Il Rosmarino non capisce l’inverno di Matteo Bussola
Il Rosmarino non capisce l’inverno è l’ultimo romanzo del veronese Matteo Bussola, autore di diversi best seller, conduttore di una trasmissione su Radio 24 e disegnatore (la copertina del libro è opera sua). Il romanzo è la storia di alcune donne le cui vite si intrecciano attorno a un fattore comune: la conoscenza di una persona che direttamente o indirettamente stravolge le loro esistenze. Il libro è strutturato in capitoli molto brevi, ognuno dei quali racconta la storia di uno dei personaggi femminili.
Seguendo Matteo Bussola sui social mi ero imbattuta in un suo commento sul libro: “Appena finito di leggere lo riaprirete dall’inizio”. E pensai che fosse un’esagerazione, o quantomeno un pessimo segnale. E invece sono state parole profetiche: l’impulso è irresistibile, appena si chiude il libro si torna alla prima pagina, lo si risfoglia alla ricerca di tanti dettagli che rivelano il filo rosso con cui magistralmente è stato intrecciato tutto il racconto. Una sensibilità rara da trovare, una lettura scorrevole, un gioco di luci tra il proscenio e palco che rendono questo libro indimenticabile.
Not Born Yesterday di Hugo Mercier
La gente è davvero così credulona come pensiamo? Questo è il luogo comune che lo scienziato cognitivo Hugo Mercier intende sfidare nel libro qui presentato. Siamo infatti molto affezionati all’idea secondo cui gli esseri umani sono creature facilmente manipolabili; una vulgata recentemente rinforzata anche dalla narrazione imperante sul ruolo decisivo di fake news e teorie del complotto nella vita democratica dei paesi industrializzati.
Mercier, invece, è convinto del contrario, ed è la psicologia cognitiva a dimostrarlo. Ogni essere umano infatti è dotato di un complesso sistema di meccanismi cognitivi – quello che Mercier e altri studiosi chiamano “vigilanza epistemica” – in grado di valutare la qualità dell’informazione in entrata e l’attendibilità della fonte da cui essa proviene. In breve, siamo in grado di ridurre al minimo il rischio, ineliminabile nella cooperazione umana, di finire per accettare un’informazione falsa o fuorviante.
L’autore passa in rassegna nei vari capitoli la supposta influenza di religioni, predicatori, fake news, advertising e molto altro, mostrando in che senso l’influenza di queste fonti è molto spesso sopravvalutata e finisce nei fatti per essere più un mito che una verità accertata. L’idea alla base del lavoro di Mercier è che, in fin dei conti, se la comunicazione umana è possibile e funziona è proprio perché, da un punto di vista evolutivo, si è sviluppata su una base di cooperazione stabile e affidabile che rende la disonestà e la manipolazione attività tendenzialmente più costose.
Cinque Storie Ferraresi di Giorgio Bassani
Cinque racconti pubblicati insieme per la prima volta nel 1956. Cinque storie che racchiudono l’essenza narrativa dell’autore di “Il Giardino dei Finzi-Contini”: ebraismo, solitudine, senso di sradicamento e necessità della memoria. Cinque intrecci che si dipanano attraverso gli anni nel micro-cosmo di Ferrara, con cui lo scrittore bolognese ebbe un legame viscerale e che fu destinata ad essere uno dei centri nevralgici del fascismo di Salò.
Rifuggendo condanne e giustificazionismi, la mano di Bassani scivola tra le pieghe della Storia e, sfogliando il resoconto di grigie vite quotidiane, ci lascia intravedere le motivazioni che spinsero una intera cittadinanza a legarsi nuovamente ad un totalitarismo sulla via del tramonto rendendola simbolo di una intera nazione che dal dopoguerra ai giorni nostri non è mai stata capace di fare i conti con il proprio passato e i suoi traumi malsepolti.
Flatlandia di Edwing Abbott Abbott
Romanzo matematico scritto nel 1884 che consente al lettore di immedesimarsi nella geometria e nelle diverse dimensioni attraverso la visione di Quadrato, un membro della classe sociale media di un’universo bidimensionale composto di cose e persone poligonali, che si troverà a fare i conti per la prima volta con la Sfera, un’entità per lui impossibile da rappresentare su un piano nella sua interezza senza l’introduzione di una dimensione temporale.
Critica cinica della società vittoriana, del riduzionismo positivista e del meccanicismo, il romanzo è un perfetto scorcio sulla fallibilità delle forme di conoscenza e simpatico stimolo per un primo sviluppo della capacità d’astrazione geometrico-matematica.
