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EsteriFinestra sull'Europa

Con Bruxelles l’Europa inerte coglie gli amari frutti della sua assenza

chanson-de-geste1Tra i vari commentatori ed opinionisti di professione chiamati a dire la loro sulle stragi di Bruxelles quasi nessuno è riuscito a cogliere il simbolismo rappresentato dal luogo colpito, la capitale d’Europa e delle sue istituzioni, e le vicende storiche che nel millennio scorso hanno contrapposto i fronti cristiani e islamici.

Se a Roncisvalle le cose fossero andate diversamente, ricordava Indro Montanelli, l’Europa sarebbe musulmana e oggi da Parigi a Palermo parleremmo arabo. Ugualmente, otto secoli dopo, il fallimento dell’assedio ottomano di Vienna, la più importante capitale d’Europa a quel tempo, scongiurò per sempre la conquista della Roma papista, reale obiettivo dei turchi sin dalla presa di Costantinopoli da parte di Maometto II. Era proprio da quel 1543 che una città simbolo della potenza occidentale non veniva colpita, in modo cosí clamoroso, proprio dentro le proprie mura e così vicino alle sedi delle istituzioni più importanti.

Dalle immagini di propaganda diffuse in questi ultimi anni dall’Isis abbiamo potuto notare quanto il livello culturale di questa organizzazione sia decisamente alto: dal richiamo fascinoso al califfato abbasside alla costante evocazione di una rivincita (o meglio, di nuova sconfitta crociata) fino al sogno proibito tardomedievale della cacciata del Papa. Non siamo di fronte a un disegno stragistico casuale ma, al contrario, a un percorso altamente consapevole dei valori e dei simboli occidentali.

La disamina storica non inganni: non è Cristo o la religione che i terroristi vogliono minare ma Voltaire e i nostri più laici valori di libertà, religiosa e di costume. L’aver colpito due nazioni storicamente tolleranti, con istituzioni tutt’altro che impregnate di valori confessionali, la dice lunga sul reale obiettivo dello Stato islamico e dei lupi solitari che a esso fanno riferimento. Ciò che emerge con grande limpidezza è l’assoluta inerzia e rassegnazione dell’Europa. L’aver subito obtorto collo la rimozione dei satrapi panarabi che, pur comprimendo i diritti di libertà dei loro popoli, garantivano all’occidente più sicurezza (e affari economici) ha gettato nel caos qualsiasi via di uscita.

Questa è l’Europa chiamata oggi a fare i conti con il suo futuro: l’aver assistito per anni alle vicende politiche del proprio giardino stando comodamente appoggiati al davanzale di casa è un errore che comincia a pagare molto caro. La solita reazione di bandierine colorate, avatar personalizzati non servirà di certo a fermare questa emorragia di autorevolezza e coraggio. Nulla fa presagire una risposta seria, immediata e definitivamente politica da parte di questa Europa malaticcia e dimentica della sua storia. La realpolitik è morta. Viva la realpolitik.

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