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Parigi: “Dopo Charlie tutto è possibile”

A woman sits outside of the Carillon bar in the 10th district of Paris on November 14, 2015, following a series of attacks in and around the city, leaving at least 120 people killed. Le Petit Cambodge, adjacent to the Carillon bar, was the scene of another attack, which killed at least 12 people. The assailants struck at least six different venues, ranging from the Stade de France football stadium to a pizzeria. AFP PHOTO / KENZO TRIBOUILLARD
A woman sits outside of the Carillon bar in the 10th district of Paris on November 14, 2015, following a series of attacks in and around the city, leaving at least 120 people killed. Le Petit Cambodge, adjacent to the Carillon bar, was the scene of another attack, which killed at least 12 people. The assailants struck at least six different venues, ranging from the Stade de France football stadium to a pizzeria. AFP PHOTO / KENZO TRIBOUILLARD

13/11/2015 a Parigi sembrava una giornata come le altre, era tutto normale. Passo la solita mezz’ora di discussione col mio coinquilino per decidere cosa mangiare e poco dopo cena, verso le 21:40, un boato pazzesco attira le nostre attenzioni. Scendo dal mio appartamento nell’undicesimo arrondissement, faccio un breve giro per capire cosa fosse accaduto e vedo pompieri e ambulanze dirgersi verso Boulevard Voltaire. Pochi passi e mi trovo, ancora ignaro del tutto, su uno dei luoghi colpiti dagli attentati. Si tratta del bar Comptoir Voltaire dove un kamikaze si è fatto espoldere provacando dei feriti, ma pare, per fortuna nessuna vittima. Mi avvicino ad una persona che raccontava l’accaduto e sento «Probabilmente è dovuto ad una perdita di gas, non abbiamo visto borse esplodere. La qualità dei lavori in Francia è molto diminuita. Questa è la dittatura socialista». Un altro passante replica «E se fosse una bomba… Chi può dirlo, dopo Charlie tutto è possibile».

Dopo qualche istante, mentre le forze dell’ordine fanno sgomberare la zona, ricevo una telefonata e apprendo della sparatoria vicino Canal Sanint Martain al ristorante Le Petit Cambodge. Torno allora a casa e la conferma che speravi non fosse vera arriva puntale. Nell’ordine Stade de France, Rue de Charonne, Carillon, Restaurant Casa Nostra, Bataclan i siti che registrano un attacco terroristico senza precedenti in Francia.

I telefoni impazziscono. Da una parte parenti e amici telefonano e scrivono preoccupati, dall’altra si tenta disperatamente di contattare gli amici ancora in giro per la città. I miei compagni di corso sono rimasti bloccati per ore in un bar nel sesto arrondissement in preda alla paura e all’incredulità più totale, altri ancora allo Stade de France. Tutti hanno fatto prova di grande coraggio. Anche l’utilità di Facebook per avvisare amici e parenti è da sottolineare. Noi da casa non potevamo far altro che aiutarli informandoli degli sviluppi della situazione e cercando di dialogare con le autorità.

Paura, rabbia, angoscia, sgomento questo è il terrorismo, e l’abbiamo subito tutti. L’Is rivendica l’attentato e al momento il bilancio di questa vergognosa carneficina è impietoso: 129 il numero delle vittime e 352 quello dei feriti. La Francia è colpita nel vero cuore della quotidianità dei suoi cittadini e residenti. Un bicchiere in compagnia di amici, una cena, una partita, un concerto, tutte cose che si fanno normalmente per svago. Tutti saremmo potuti essere al posto delle vittime ed è per questo che oggi più che mai ci sentiamo in pericolo. Questa la differenza con gli attentati di Charlie Hebdo dove l’obiettivo era uno e preciso: la libertà di espressione; oggi invece, la Libertà in tutte le sue forme.

Nel frattempo Hollande dichiara «È un atto di guerra. La Francia sarà impietosa nei confronti delle barbarie» annuncia lo stato d’emergenza e la chiusura delle frontiere. Lo stato di emergenza (état d’urgence) è il massimo livello di allerta ed è individuabile nell’articolo 16 della Costituzione francese «Quando le istituzioni della République, l’indipendenza della Nation, l’integrità del suo territorio nazionale o l’esecuzione degli accordi internazionali sono minacciate in maniera grave e immediata e il funzionamento regolare dei poteri pubblici costituzionali è interrotto, le Président de la République prende le misure rese necessarie dalle circostanze» e prevede, nello specifico, la possibilità di: perquisizioni a tappeto – di giorno e di notte senza il consenso dell’autorità giudiziaria – , coprifuochi, vietare manifestazioni di ogni genere, obbligare i produttori d’armi a metterle al servizio della forza pubblica. La chiusra delle frontiere in realtà non prevede altro che il ripristino dei controlli ai confini per garantire lo svolgimento delle indagini.

