La politica italiana è il regno dell’eterno ritorno. Dopo 9 anni, con le dovute differenze, sembra che ci siamo incamminati sul sentiero che fece cadere il quarto governo Berlusconi in seguito ad una serie di disastri più o meno volontari. In quell’occasione il Sole24Ore titolò “Fate presto”, sostenendo il cambio di esecutivo. Sembra passata un’eternità, ma siamo daccapo. Sembra che non ci siano alternative prima che, nuovamente, sia troppo tardi.
C’è da dire che il Conte II è stato sfortunato: ha avuto solo 5 mesi di ordinaria amministrazione prima di ritrovarsi tra le mani una pandemia. È anche vero, tuttavia, che in 13 mesi è riuscito a sbagliare quasi ogni scelta possibile. Tant’è che anche Italia Viva, deus ex machina che ha permesso la nascita del governo, si trova in enorme difficoltà non riuscendo ad incidere in un governo che fa più danni della grandine. Ha ottenuto solo la sacrosanta abolizione degli indecenti Decreti Sicurezza (dopo ben un anno di pressioni) e una promessa di abolizione di Quota100 (che però rischia di essere sostituita da Quota101).
Se sulla gestione dell’emergenza pandemica di questa primavera si possono fare delle critiche -ma non si poteva oggettivamente avere alte pretese- l’impreparazione con cui il Paese è arrivato alla seconda ondata è inaccettabile. Contact tracing inefficace, terapie intensive aumentate di poche unità, trasporto pubblico non adattato alle nuove esigenze, scuole chiuse, diatribe con le regioni. Un disastro nucleare.
Tralasciando il fatto che non si riescono nemmeno a contare le proteste di piazza che stanno animando le principali città italiane. Posto che neofascisti, comunistoidi e mafiosi hanno avuto un ruolo nei tafferugli violenti, bollare tutti i manifestanti come tali è fuorviante. Le persone hanno legittimamente paura di non poter lavorare, di diventare poveri. I cittadini hanno passato mesi a cercare di adattarsi alle indicazioni del governo, che nel frattempo si occupava di oziosa propaganda a rotelle mentre diceva che sarebbe andato “tutto bene”.
L’incomprensibilmente incensato ministro Speranza è addirittura uscito in libreria con un volume dal titolo “Perché guariremo”, ritirato subito vista la fotografia preoccupante del bollettino della protezione civile. Quando sono ricominciate le difficoltà a livello sanitario, al di là della gaffe di Speranza, il governo ha ricominciato a scandire la vita dei cittadini con l’ausilio di Dpcm e conferenze stampa dal tono stucchevolmente paternalistico. Ora, come riporta Domani, ci toccherà sorbirci i predicozzi di Arcuri ogni stramaledetto giovedì. Il re dei burocrati di regia nomina con poteri straordinari.
Non a caso i sondaggi stanno registrando un’inversione di tendenza dell’opinione pubblica nei confronti di Conte e dell’operato del suo governo social-nazionalista. Secondo un sondaggio di Tecnè e Dire, l’81,2% degli intervistati ha dichiarato che ci siamo fatti trovare impreparati alla seconda ondata. Per un sondaggio di SWG, il 61% degli intervistati ha ritenuto inadeguate le misure dell’ultimo DPCM. Infine, un sondaggio di Ipsos per il Corriere della Sera ha certificato una perdita di consenso di ben 7 punti percentuali sia per l’esecutivo (da 62% a 55%) che per Conte (da 65% a 58%). In questo sondaggio tutti gli esponenti dell’area di governo vedono il proprio consenso in flessione. Il quadro che emerge da quest’analisi è un disastro impietoso.
C’è anche da dire che l’opposizione non sta brillando. Meloni e Salvini, in compagnia degli scudieri di Casapound, hanno passato una settimana a cercare di racimolare consenso inveendo contro un’inesistente invasione francese del Monte Bianco e commentando il d.l. Zan sull’omofobia con la precisione di chi, palesemente, non l’ha letto. Nessuna proposta decente per mesi, nella speranza che Conte si autodistruggesse, salvo ora piagnucolare di non essere stati ascoltati. Di tutt’altro spessore i discorsi al Senato di Emma Bonino (Più Europa) e Anna Maria Bernini (Forza Italia), che vanno a inserirsi in un quadro di opposizione costruttiva. Linea che, pur ribadendo la volontà di stare fuori dal governo, sta seguendo anche Calenda.
La sensazione è, però, che questo non basti. L’erosione del consenso dell’area di governo, combinata alle proteste più o meno violente e a una crisi economica che potrà solo inasprirsi, è destinata a crescere indefinitamente. Non sono un fan dei governi di unità nazionale: sono difficili da gestire e facili da rinnegare appena terminata l’emergenza. Chiedere a Monti per conferma.
Tuttavia, questo governo sembra assolutamente inadatto a gestire le tensioni sociali e ancora meno a far fronte alla nuova emergenza. Non ci sono margini di miglioramento poiché il Movimento 5 Stelle è sovrarappresentato, proporzionalmente al consenso attuale, e il PD è troppo impegnato a diventare la sigla di una bestemmia piuttosto che di un partito socialdemocratico moderno. Serve prendere decisioni difficili, probabilmente impopolari, e fare scelte decisive per la vita di tutti. Chi è alla ricerca ossessiva del consenso non può riuscirci. L’unica soluzione è che una maggioranza più ampia possibile accetti di contribuire a un governo super partes, magari con la promessa di un voto il prossimo autunno. Peggio di così veramente non si può, serve limitare i danni.
Fate presto (di nuovo)!
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Analisi chiara e comprensibile, aderente alla disperante realtà.