Lunedì Facebook ha annunciato di aver chiuso 4 network legati alla Russia e all’Iran. Fan Page, Gruppi Facebook, account Instagram.
La decisione rientra nell’ambito degli sforzi che il gigante dei social sta facendo per rendere più sicure le sue piattaforme.
Cioè nel caso specifico per proteggerle da interferenze straniere in vista delle Presidenziali Usa 2020.
Pagine e gruppi russi e iraniani avevano “comportamenti non autentici” rispetto alle elezioni Usa e di altri Paesi del Nord Africa e della America Latina, secondo Nathaniel Gleicher, il numero uno della cybersicurezza di Facebook.
Il network russo chiuso da Facebook sarebbe collegato alla Russian Internet Research Agency, una agenzia che avrebbe già cercato di alterare il voto americano del 2016.
Circa 126 milioni di persone avrebbero visto contenuti diffusi dalla Russian Internet Research Agency durante le elezioni Usa di 4 anni fa.
È uno dei capitoli del Russiagate, la inchiesta condotta dall’ormai ex superprocuratore Robert Mueller che ha portato a scoprire sofisticati sistemi informatici che i russi avrebbero usato per favorire la elezione di Donald Trump.
La commissione sulla intelligence del Senato Usa ha recentemente confermato le accuse rivolte da Mueller al Cremlino.
La chiusura di pagine e gruppi non deriverebbe “dal tipo di contenuti postati”, ma dall’atteggiamento” tenuto da chi le gestiva e giudicato scorretto dalla cybersecurity di Facebook. Alla conferenza stampa era anche presente il CEO Mark Zuckerberg.
Facebook sta implementando la sua policy sugli “inauthentic behavior”, per identificare i “bad actors,” che, lavorando spesso in simultanea da più account, fanno disinformazione spargendo fake news.
Tutto questo sta modificando, perlomeno dal voto alle Europee del 2019, le modalità con cui è possibile fare comunicazione e propaganda politica attraverso i canali Facebook.
Alle recenti elezioni Europee, non furono poche le sorprese per quei candidati che pensando di poter impegnare budget pubblicitari consistenti per la loro campagna elettorale scoprirono invece, e troppo tardi, cosa fosse “Facebook Protect“.
Oggi chi vuole usare le Fan Page per sponsorizzare la propria comunicazione e propaganda politica deve autenticarsi con la cosiddetta “two-factor authentication“, il nuovo sistema di protezione che permette a Facebook di identificare eventuali comportamenti scorretti, tentativi di hackeraggio, accessi sospetti o l’uso di device non verificati.
I comunicatori che intendono sponsorizzare contenuti politici o legati a “l’interesse nazionale” devono fornire una serie di dati, su se stessi, sul luogo da dove operano, sui siti internet di riferimento, e le informazioni legali del soggetto che paga le sponsorizzazioni, prima di poter pubblicizzare i propri messaggi.
Sempre che poi il messaggio non venga ritenuto offensivo o non rientri nella policy sugli hate speech e i messaggi che sempre secondo Facebook incitano all’odio.
Tutto questo sta complicando e rende sempre più difficile e laborioso utilizzare le “sponsorizzate”, ovvero le inserzioni a pagamento su Facebook ed instagram.
Le campagne vanno “spalmate” su più giorni (Facebook si riserva fino a 72 ore di analisi per la approvazione delle inserzioni) ed è anche possibile dialogare con gli operatori del customer care per eventuali modifiche e reclami sulla procedura.
Resta da chiarire però quale sia il criterio che Facebook usa per disringuere i messaggi politici leciti dalle fake news, e se nell’interesse nazionale a cui si fa riferimento rientrino alcune parole chiave e non altre.
“Crediamo che in democrazia i cittadini debbano essere messi nella condizione di poter ascoltare ciò che dicono i politici”, ha spiegato Zuckerberg in conferenza stampa.
Facebook lunedì ha investito altri 2 milioni di dollari per sensibilizzare cittadini, studenti nelle scuole, professionisti ed esperti della comunicazione, rispetto alla nuova policy decisa da Big Social.