Fuga dalla libertà di Erich Fromm
L’uomo medio moderno vive in una società più libera che mai, eppure si ritrova ad assumere talvolta comportamenti paradossali come quelli scatenati da un sentimento di avversione verso altri gruppi umani e la sottomissione al leader autoritario.
Erich Fromm, filosofo tedesco del secolo scorso vicino alla scuola di Francoforte, ritiene che tutto questo sia una dispozione psicologica frutto della condizione dell’uomo nella società industriale e massificata e ciò comporti come necessaria conseguenza il generarsi storico dei totalitarismi. In particolare compie una dettagliata analisi psicanalitica di quello nazista, a lui vicino per motivi biografici.
Spicca la critica al conformismo: l’individuo adotta in tutto e per tutto il tipo di personalità che gli viene offerta dai modelli culturali. Incapace di sviluppare un proprio senso critico finisce per non assumere mai una posizione che sia veramente autonoma e decide di aderire ciecamente all’opinione diffusa nella sua comunità, non ridiscute i fatti che gli sono posti innanzi e si limita a riproprorre quanto pronunciato da quelle che identifica come “autorità”.
“Fuga dalla Libertà” è un libro che subisce fortemente l’influsso delle posizioni politiche e filosofiche del suo autore e sul quale possono essere mosse un sostanzioso numero di obiezioni, anzitutto al dubbio pessimista che quei comportamenti siano di matrice biologica ed evolutiva piuttosto che psicologica come Fromm sostiene.
In ogni caso, il saggio suggerisce una serie di domande. Tra tutte, il timore che l’uomo – anche se costruisse una società pienamente libera, nell’accezione che siamo soliti attribuire al termine – possa vivere effettivamente quella libertà stabilmente e felicemente, senza ripiegarsi, spaventato e mosso da istinti di paura, insicurezza, e isolamento, nella schiavitù che per secoli ha contraddistinto, in misura più o meno stringente e nelle sue varie forme, il consorzio umano.
Risposta a una lettera di Helga di Bergsveinn Birgisson
“Risposta a una lettera di Helga” è un brevissimo romanzo nella forma di monologo epistolare. Esso infatti è interamente costituito dalla lettera che l’anziano, solo e ormai prossimo alla morte Bjarni scrive ad Helga, colei che fu l’amore della sua vita.
L’intento di Bjarni è quello di arrivare al varco con la coscienza per lo meno in ordine. Ha bisogno di far pace con i demoni del suo trascorso – affrontandoli con onestà – e con la mancanza di senso che porta al collo come un cappio da decenni.
Bjarni è un uomo semplicissimo, ha fatto il contadino per tutta la vita nell’entroterra Islandese ed ha ereditato dal padre delle pecore. Quando questi comincia a scavare dentro di sé per compilare l’ultima lettera, quel che tira fuori è una colluvie di memorie e di riflessioni tremendamente ordinarie che, però, vanno a confluire in un qualcosa più grande di lui.
La lettera del povero, miserabile anziano mette le ali e si solleva in un’ode alla vita e all’amore carnale. La storia più consueta diviene un poema straordinario, privo di fronzoli barocchi ma ugualmente meraviglioso nella sua concretezza. Una poesia della terra, della neve, che si regge su quelle poche cose che Bjarni conosce e padroneggia: la natura, l’agricoltura, gli animali.
È il canto del cigno dell’anatroccolo che non si è mai trasformato, e che con i suoi scarsi mezzi lirici riesce comunque ad esprimere con la stessa efficacia e profondità di un poeta i tormenti ed i sentimenti propri dell’uomo.
The Moral Consequences of Economic Growth di Benjamin Friedman
Nei paesi ricchi è ancora necessaria la crescita economica? L’economista Benjamin Friedman si pone il quesito con mente aperta e produce un’analisi superba del tema. La tesi principale del libro è che l’assenza di crescita acuisce i conflitti sociali.
Quando i redditi crescono in maniera sufficientemente rapida, l’impressione di miglioramento della propria vita è diffusa. Questa situazione crea un clima di apertura che rende più facile la convivenza civile, favorendo l’affermarsi di diritti, e le soluzioni costruttive ai problemi sociali. Quando invece i redditi medi stagnano, mentre qualcuno migliora le proprie condizioni, qualcun altro le peggiora. In questo caso, il terreno è fertile per il presentarsi di populismi.
Friedman trascorre buona parte del libro documentando queste coincidenze. Il focus principale è sugli Stati Uniti dal periodo successivo alla guerra civile fino ai giorni nostri. Ma in altri capitoli si esplora l’esperienza della Gran Bretagna, Francia e Germania.