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Molnupiravir & Paxlovid

molnupiravir e Paxlovid

Molnupiravir & Paxlovid, sono queste le parolacce sulla bocca dei medici negli ultimi giorni. Trattasi di due farmaci da aggiungere alla già nutrita lista di terapie contro il covid. Ciò che li rende speciali è che, per la prima volta, sono antivirali somministrabili per via orale.

Ci troviamo infatti di fronte a due comunissime pillole, con attività antivirale, prodotte rispettivamente da Merck e Pfizer, che possono essere somministrate anche a domicilio. 

Le analogie tra le due molecole però si fermano qui, perché il meccanismo d’azione è infatti differente.

Molnupiravir (Merck) è tecnicamente un pro-farmaco come la quasi totalità di quelli che vengono ingeriti. È composto da una parte centrale, il principio attivo, ed una parte marginale destinata a degradarsi durante l’assorbimento, che serve da “scudo”. Molnupiravir è il precursore di un analogo nucleosidico, ovvero una molecola capace di integrarsi nell’RNA virale come un nucleoside.

Cosa significa? Covid19 si replica grazie ad un enzima denominato RdRP, RNA Polimerasi RNA Dipendente, ovvero una molecola capace di leggere un frammento di RNA virale e sintetizzarne uno nuovo identico, come una fotocopiatrice. Questo consente al virus di replicare il proprio genoma e le proteine necessarie a creare altri virioni, le singole unità del virus.

Più che ad una fotocopiatrice l’RNA Polimerasi somiglia ad un muratore, perché necessita di mattoncini da disporre in fila per costruire la catena dell’RNA. Quei mattoncini sono detti nucleotidi e si compongono di una base azotata (tra Adenina, Guanina, Citosina, Uracile), uno zucchero (in questo caso il ribosio) ed un gruppo fosfato. La sequenza di nucleotidi, ognuno composto da una base azotata diversa tra le 4 sopracitate, forma il genoma, la sequenza di basi che compone l’RNA di SARS-CoV-2. Questo nello specifico è composto da 29.881 nucleotidi, pochissimi se pensiamo che il genoma di un moscerino della frutta ne contiene 132 milioni. Questi nucleotidi, a seconda della loro disposizione formano di 3 in 3 delle triplette, che contengono un’informazione che può essere letta e trascritta dall’RdRP. Un analogo nucleosidico riesce ad inserirsi tra i nucleosidi (nucleotidi privi del gruppo fosfato) e a fare casino: aggiungendo un addendo nella sequenza le triplette di nucleosidi cambiano perché le basi si spostano tutte di una posizione, shift.

Solitamente gli antivirali convenzionali non sono molto efficaci contro SARS-CoV-2 perché i coronavirus contengono un meccanismo di sicurezza chiamato “correttore di bozze” che individua gli esonucleotidi -i nucleotidi inseriti dall’esterno- e termina la trascrizione, la duplicazione dell’RNA, tagliando il filamento nascente e facendo tornare l’enzima RdRP libero, capace di ricominciare il suo lavoro da capo.

Remdesivir è un altro dei pochi antivirali parzialmente efficaci, anch’esso è un analogo nucleosidico, ma la sua attività a differenza di quella dei comuni antivirali non conduce al termine della trascrizione, ma ad uno stallo: la catena nascente continua quindi ad occupare la RdRP senza che essa possa staccarsi dal filamento e ricominciare a duplicare il genoma.

Molnupiravir è in grado di inserirsi all’interno della catena nucleotidica senza causare il blocco della trascrizione e nemmeno lo stallo, bypassando il correttore di bozze. In questo modo il virus accumula ad ogni replicazione una serie di mutazioni tali da rendere impossibile leggere le triplette di basi necessarie ad iniziare la trascrizione o leggere il punto d’inizio della trascrizione o ancora leggere altre informazioni fondamentali per il corretto svolgimento in fasi della replicazione virale. Il processo è noto come mutagenesi letale, il virus muta così tanto che non può più riprodursi.

Molnupiravir fu sintetizzato per la prima volta nel 2014, con il nome EIDD-2801, per andare a colpire il virus dell’encefalite equina venezuelano. Nel 2019 fu utilizzato in trial clinici per trattare l’influenza (umana) e nel marzo 2020 iniziò il suo studio per contrastare SARS-CoV-2, che diede ottimi risultati sui furetti.

Il Regno Unito è stato il primo paese ad autorizzare l’uso di Molnupiravir (commercializzato con il nome di Lagevrio) tramite l’agenzia regolatoria di riferimento MHRA, nonché il primo paese ad autorizzare l’utilizzo di una pillola antivirale contro il covid. Non è la prima volta che il governo di Londra si muove in anticipo rispetto al resto del mondo durante la pandemia, occorse ad esempio con la veloce approvazione di Astrazeneca. Può la Brexit aver spinto Johnson a rischiare di più pur di non penalizzare la già stressata economia britannica? Nel frattempo le agenzie regolatorie di diversi Stati, comprese EMA ed FDA, stanno valutando l’approvazione della molecola. Interpolando l’atteggiamento prudenziale mantenuto finora dalle istituzioni europee ed americane saranno fondamentali i dati in arrivo dal Regno Unito nelle prossime settimane.

Paxlovid (Pfizer) ha invece un meccanismo d’azione completamente diverso. Anzitutto è una formulazione composta da due molecole: Ritonavir, antiretrovirale già incluso nel cocktail di farmaci per il trattamento standard dell’HIV e inizialmente autorizzato per uso off label dall’AIFA per contrastare il covid19 -poi sospeso al di fuori dei trial clinici-, ed una nuova molecola sintetizzata da Pfizer denominata PF-07321332.

L’attività del composto inibisce l’azione della proteasi 3CLpro, presente sia nel virus dell’HIV che in SARS-CoV-2.

Il sopracitato enzima RdRP che consente al coronavirus di replicare il suo RNA è esso stesso sintetizzato a partire dall’RNA virale, una volta che il virus ha infettato la cellula. L’RNA viene tradotto in poliproteine, filamenti lunghi di più proteine virali legate insieme, che per slegarsi, assumere la loro forma e iniziare a “funzionare” devono essere clivate (tagliate) da uno o più enzimi definiti proteasi. L’attività di uno di questi, la proteasi 3CLpro, viene bloccata da Paxlovid in maniera molto efficace, impedendo quindi la replicazione virale.

La molecola di Pfizer si trova in una fase di studio più arretrata rispetto a quella di Merck, non esistono ancora pubblicazioni su Nature o trial clinici indipendenti, né sembrerebbero essere pervenute richieste di autorizzazioni ufficiali alle principali agenzie regolatorie, ma la fase III è stata terminata proprio in queste ore dopo aver prodotto risultati talmente incoraggianti da propendere per l’immediata richiesta di commercializzazione: Pfizer ha annunciato una riduzione dell’89% del rischio di ospedalizzazione

Molti governi stanno già trattando con le due grandi aziende per aggiudicarsi le dosi necessarie dei due farmaci. Si stima che un singolo trattamento di soli 5 giorni con due somministrazioni di Molnupiravir/die costerà negli USA circa 700$, non proprio un’inezia se paragonati ai circa 25$ di costo del vaccino in media. Un prezzo sicuramente fuori dalla portata di molti paesi poveri (e meno poveri), dove per altro i tassi di vaccinazione sono già tremendamente bassi.

1 comment

Dario+Greggio 09/11/2021 at 00:47

quante ne sai :)
grazie!

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