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Esteri

Cosa è successo ieri in Catalogna

Ieri si è svolto il (non) referendum di autodeterminazione catalano, di cui abbiamo già parlato qui. La giornata è stata caratterizzata da lunghe file ai seggi e da scontri tra i votanti e la polizia.

Si è assistito ad immagini oggettivamente brutte, che non si vorrebbero mai commentare. Ma cerchiamo di ripercorrere cronologicamente i fatti.

I Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, aveva ricevuto l’ordine da una giudice del Tribunale Superiore di Giustizia di Catalunya di chiudere i punti di votazione entro le 6 di domenica mattina, compito che non hanno svolto se non in rare eccezioni (qui). Alcuni dei centri erano effettivamente occupati (il 15% del totale) dal venerdì sera e si era deciso di non chiuderli per non causare disordini. Ma gli altri erano vuoti.

Polizia e Guardia Civil si sono così trovate alle 8 di mattina, orario di entrata in servizio, con la quasi totalità dei centri aperti e l’ordine tassativo di dover requisire il materiale elettorale. Nella maggioranza dei casi si sono trovati davanti porte dei seggi sbarrate e resistenze più o meno pacifiche di chi li presiedeva. La maggior parte degli scontri ci sono stati in mattinata, nel pomeriggio sicuramente sono arrivati ordini che invitavano alla calma. Il bilancio è di circa 900 feriti tra i civili (2 gravi, non rischiano la vita fortunatamente) e circa 400 tra le forze dell’ordine (segno di una resistenza non proprio pacifica – qui un esempio).

Ma era necessario arrivare a tanto? Assolutamente no, per i seguenti motivi

  • il referendum illegale era già stato neutralizzato nella giornata di sabato dopo la requisizione del sistema informatico usato dal governo catalano per il censo (qui)
  • un membro del governo catalano aveva infatti dichiarato alle 8 di ieri mattina (poco prima dell’apertura dei seggi) che, non essendo disponibile il censo, ci sarebbe stato un censo universale e chiunque ne avesse avuto diritto avrebbe potuto votare in qualsiasi seggio (qui)
  • già di prima mattina giravano video dove si vedevano urne da collocare già piene di schede elettorali, bambini votare (qui), schede stampate in casa, urne nel centro di una piazza con persone che introducevano la loro scheda (qui). Una giornalista della televisione “La Sexta” ha votato 2 volte in 2 centri diversi (qui), un giornalista di Madrid nato a Madrid e residente a Madrid ha votato, un attivista contro il referendum ha addirittura votato 4 volte (qui). Altri hanno votato senza documenti, solo dando il proprio nome.

Il referendum si era ormai trasformato nell’ennesima manifestazione indipendentista, di certo non in una votazione seria. Ma Rajoy ha dimostrato ancora una volta la sua incapacità di leggere la situazione e non ha fermato immediatamente le forze dell’ordine, trasformando così una farsa in una quasi tragedia.

I politici indipendentisti non aspettavano altro: poter gridare alla repressione, alla mancanza di libertà. Ed è difficile dare loro torto visto quello che è successo. Sono però responsabili quanto Rajoy dell’accaduto: da codardi ed opportunisti quali sono, si sono nascosti ancora una volta dietro a persone che credono legittimamente in un ideale ben consci di come sarebbe finita, ed hanno poi assistito allo spettacolo comodamente seduti nel loro ufficio, davanti alla loro televisione da 50 pollici.

Gli stessi politici non si fecero problemi nel 2011 a far reprimere con una violenza ben superiore a quella di ieri una manifestazione di giovani assolutamente pacifica che si svolse in Plaza Catalunya (qui). Il giorno dopo il Barça doveva festeggiare un titolo, ragione più che valida, no? Al governo c’era Artur Mas, l’uomo che oggi suggerisce a Puidgemont ogni mossa.

A fine serata tutti i partiti nazionali hanno criticato l’operato del governo, ma sia PSOE che Ciudadanos hanno ribadito che, nonostante tutto, bisogna continuare a sostenere la Costituzione.

Nel discorso del presidente Puidgemont, fatto in tarda serata, sembra implicita la dichiarazione di indipendenza nei prossimi giorni, come scritto nella legge di transitorietà (sospesa dalla Corte Costituzionale).

Vedremo cosa succederà.

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