Riceviamo e pubblichiamo da Lukas Dvorak
***
Sul DDL Cirinnà è stato detto di tutto e di più: per ogni ideologia, una tesi. Ciò che maggiormente lascia con l’amaro in bocca i passionali della politica, quale è il sottoscritto, è il consueto infimo livello del dibattito. Ci sono state le piazze, #SvegliaItalia per i favorevoli sul Disegno di Legge e il Family Day per i contrari, con i numeri dichiarati in modo tale da sembrare una gara a chi ce l’ha più lungo: se Arcigay dichiara un milione di persone presenti ai ritrovi di #SvegliaItalia, Gandolfini deve stimarne due milioni per il Family Day. E ci sono stati gli scontri, più fra teo-conservatori e libertari, che fra destra e sinistra, con Pierluigi Bersani e il filosofo Diego Fusaro incredibilmente fra i primi, e la figlia del Marò Latorre, immolato a simbolo di buona parte della destra per la nota irrisolta questione diplomatica con l’India, che tramite social fa un inaspettato coming-out.
I think tank e quotidiani liberali e libertari non contribuiscono, fatte – ahinoi – poche eccezioni, a rendere più interessante il dibattito. Si è letto di tutto e di più, ma non una ponderata riflessione su quel che sta per essere introdotto e che non permetterà solo alle coppie omosessuali di avere pari o quasi diritti rispetto ad un uomo e donna uniti in matrimonio, ma introdurrà e modificherà anche le unioni civili eterosessuali. Intendo, quindi, umilmente, provare a riflettere sulla questione cercando di tenere controllato il pattern libertario tramite cui istintivamente vorrei vedere la questione.
Suddetto pattern va necessariamente tenuto moderato perché l’idea romantica della libertà negativa è oggi fortemente minoritaria e deve fare i conti con la realtà: ad oggi, in Italia, non vi è un gruppo politico unito che abbia un qualche interesse a renderla l’approccio prevalente. Il radicalismo porta ad isolarsi e a diventare solo dei forzati contribuenti ininfluenti politicamente; bene, quindi, la radicalità come forza promulgatrice di idee, ma il mondo va visto con gli occhi della realtà oggettiva e in particolare quando il tema è la difesa di una minoranza. Se è vero che la più piccola minoranza è l’individuo, quando parliamo di individui che reclamano diritti positivi concessi ad una maggioranza, dobbiamo necessariamente scendere a un compromesso pena non ottenere nemmeno quel poco di egalitario che un liberale, quando si tratta di scelte private e non di disdicevole distribuzione delle ricchezze generate con il proprio lavoro e talento, ha il dovere di pretendere in barba allo Stato il quale altrimenti si prenderebbe pure il diritto di concedere o meno in funzione dei gusti sessuali.
Il pattern tramite cui si vorrebbe analizzare la questione dovrebbe portare a dire, infatti, che con l’occasione si potrebbe superare il matrimonio a favore della libera contrattazione fra privati. Tale argomentazione, romanticamente ineccepibile, sembra dimenticare del tutto che il Matrimonio è un istituto tutelato dalla Costituzione e la sua abrogazione o modifica richiede necessariamente di modificare quest’ultima. Per questa stessa ragione il DDL Cirinnà è impostato in modo da poter essere riconosciuto dall’articolo 2 della Costituzione e non dall’ex art. 29; molti costituzionalisti sostengono, infatti, che quest’ultimo sia stato scritto dai padri fondatori facendo implicito riferimento ad un’unione fra persone di sesso opposto. A giudicare dalle reazioni di buona parte dei partecipanti al Family Day, i cui cartelli rappresentavano come un errore una coppia con elementi dello stesso sesso, tale scelta è stata dopotutto saggia visto che diversamente il Disegno di Legge avrebbe dovuto fare i conti verosimilmente con maggiori ostacoli. Pensare che era questa l’occasione per discutere di libertà negativa e libera contrattazione fra privati in sostituzione del Matrimonio avrebbe voluto dire rimandare un riconoscimento presente in quasi tutto il mondo occidentale e, francamente, sempre nella logica di non volere sovrastare una minoranza, non era questo il momento di ragionare su una revisione della Costituzione.
Persino gli Stati Uniti, con un percorso durato 13 anni, hanno riconosciuto il matrimonio fra persone dello stesso sesso e non cancellato, invece, quello fra elementi di genere opposto. Si può obiettare che gli Stati Uniti fanno proprio il principio della Common Law e non del diritto romano e, sempre per questo, l’introduzione del matrimonio fra persone dello stesso sesso ha avuto un percorso così lungo con le varie corti che, di volta in volta, riaggiornavano le proprie carte e rivedevano le rispettive sentenze, ma ciò non farebbe altro che fortificare quanto detto precedentemente: l’avere una Costituzione come faro, impedisce in Italia di fare più di quanto promuove il DDL Cirinnà. La lezione che inoltre va appresa dagli Stati Uniti e, per senso contrario, dalla Slovenia riguarda la necessità di un referendum. Tanto voluto dal contrario Angelino Alfano, un referendum sui diritti fino ad ora negati ad una minoranza permanente non può avere legittimità poiché l’influsso elettorale maggioritario avrebbe modo di schiacciare quella stessa minoranza come è avvenuto in Slovenia grazie pure alla forte influenza del Papa; è successo così che un terzo solamente degli aventi diritto al voto ha deciso, sotto Natale, per la libertà di potersi coniugare di un numero ristretto di individui.
