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Ferragosto: mare, vacanze e origini romane

Risale all’antica Roma, ma è ancora oggi festeggiata in tutta Italia: quali sono le origini di Ferragosto?

Sebbene non si tratti di una festa propriamente cristiana, il Ferragosto è una ricorrenza da sempre molto sentita nel nostro Paese, tant’è che il 15 agosto è festa in Italia, a San Marino e nel Canton Ticino. Siccome, dunque, è parte del nostro odierno costume sociale, è interessante capire se in essa siano presenti residui o strascichi di tradizioni passate e quali sono i suoi legami con la cultura cristiano-cattolica che ha fatto da padrona in Italia negli ultimi dieci secoli.

Ma, prima di cominciare, solito disclaimer: in questa rubrica proviamo a investigare meglio il viaggio e l’evoluzione delle festività nella storia, ma lungi da noi presumere di poter risolvere temi così complessi in articoli così brevi, che non potranno mai considerare ogni elemento storiografico compiutamente. Se ci sono storici all’ascolto, quindi, prendete quest’articolo come uno spunto e commentate per permetterci di migliorare il nostro lavoro!

I Vinalia

Vinalia rustica

Come si sarà capito già da questa rubrica, i romani, benché fossero un popolo prevalentemente guerriero, avevano un calendario incredibilmente fitto di festività, vuoi per motivi religiosi e civili, vuoi per riposare tra un periodo di lavoro e l’altro. Ma un momento dell’anno particolarmente denso rispetto al solito era proprio il mese di agosto, che arrivava a collezionare tre grandi festività.

Una di queste è quella delle Vinalia, che erano in realtà due diverse celebrazioni in onore di Giove e Venere, due figure che finirono per essere affiancate in entrambi i casi. Esse cadevano in due date diverse:

  • il 23 aprile (Vinalia urbana o priora), ci racconta Plinio il Vecchio nelle sue Naturalis historia (VIII, 69), venivano offerte libagioni a Giove e si assaggiava il vino nuovo, grati del raccolto d’uva dell’anno prima;
  • il 19 agosto (Vinalia rustica o altera), il flamine (o flamen dialisi, l'”accenditore della fiamma sacrificale”, il sacerdote «preposto al culto di una specifica divinità da cui prendeva il nome e di cui celebrava il rito e le festività») sacrificava un agnello a Giove per propiziare l’abbondanza della vendemmia.

Le Vinalia rustica, quelle che ci interessano in questa sede, appartenevano tradizionalmente agli abitanti del Lazio più che al resto dell’Impero romano e pare che le porte dell’antica città laziale di Tusculum recassero il divieto di portare in città il vino colto nella vendemmia prima di aver proclamato i Vinalia, almeno stando a quanto riportato da Marco Terenzio Varrone nel suo De lingua Latina, una delle migliori fonti in tal senso.

Vinalia rustica

I Consualia

«[Romolo] predispose ad arte solenni giochi in onore di Nettuno equestre, giochi cui diede nome di Consuali. […] Accorse un gran numero di persone, anche per la curiosità di vedere la nuova città, e particolarmente i più vicini: i Ceninesi, i Crustumini, gli Antemnati. E venne anche, praticamente al completo, con mogli e figli, la popolazione dei Sabini.»: è questo che si legge in Ab Urbe condita (I, 9), l’opera in cui Tito Livio tratteggia un’imponente Storia di Roma (non a caso il titolo italiano del testo).

In questo passaggio in particolare, lo storico romano riporta che proprio il primo re di Roma, organizzando il famoso Ratto delle Sabine, avrebbe a sua insaputa istituito una ricorrenza destinata a diventare una festa in onore del dio Conso, dio dei granai, della terra, degli approvvigionamenti e della fertilità, e dedicata alla fine dei lavori agricoli e al meritato riposo dei contadini. Come scrive lo storico e retore greco Dionigi di Alicarnasso nelle Antichità romane (II, 31, 2-3) – opera in cui riconferma l’episodio narrato da Tito Livio su Romolo – Conso era ricondotto da molti al Nettuno equestre (Neptunus Equestris) citato nel passaggio di Livio, ovvero al dio Nettuno protettore degli equini.

Per questo, nella religione romana, i festeggiamenti in onore di Conso consistevano in corse di cavalli (ma anche asini e muli a volte), a cui assistevano anche gli animali da tiro (come i buoi), i quali, insieme agli altri equini non concorrenti, quel giorno venivano dispensati dal lavoro e agghindati con fiorigli, ghirlande floreali e ornamenti vari. I Consualia, questo il nome della festa, erano non una, ma addirittura due celebrazioni che si tenevano segnatamente il 21 agosto, durante il periodo del raccolto, e il 15 dicembre e i cui riti si svolgevano rigorosamente davanti a un altare sotterraneo del Circo Massimo. Il premio per i vincitori di queste corse equestri era solitamente un drappo di stoffa pregiata chiamato pallium, da cui deriva l’utilizzo odierno della parola “palio” (sia come occasione di festa e di competizione, sia come premio).

