Nell’ultimo conflitto a Gaza tra Israele e Hamas sono emerse molteplici dinamiche. Alcune sono inedite, altre già viste. Tra queste ultime ci sono le proteste dei filo-palestinesi occidentali, con le loro tante contraddizioni. Dicono di essere contro la guerra, contro le uccisioni dei civili, di sostenere il popolo palestinese senza simpatizzare per i terroristi di Hamas e che semplicemente criticano Israele. Tuttavia le loro azioni, in modo più o meno consapevole, smentiscono tutti gli intenti sopra indicati.
Le uniche manifestazioni in favore della pace sono state quelle organizzate dalla ONG Standing Together a cui hanno partecipato sia ebrei che arabi. Se i filo-palestinesi scesi in piazza fossero contro la guerra avrebbero chiesto semplicemente il cessate il fuoco o la soluzione a due Stati. O avrebbero criticato il lancio di razzi di Hamas contro Gerusalemme che ha dato il via alle ostilità. Niente di tutto ciò si è visto durante le loro manifestazioni. Nessuna bandiera della pace, solo bandiere israeliane bruciate. Sono contro Israele, non per la pace.
Non possono nemmeno dirsi solidali nei confronti dei civili morti. Se davvero lo fossero, avrebbero mostrato la loro vicinanza anche ai dodici cittadini israeliani uccisi. Buona parte dei razzi lanciati da Hamas sono caduti dentro la Striscia, in alcuni casi uccidendo civili. Ma in nessuna piazza pro Palestina i militanti di Hamas son stati accusati di aver causato la morte di innocenti. Se una persona non critica Hamas per aver colpito i suoi stessi civili e per aver lanciato oltre 4 mila razzi esclusivamente contro obiettivi civili israeliani, significa che non gli interessa la vita dei cittadini israeliani e che quella dei palestinesi conta solamente se è stroncata da un raid israeliano. Giustifica, anche se in modo implicito, Hamas per distruggere Israele. Quindi vuole la guerra.
Anche se dicono di essere scesi in piazza per i diritti del popolo palestinese e non per sostenere i terroristi palestinesi, le loro azioni smentiscono le loro parole. Dicono di essere per la Palestina in quanto fautori dei diritti umani. Ma i diritti umani a Gaza sono ogni giorno violati da Hamas, eppure non si sono mai scomodati per manifestare. Nelle piazze non si criticava il governo di Hamas nella Striscia. Non ci si lamentava del fatto che, mentre il popolo palestinese vive in misera, i leader di Hamas abbiano la residenza in mega ville (o meglio ce l’avevano, dato che quelle ville son state distrutte con raid israeliani mirati). Hamas dispone di un arsenale molto ampio e di una rete di tunnel – la cosiddetta metro di Gaza, per la maggior parte distrutta durante l’operazione militare israeliana – dentro cui i terroristi si muovevano, invece i civili a Gaza a malapena hanno l’acqua. Nessun manifestante per la Palestina ha mai gridato “Free Palestine from Hamas”, slogan che si può vedere solo nelle manifestazioni filo-israeliane. I filo-palestinesi sono invece soliti urlare un altro slogan, ben più violento e guerrafondaio. Vogliono la “Palestina libera dal Giordano al mare”, quindi la distruzione di Israele e dei suoi cittadini. Ma mettiamo pure che Hamas distrugga Israele, nonostante la potenza militare e nucleare di quest’ultimo. In quel caso la Palestina sarebbe libera? Un governo degli islamisti di Hamas, legato doppio filo con Qatar, Turchia ed Iran, garantirebbe i diritti dei palestinesi? I filo-palestinesi nostrani non sono quindi per i palestinesi. Sono più per Hamas e per la guerra.
Per loro Israele è il simbolo dell’imperialismo occidentale. Fanno il classico ragionamento di chi non conosce: applicano le proprie categorie mentali a contesti diversi. Il miglior modo per andare fuori strada. Criticano le politiche coloniali di Israele. Ma quali sono queste politiche? L’ultimo scontro a Gaza è stato iniziato da Hamas. Israele era obbligato a rispondere. L’arsenale di Hamas e della Jihad islamica, che in questi anni si era rafforzato, andava distrutto o per lo meno ridotto. Tra l’altro i critici delle politiche israeliane dimenticano che furono gli stessi israeliani a ritirarsi unilateralmente da Gaza nel 2005, mandando il proprio esercito per obbligare i coloni israeliani ad abbandonare quella terra. Poi nel 2007 Hamas prese il potere nella Striscia.
