ApprofondimentiStoria

In ricordo di Giorgio Perlasca

Giorgio Perlasca

Dal 1962 il memoriale dell’Olocausto dello Yad Vashem conferisce il titolo di “giusti tra le nazioni” a quelle persone non ebree che durante la Shoah hanno messo a rischio la loro vita per salvare quanti più ebrei possibile dalla mano nazista. Tra di loro c’è un italiano la cui storia è rimasta sconosciuta fino alla seconda metà degli anni ottanta del secolo scorso: la storia è quella di Giorgio Perlasca.

Giorgio Perlasca nasce a Como il 31 gennaio 1910, ma a causa del lavoro del padre all’età di 12 anni si trasferisce a Maserà nel padovano. Convinto fascista, nel 1930 si arruola nelle camice nere e nel 1936 combatte come volontario nella guerra d’Etiopia. Dal 1937 al maggio del 1939 partecipa alla Guerra civile Spagnola combattendo nel Corpo Truppe Volontarie italiano a fianco dei falangisti di Francisco Franco, dove raggiunge il grado di artigliere. Questa esperienza gli sarà fondamentale per entrare in contatto con la cultura spagnola e per apprendere la lingua iberica.

Tornato in Italia nel 1939 ottiene un congedo indeterminato dall’esercito e in questo periodo inizia la sua allontana dal fascismo in quanto non condivide le leggi razziali e l’avvicinamento sempre più forte con la Germania Nazista.

A partire dal 1940 si dedica al commercio lavorando come agente venditore per la società triestina SAIB trovando così lavoro in Croazia, Serbia, Romania e infine Ungheria (dove arriva nel 1942). Perlasca si trova a Budapest quando, l’8 settembre 1943, viene firmato l’armistizio tra il Regno d’Italia e gli Alleati. Non riconoscendo il nuovo governo collaborazionista della Repubblica di Salò, trova rifugio presso l’ambasciata spagnola a Budapest grazie a un documento che attestava la sua partecipazione alla guerra civile spagnola che poteva quindi garantirgli protezione diplomatica.

In Ungheria assiste alla persecuzione e alla deportazione degli ebrei condotta dal primo ministro ungherese Ferenc Szàlasi e dalle famigerate croci frecciate. Decide allora di passare all’azione assieme all’ambasciatore Angel Sainz Briz per cercare di salvare quante più persone possibili. Grazie al ruolo del diplomatico svedese Raoul Wallenberg e del Nunzio Apostolico in Ungheria Angelo Rotta viene creata una rete di protezione per gli ebrei. Questa rete di protezione per gli ebrei-ungheresi si è sviluppata grazie al rilascio di salvacondotti e di fittizi passaporti diplomatici che permisero la fuga di numerose persone. Quando nel novembre 1944 Sainz Briz lasciò l’Ungheria in segno di protesta fu lo stesso Perlasca, che nel frattempo aveva ottenuto un fittizio passaporto spagnolo a nome di Jorge Perlasca, a continuare la sua attività di salvataggio della popolazione ebraica.

Nell’inverno 1944-45 la situazione per gli ebrei in Ungheria peggiora sempre di più con le croci frecciate di Szàlasi che aumentano le deportazioni degli ebrei verso i campi di sterminio.

Perlasca arriva addirittura a strappare personalmente dalle mani delle croci frecciate numerose persone alle quali aveva assegnato un passaporto spagnolo. La sua opera di persuasione nei confronti del ministro degli interni magiaro Gàbor Vojna permette di evitare la distruzione del ghetto di Budapest dopo averlo minacciato di ritorsione da parte del governo spagnolo sui numerosi cittadini ungheresi residenti in Spagna, in realtà poche centinaia. Grazie a questa opera di persuasione il ghetto della capitale ungherese non viene dato alle fiamme evitando così quanto accaduto durante l’occupazione del ghetto di Varsavia.

Perlasca arriva a curare personalmente il salvataggio dei ebrei studiando e organizzando l’approvvigionamento viveri utilizzando sia i pochi fondi dell’ambasciata spagnola sia i propri. Si stima che grazie a questa attività Perlasca abbia salvato più di 5.000 persone dalla deportazione. Nel gennaio del 1945, con i sovietici alle porte è costretto a lasciare l’Ungheria per evitare di essere arrestato in quanto filo-fascista.

Nell’estate del 1945 rientra in Italia, a Padova, dove conduce una vita tranquilla in compagna della sua famiglia, non raccontando nulla di quello che aveva fatto in Ungheria sia per timore di non essere creduto sia perché probabilmente sarebbe stato inverosimile che un fascista che non aveva mai rinnegato quel passato avesse potuto svolgere un’attività simile. Negli anni sessanta la sua storia apparve su alcuni quotidiani come il Resto del Carlino e la Stampa ma senza alcun seguito. Del resto Perlasca era stato avvertito in un carteggio da Sainz Briz di non aspettarsi nessun encomio per le sue azioni.

Si arriva cosi’ al 1987: alcune donne ebree ungheresi stabilitesi in Israele scrivono un annuncio su un giornale della comunità ebraica di Budapest chiedendo che fine avesse fatto quel console spagnolo di nome Jorge Perlasca che si era speso per salvare loro la vita. Perlasca risponde all’annuncio svelando quella che fu la propria identità di copertura. Così a Padova avvene il primo incontro tra Perlasca e le tre donne nel settembre del 1988.

Nel 1989 viene insignito del titolo di “giusto tra le nazioni” da parte del governo israeliano mentre il memoriale Yad Vashem ha piantato simbolicamente 10.000 alberi in onore degli ebrei salvati da Perlasca e dalle altre personalità diplomatiche presenti a Budapest (tra cui Wallenberg, Rotta e lo stesso Sainz Briz). Nel 1990 riceve anche dal governo italiano il titolo di “Grande Ufficiale”. Negli ultimi anni della sua vita ha riceve numerose onoreficenze da parte di Spagna, Ungheria, Stati Uniti, Israele e naturalmente Italia.

La sua storia ha ispirato lo scrittore Enrico Deaglio che scrisse il libro intitolato “La banalità del bene” in contrapposizione con il più famoso “la banalità del male” scritto da Hannah Arendt. Uscito nel 1991, il libro racconta la storia di Perlasca che, uomo semplice e qualunque, si ribella a quello che vede e inizia ad attivarsi per salvare quante più persone possibile.

Lo stesso Perlasca disse a Deaglio “vedevo delle persone che venivano uccise e, semplicemente non riuscivo a sopportarlo. Ho avuto la possibilità di fare e ho fatto. Tutti, al mio posto, si sarebbero comportati come me“.

Giorgio Perlasca muore a Padova il 15 agosto 1992 all’età di 82 anni e viene sepolto nel cimitero di Maserà. A lui sono dedicate numerose vie e parchi in Italia. Postumo è uscito il libro “l’impostore”, scritto nel 1997, mentre nel 2002 è Luca Zingaretti a interpretarlo nel film-tv “Perlasca un eroe italiano”.

La storia di Perlasca è una storia che deve essere ricordata per ricordare come chi ci fu anche nell’ora più buia della storia, chi ha agito secondo coscienza senza girarsi dall’altra parte.

Leave a Comment

Verified by ExactMetrics