Se tutto questo vi ricorda qualcosa, è corretto: mantenutesi quasi intatte nel corso del tempo, queste celebrazioni sono sopravvissute ai secoli e vengono ancora oggi riproposte e rievocate in ricorrenze molto partecipate come il Palio dell’Assunta, che si svolge a Siena proprio il 16 agosto, e in tutte le sue emulazioni locali. Ma non è finita qui…

Palio di Siena, Piazza del Campo

I Nemoralia

Giungiamo alla festività forse più importante quanto a impatto culturale nel presente (ne hanno parlato o narrato, tra gli altri, i poeti Stazio, Ovidio e Properzio e il filosofo Plutarco): anche noti come Festa delle Torce o Festival di Diana, i Nemoralia venivano inizialmente celebrati, in nome dell’omonima dea, nel Santuario di Diana al lago Nemi vicino Ariccia (da cui, appunto, Diana Nemorense e “Nemoralia”), ma si diffusero presto ovunque nell’antica Roma, compreso il Tempio di Diana sul colle Aventino (cosa insolita, data la provenienza straniera della celebrazione). Alcune fonti del I secolo a.C. dipingono una ritualità molto classica, con i fedeli della dea che viaggiano verso il santuario recando torce, fiaccole e addobbi floreali.

I Nemoralia duravano tre giorni, dal 13 al 15 agosto (date che iniziano a risuonare con l’attualità), in concomitanza con le giornate fondative di Ariccia, ma a quanto pare avrebbero una storia antichissima: le origini della Festa delle Torce, risalenti almeno al VI secolo a.C., se non prima, precedono infatti la diffusione del culto di Diana a Roma (culto che tutt’ora esiste nel sud Italia tra le poche tradizioni puramente pagane sopravvissute alla cristianizzazione), avvenuta intorno al III secolo a.C..

La Festa delle Torce

Ora, una delle figure mitologiche maggiormente associate a Diana è l’Ippolito figlio di Teseo, protagonista dell’omonima tragedia di Euripide. E infatti proprio la prima data dei Nemoralia, il 13 agosto, finì per coincidere con il giorno di festa dedicato dalla Chiesa Cattolica a un presunto martire del III secolo d.C., l’omonimo Ippolito di Roma (13 agosto). Alcuni studiosi hanno ipotizzato, dalle poche fonti disponibili, che il primo giorno dei Nemoralia inscenasse la discesa di Diana nel mondo dei morti alla ricerca di Ippolito o Virbius, il secondo giorno la sua ascesa vittoriosa in cielo come regina dello stesso, e il terzo giorno la sua ascesa alla luna. E proprio il terzo giorno, il 15 agosto, cade attualmente la Festa dell’Assunzione di Maria, che potrebbe essere stato inizialmente un adattamento cattolico del Festival di Diana nel nuovo calendario festivo cristiano.

Antropologi culturali come James Frazer hanno constatato non solo che nell’antichità si possono rintracciare celebrazioni analoghe nel culto e nelle credenze, ma tributate a Demetra e Iside (alle quali spesso Diana veniva associata), ma hanno anche osservato abbastanza similitudini tra le feste originali e le rielaborazioni cristiane da ipotizzare che, agli inizi della cristianizzazione, la Chiesa Cattolica potrebbe aver adottato sia le date che anche alcuni simbolismi dei Nemoralia (le tavolette votive, l’uso delle preghiere e delle danze e altri elementi tipici del festival).

La dea Diana

Gli Augustali

Nonostante le molte festività del mondo romano, nel 18 a.C. l’imperatore Ottaviano Augusto , il quale nel mese di agosto andava “in ferie”, per così dire, concedendosi un po’ di relax, pensò bene di inaugurare l’ennesimo momento di riposo per gli agricoltori e i soldati romani e, ispirandosi soprattutto ai Consualia, espanse al popolo le Feriae Augusti (il “riposo di Augusto”), istituendo una ricorrenza squisitamente laica e priva di connotati confessionali: il Ferragosto, dunque, non risulta avere origini pagane, ma pre-cristiane sicuramente. Approfittando del gran numero di feste di questo periodo, Augusto pensò anche di sfruttare il Ferragosto per promuovere la sua reggenza e connettere la stagione delle feste agostane in un grande mese di riposo generalizzato, gli Augustali.

A Ferragosto, l’usanza era che i lavoratori porgessero gli auguri ai propri padroni in cambio di una mancia, costume talmente radicato da diventare legge nello Stato Pontificio durante il Rinascimento. Originariamente datato al 1° agosto, il Ferragosto antico fu spostato al 15 dello stesso mese dalla Chiesa cattolica probabilmente per farlo coincidere con l’Assunzione di Maria, nella quale già erano confluiti i Nemoralia. Et voilà, ecco come siamo arrivati all’attuale Ferragosto/Festa dell’Assunzione!

Il motivo invece per cui oggi festeggiamo con gite fuori porta, serate al mare, passeggiate in montagna e grandi mangiate è legato al ventennio fascista… ma questa è un’altra storia.

Augustus von Prima Porta (20-17 v. Chr.), aus der Villa Livia in Prima Porta, 1863

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