In ogni caso, per chi crede il traguardo debba essere la decostituzionalizzazione del matrimonio va fatta speciale menzione dell’articolo 19 della Cirinnà il quale, su base volontaria, prevede la possibilità di stipulare un contratto di convivenza nel quale fissare la comune residenza e che può prevedere le modalità di contribuzione allo stare insieme e il regime patrimoniale della comunione dei beni. Siamo di fronte ad elemento giuridico nuovo, quindi, in sostituzione del Matrimonio che prevede effettivamente una libera contrattazione presso un notaio. Un aspetto nuovo non da poco. Pochi sono coloro a contestare invece l’articolo 11 del testo di legge il quale prevede un automatismo per cui due conviventi si ritrovano obblighi e doveri malgrado indesiderati solo perché coabitano e possono avere un legame affettivo. Si tratta sicuramente di un aspetto odioso del DDL completamente assente nel dibattito mediatico. L’unico modo per difendersi da questo automatismo sarà non spostare la propria residenza, con tutti gli inconvenienti pratici del caso. Ma ancora una volta, c’è da chiedersi se è opportuno farsi sfuggire le possibilità offerte invece da quell’articolo 19 succitato: un elemento giuridico nuovo, ribadisco, capace forse di entrare in concorrenza con il Matrimonio e favorire, per coloro che lo desiderano, quella stessa decostituzionalizzazione del suo istituto.
Vengo infine all’ultimo punto: l’articolo 5 della Cirinnà. Anche qui si è potuto assistere ad ogni forma di manifestazione pro e contro, con le argomentazioni più varie. I più raziocinanti sfoderano una non meglio citata letteratura scientifica; i pro hanno la loro, i contro pure. La mia riflessione non vuole vertere su dati o testimonianze raccolti da una parte e dell’altra, ma sul significato di famiglia. Incredibilmente, nelle scienze sociali pare che a mancare siano proprio le definizioni di “famiglia tradizionale” e “arcobaleno”. I maggiori sociologi accettano comunemente la suddivisione fatta da tal Peter Laslett il quale identificò i modelli di famiglia nucleare, estesa, multipla e senza struttura; altresì, ad oggi è presente un acceso dibattito su quanto l’industrializzazione e i cambiamenti sociali portati da questa abbiano influito non solo sulla tipologia di famiglia, ma anche sul passaggio da una separazione dei ruoli di tipo patriarcale ad una coniugale intima. Naturalmente questo dibattito è meglio lasciarlo a chi è del mestiere e ha raccolto più informazioni di quante ne possa raccogliere ora il sottoscritto. La stessa esistenza però di una simile discussione lascia ad intendere che le famiglie non sono e non possono essere di un tipo in quanto la loro composizione e accettazione è indubbiamente un fatto culturale. D’altronde basta meramente fermarsi a riflettere sul fatto che il tipo di famiglia praticato nella cultura occidentale è sicuramente diverso, per consuetudine ed organizzazione, dal modello islamico, il quale è ancora tutt’altra cosa rispetto al modo di alcune tribù. La famiglia così come è intesa dai credenti cristiani ferventi potrà continuare ad esistere per loro e nessuno, sia lodata la libertà, neanche dopo il DDL Cirinnà, avrà modo di impedire che essa venga messa in piedi. Allo stesso modo la maternità surrogata rimarrà in Italia vietata dalla Legge 40/2004 Il fatto reale è che nonostante il Family Day e la legge appena citata, i bambini figli di uno dei due membri che compongono la coppia omosessuale esistono già. Ci sono. E continueranno ad esserci anche se il Disegno di Legge qui brevemente e parzialmente analizzato verrà respinto o modificato. L’articolo 5 va a tutelare una condizione già esistente. Una condizione che c’è nonostante gli impedimenti o gli ostacoli vigenti; stepchild adoption o meno questo modello di famiglia è già fra noi, non è una legge, lo Stato ad introdurlo, ma esiste per effetto dell’azione umana, della libera scelta. Una scelta che può risultare sgradevole, come molti cambiamenti, ma contro cui l’alternativa è accettare che quei figli vengano strappati arbitrariamente dalla persona che li ha allevati e destinati in orfanotrofi o nuove famiglie. Oggi abbiamo tanti figli di genitori divorziati e/o single, e nemmeno gay come invece, ai tempi dell’istituzione del divorzio, si credeva, anche in ambito scientifico, avrebbe potuto verificarsi.
In queste riflessioni, con qualche dubbio, mi ritrovo a favore della Cirinnà.
Ultima considerazione, di colore: credente o meno, ogni liberale avrebbe solo dovuto provare sdegno per l’utilizzo del Palazzo della Regione Lombardia a mo’ di manifesto pubblicitario. Quella è stata la massima rappresentazione della rozzezza del dibattito politico.
Di Lukas Dvorak