma in tutti i casi bisognerà portarsi sempre la lente migliore per leggerli, per capirli fino in fondo, senza nessuno slogan da 4 soldi e tanti like.

La guerra in Ucraina va ripudiata?

Con che lente leggere il conflitto ucraino? Una potenza straniera, la Russia, ha invaso uno stato sovrano legittimamente riconosciuto come tale da tutto il mondo, ovvero l’Ucraina. Secondo quanto scritto finora questa della Russia sarebbe dunque una guerra sbagliata, perché starebbe andando a ledere la libertà di un vicino senza che esso abbia violato a sua volta la sovranità russa.

Come giudicare la difesa ucraina? Rispettandola e rispondendo alle richieste del popolo invaso, cercando contemporaneamente, con ogni mezzo possibile, la via della pace. Ma questo passa da un’azione concettuale molto importante.

Non serve ripudiare tutte le guerre del mondo per tirarsi fuori dalle responsabilità di un cittadino di una comunità ormai globale, serve invece avere a disposizione mezzi informativi diversi dalla propaganda di regime che possano fornire tutti i filtri adatti e consoni per bollare questo conflitto come diverso da altri e dunque stabilire cosa sia giusto e cosa no. Il resto è un retaggio ideologico che mal si concerne a questa nuova democrazia. L’appartenenza ad una ideologia di pace non deve però discernere da un attento studio dei conflitti, altrimenti si rischia solo di fare un grande assist a porta vuota al nemico della libertà: l’ignoranza.

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1 comment

Dario+Greggio 12/04/2022 at 20:51

sì.

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