Mentre qualche politico di casa nostra approfittava in maniera vergognosa strumentalizzando l’accaduto, a Parigi i pensieri non erano che per le vittime, per le famiglie delle vittime, per i feriti, per le forze dell’ordine, per i nostri amici, per noi stessi.

Il terrorismo ha colpito, ha segnato i parigini, i francesi, gli europei, il mondo intero. Tutti gli attentati ne sono la prova, specie la carneficina del Bataclan, di una disumanità agghiacciante di quelle che «cuciono il freddo addosso». Tuttavia la Francia ha una qualità che nessun atto terroristico può distruggere ed è la grandezza del suo popolo nei momenti di difficoltà. Ancora una volta la risposta è forte e decisa « Même pas peur ».

Questa forza dei cittadini deve essere senza remora alcuna coadiuvata da una presa di responsabilità da parte delle miopi istituzioni occidentali e da, come ci racconta il nostro Giuseppe Carteny, un immediato cambiamento di rotta in politica estera.

Intanto, 15/11/15 tutto pare rientrato alla normalità, la reazione dei francesi vuole essere forte. Le strade colme come mai. Vi giuro, mai visto tanta gente in giro la domenica pomeriggio a Parigi. E mentre la rabbia, l’angoscia si trasformano in determinazione, la paura è sempre in agguato e puntuale si il peggio sembra ripetersi.

18:30 circa Place de la République, Marais, Carillon tre posti diversi stesso risultato. Un rumore assimilabile ad un colpo di fuoco, la folla corre come non mai, la polizia urla “ils tirent! ils tirent putain! ils tirent encore” – sparano! sparano c…o! sparano ancora! –. Ed eccola di nuovo la paura che ghiaccia il sangue. Il mio coinquilino ed altri amici erano nei pressi del Centre Pompidou nel Marais il loro racconto è ancora da brividi: nel bel mezzo del nulla si sono ritrovati la folla addosso e non restava altro che correre, correre rifugiarsi dove possibile, bambini che piangono, gente per terra calpestata. Si sentono tre spari. Tutti in preda a questo istinto di sopravvivenza fino ad oggi sempre e solo immaginato dai racconti di guerra dei nostri nonni e dalle scene dei film.

I tre casi, per fortuna, dichiarati falso allarme. Una lampada esplosa, dei petardi sparati da imbecilli senza alcuna sensibilità e senza un minimo di cervello. Queste le ipotesi ancora per nulla chiare e in parte incoerenti coi racconti dei presenti.

Questa è la dimostrazione di come il terrorismo una volta che colpisce lascia un segno indelebile nelle persone e al minimo segnale le ferite si riaprono. Il même pas peur rischia di diventare, allo stato attuale, solo un miraggio in questo deserto arido di umanità.

In questo clima il rispetto per le vittime deve prevalere su tutto, ma doveroso è anche porsi delle domande sul livello di prevenzione. Una delle interviste che più fanno riflettere in questo senso è quella dell’ex magistrato antiterrorismo Marc Trévidic il quale, se da una parte condanna in maniera netta la politica estera dell’occidente che ha lasciato crescere questo mostro, dall’altra dichiara che ad agosto un militante Is una volta interrogato ha ammesso che uno degli obiettivi sarebbe stato un concerto rock. E interpellato sulla forza dell’Is risponde “Se tra le reclute dell’Is venisse chiesto chi è disposto a fare un attentato in Francia almeno 200 terroristi alzerebbero la mano”

La sintesi é tremenda, siamo provati, angosciati e anche se la reazione c’è, e dovrà continuare in questi termini, la paura è sempre dietro l’angolo come se nessun luogo fosse più sicuro. Oggi riaprono le università, i corsi riprendono e il presidente Hollande sarà presente alla Sorbona.

Una cosa è certa: questa paura non prevarrà sul nostro coraggio. I nostri valori di libertà, democrazia e solidarietà sono la nostra forza, non ce lo dimentichiamo mai. Soyons tous unis! Vive la République! Vive la France!

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