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La satira di Ricky Gervais e lo squadrismo arcobaleno

Gervais

Era prevedibilissimo, e infatti è successo.La realtà alcune volte è dannatamente scontata e prevedibile. Questa volta la berlina mediatica è toccata a Ricky Gervais, pilastro indiscusso della comicità mondiale, che, con il suo ultimo spettacolo su Netflix , “SuperNature”, ha destato non poche polemiche, soprattutto provenienti dalla comunità LGBT.

È stato accusato di esser transfobico, accusa che ultimamente credo abbia superato di gran lunga le ormai mainstream e superate “venduto” o “raccomandato” che andavano di moda tempo fa.

Ho visto lo show di Ricky. Tagliente, provocatorio, caustico e dissacrante, annienta qualsiasi stereotipo con uno stile unico, tratta temi come razzismo, omofobia, religione, pedofilia  con grande intelligenza; uno show in grado però di lanciare un messaggio profondo e importante che va oltre la battuta in sé: è un perfetto tutorial su come fare satira dal punto di vista tecnico e contenutistico. Un eccezionale repellente del moralismo e dell’estremo “sensibilismo” di cui la nostra società è ostaggio. Probabilmente uno spettacolo del genere in Italia porterebbe la sinistra a richiedere uno stato d’emergenza nazionale immediato e riempierebbe le testate nazionali di indignazione e riferimenti alla morale e al buon esempio.

La comunità LGBT e soprattutto GLAAD (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation) hanno richiesto esplicitamente la rimozione dello spettacolo di Gervais da Netflix, spindendosi  addirittura a chiedere il boicottaggio dello show (viene da pensare a “Je suis Charlie”).

C’è chi vuole sfruttare la giustificazione del diritto al sentirsi offesi per imporre dei limiti alla libertà d’espressione. Si può non amare o odiare uno spettacolo, ma arrivare a richiederne la cancellazione è chiaramente un comportamento antidemocratico che deve essere combattuto.

La legittimazione della più estrema visione soggettiva a rendersi giudice del lecito e dell’illecito  arriva a censurare chiunque contraddica questo approccio minimalista, chiunque  anche solo smonti, con una battuta, il castello di sicurezze di cui questo mondo di fanatici si nutre. È un approccio profondamente tossico e autolesivo,  lo stesso che ha portato Will Smith a colpire con un schiaffo Chris Rock, con il pubblico che si è schierato dalla sua parte con scroscianti applausi. Giustificare la violenza, la cancellazione, la censura e l’autorità nell’ambito della satira è un duro colpo al nostro sistema democratico e alle nostre libertà.

Chi vuole imporre la propria visione del mondo, dettare legge su cosa sia giusto pensare o dire, quali limiti non prevaricare, cosa debba essere letto, visto o giudicato e cosa invece no, è un fascista, che sia essƏ nero, rosso o arcobaleno. Fatevene una ragione.

Un’altra argomentazione che spesso sento ripetere è che “la satira si dovrebbe fare contro i potenti e non contro le minoranze”.

È falso.

La satira ha da sempre l’obiettivo di sgonfiare di significato tramite la risata tutto ciò che consideriamo sacro, le credenze, le abitudini e gli stereotipi, indipendentemente a quali classi sociali queste appartengano.

Essa denuda davanti ai nostri occhi tutto ciò che consideriamo inattaccabile. È  un potentissimo strumento politico e democratico, ma non ha nulla a che fare con “l’attacco ai potenti”, o almeno non sempre.

Il discorso finale di Gervais è emozionante e geniale.

Ricky Gervais fa una correlazione illuminante tra l’ironia e l’abbraccio (facendo anche riferimenti personali), cercando di farci capire come la risata, esattamente come l’abbraccio, sia un modo per alleviare la sofferenza e guardare il mondo da un’altra prospettiva.

Più prendi sul serio le tue sofferenze o ciò in cui credi, più ti sentirai colpito nel profondo e spaesato quando qualcuno le svuoterà di valore con una battuta.

SuperNature ci insegna ad alleggerire i nostri pensieri e le nostre credenze, a liberarci dei nostri demoni, a vivere la vita da un’altra prospettiva e soprattutto a prenderci meno sul serio.

“Just because you’re offended, doesn’t mean you’re right

2 comments

Lorenzo 30/05/2022 at 11:18

Un epigone di Rick Dufer… Hai pure usato le parole che lui usa più spesso nell’esprimersi

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Jacopo 30/05/2022 at 11:26

Il video di rick l’ho visto solo dopo aver scritto questo articolo, ho notato che diciamo un pó le stesse cose, ma dire che sia copiato o che utilizzi le stesse parole anche no

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