Una storia travagliata e a tratti patetica quella dei liberali nostrani. A partire dalle vicende del Pli (quello vero, quello di Malagodi e Zanone). Centrista, ma non troppo, antifascista, ma anche anti-antifascista, diviso in fazioni di destra, sinistra, centro. Ma quello, almeno, fu un partito di governo, con una classe dirigente e degli intellettuali di riferimento. Oggi parliamo di una nebulosa. Di due formazioni politiche che nel 2013 potevano definirsi liberqualcosa una si è dissolta di fronte alle sue incapacità, l’altra si è spezzata e il gruppo ancora esistente sta tentando un difficile rilancio del progetto (buona fortuna). Per il resto polvere, e non di stelle. C’è chi è tornato a vita privata, chi si è dato alla “cultura”, chi si è lanciato nella politica locale, chi insegue singoli esponenti politici. Il resto è spam e Facebook è il nostro dominio. Un (piccolo) mondo fatto di laici e clericali, tradizionalisti e progressisti, riformatori e conservatori. Pieno di rancore (e cazzeggio), di progetti e proposte (si fa per dire), di modelli ideali (o idealizzati). Le masturbazioni mentali elevate a sistema, l’irrilevanza come comune denominatore. E noi volevamo fermare il declino?
Giuseppe Carteny
Laureato in “Scienze di Governo e della Comunicazione Pubblica” alla LUISS Guido Carli di Roma, è dottorando in “Political Studies” all’Università degli Studi di Milano, dove si occupa principalmente di analisi quantitativa dell’opinione pubblica e del comportamento politico. Awardee della “Taiwan Fellowship 2017”, si interessa di sistemi politici, processi democratizzazione e geopolitica dell’Estremo Oriente. Tra i suoi maggiori interessi figurano anche lo studio dei processi elettorali, dei sistemi partitici e la teoria delle relazioni internazionali.