Gli anti-israeliani poi accusano Israele di crimini di guerra dato che ogni volta che c’è un’operazione militare muoiono sempre più civili palestinesi che israeliani (come se fosse una partita a pallone). Si scordano che quando i curdi, con gli americani, hanno ripreso Mosul, all’epoca controllata dall‘ISIS, sono morti 10 mila civili. Se applicassimo la logica che i pro-palestinesi usano nel conflitto tra Israele e Hamas allo scontro militare tra curdi e americani contro l’ISIS, dovremmo sostenere i terroristi del Califfato in quanto peggio equipaggiati e i curdi dovrebbero essere considerati dei criminali a livello di Pol Pot. Tra l’altro sulla questione si deve ricordare che le forze armate israeliane sono forse le più attente a minimizzare le vittime civili e che Hamas è solita usare scudi umani. Ma per diversi filo-palestinesi tutto ciò è semplicemente propaganda filo-sionista, però le stesse persone prendono per verità divina tutto ciò che viene detto dai ministeri di Gaza controllati da Hamas.
Certamente Israele occupa la Cisgiordania, ma chi accusa Israele forse non sa che le guerre furono iniziate dagli arabi. Non dicono, o non sanno, che fino al 67 i territori reclamati dai palestinesi sono stati occupati da Giordania ed Egitto e che nessuno Stato palestinese fu mai proposto in quel periodo, anche perché fino agli anni ’60 l’identità palestinese nemmeno esisteva. Ci si dimentica che Israele occupa quei territori dopo aver vinto una guerra che gli fu stata mossa contro, come ricorda una frase di Golda Meir. In queste circostanze nessuno restituirebbe con nonchalance le terre da cui ha subito l’attacco. Il confine tra difesa e attacco è sfumato in politica estera. Anche la Germania ha perso la sua parte orientale dopo la guerra, eppure nessuno sostiene che gli Stati che sono ora nell’ex Prussia siano illegittimi (uno di questi è la Russia con un’enclave sul Baltico). Le politiche di occupazione messe in campo da Israele sono sicuramente discutibili. Ma le scene viste a Gerusalemme est o nella West Bank non sono certo più controverse della decisione del Governo spagnolo di mandare l’esercito a Ceuta e Melilla contro i migranti o dell’atteggiamento della polizia francese nelle banlieues. Eppure nessuno accusa la Spagna o la Francia di apartheid negandone il diritto di esistere. Poi, se i palestinesi per andare in territorio israeliano devono passare per i check-points, gli israeliani in molte città palestinesi non possono neppure metterci piede. Israele è inoltre anche l’unico Stato dove gli arabi possono votare liberamente e andare al governo, a differenza di Gaza. Non è un caso se le popolazioni che più vogliono l’autodeterminazione nel medio oriente, cioè curdi (pur se nella loro enorme eterogeneità) e yazidi, si sentano legati emotivamente ad Israele. La premio nobel per la pace Nadia Murad, che fu schiava del sesso sotto l’ISIS, ha parlato dello Stato ebraico come “un esempio per il suo popolo”. La sua voce vale più di tutti i filo-palestinesi nostrani messi assieme.
Finché ci sarà chi grida alla Palestina libera fino al mare e Hamas lancerà razzi, Israele dovrà prendere le proprie contromisure. Gli europei che delegittimano Israele chiedono una guerra. Pieni di odio e di estremismo chiedono una violenza che non ricadrebbe su di loro, ma solo su chi vive in quei territori. Il paradosso dei paradossi: i filo-palestinesi che dicono di essere contro “l’arroganza dell’Occidente” sono in realtà gli occidentali più arroganti di tutti.
Per il resto la vera novità del conflitto, nonché anche l’aspetto più preoccupante per l’establishment politico e strategico israeliano, è stata l’esplosione di violenze in alcune città israeliane, che testimoniano il malessere provato da una parte della comunità araba-israeliana. Non è facile per loro sentirsi compresi nello “Stato degli ebrei”, pur se dotati degli stessi diritti e rappresentanti da diversi partiti politici. Riuscire ad integrare anche loro, come sono stati integrati tanti altri arabi, deve essere una delle priorità dello Stato di Israele. Sarebbe un risultato ben più rilevante della distruzione dei tunnel di Gaza avvenuta durante il conflitto.
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Ottimo articolo!