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Qatar 2022 – Il mondiale della discordia

Domenica 20 novembre partirà il mondiale Qatar 2022, mondiale a cui l’Italia non parteciperà (sarà la seconda edizione consecutiva saltata) per aver perso nello spareggio giocato a marzo contro la Macedonia del Nord. Se da un punto strettamente sportivo saranno tante le squadre che andranno a giocarsi la vittoria finale esistono altri aspetti sicuramente più controversi legati a questa edizione della Coppa del mondo, la prima che si disputerà in inverno, la prima in un paese appartenente al mondo arabo. Una delle questioni più rilevanti è stata appunto la scelta della sede e i suoi eventi successivi a cominciare dal alto numero di operai deceduti nella costruzione degli stadi: secondo un’inchiesta del Guardian, realizzata a marzo 2021, gli operai che hanno perso la vita sono 6.500 ed essi provengono da India, Bangladesh, Sri Lanka, Nepal e Filippine. Costretti a turni massacranti e a lavorare in condizioni di schiavitù, agli operai è stato subito sequestrato il passaporto e proibita la possibilità di parlare con associazioni che si occupano di diritti umani: proprio su questo tema il piccolo paese del Golfo Persico ha parecchi problemi, fra tutti basti pensare che l’omosessualità è reato punibile con 5 anni di carcere. Proprio in questi mesi hanno fatto molto discutere le prese di posizione degli emiri che hanno più volte criticato i giornalisti che portavano l’attenzione sulla questione.

Da quando il mondiale è stato assegnato al Qatar (dicembre 2010) si sono moltiplicate le voci di un possibile boicottaggio in risposta alla difficile situazione riguardante i diritti umani, ma all’atto pratico nessuna federazione calcistica è andata fino in fondo. Germania, Danimarca, Inghilterra e Norvegia sono state a livello europeo le federazioni che hanno cercato di tenere alta l’attenzione sul tema: le tifoserie organizzate dei club tedeschi hanno più volte contestato lo scarso coraggio della rispettiva federazione. Per altri paesi si può parlare di boicottaggio a metà e soluzioni alternative: mentre l’ Inghilterra porterà una fascia da capitano che richiama l’attenzione sulle persecuzione degli omosessuali nel paese, la Danimarca ha scelto di portare una maglia nera in segno di lutto per gli operai deceduti. La federazione Norvegese, una di quelle che più spinsero per il boicottaggio, non si è qualificata per la fase finale.

Nonostante queste posizioni e le aperte critiche recentemente gli emiri hanno deciso di sfrattare gli operai che hanno preso parte alla costruzione delle grandi opere dalle loro abitazioni, nell’ottica di fare posto ai tifosi, un’ulteriore beffa all’interno di una vicenda dai contorni poco chiari.

Non trovo nulla di sbagliato nell’organizzare i mondiali in paesi dove il calcio non è lo sport più seguito, in passato abbiamo osservato esempi positivi come il mondiale del 1994, che ha dato un grande sviluppo al calcio negli Stati Uniti oppure i mondiali del 2002 che malgrado le polemiche hanno permesso al Giappone di migliorare la sua organizzazione calcistica. L’ultimo esempio è stato Sudafrica 2010, che ha consentito al mondo di osservare l’Africa sotto una luce diversa e non solo secondo la lente popolare del continente di fame, guerra, povertà e corruzione.

Vedo nella scelta della Fifa d’assegnare il mondiale ad un paese gravato dai problemi sopra elencati un errore notevole: se è vero che un evento di questa portata deve rappresentare al massimo l’inclusione occorre ricordare che certi valori fondamentali non possono essere negoziati.

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