Alla fine è successo l’inevitabile, Ignazio Marino ha presentato le sue dimissioni. Certo con la riserva di ritirarle nei prossimi venti giorni, ma ormai i giochi sembrano fatti.
Scivolone dopo scivolone, l’ormai ex Sindaco ha pregiudicato la sua reputazione in maniera sempre più critica. Una città che stando a chi la vive sembrava in balia di se stessa, un atteggiamento un po’ spocchioso nei confronti dei cittadini, le ambiguità sul vicesindaco Neri e molti altri membri della giunta nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, il brutto affare del viaggio a Philadelphia, le incomprensioni con il Papa e poi le note spese, i vini pregiati, le fantomatiche cene con la moglie a carico del Comune e fine della storia. Addio Ignazio Marino.
Eppure non posso fare a meno di pensare che quanto è appena successo all’ex Sindaco di Roma sia semplicemente uno sbaglio. Di come l’immagine quasi fantozziana che i media ci hanno fornito in queste ultime settimane sia quantomeno esagerata. Di come, insomma, la sua condotta non fosse sufficientemente grave da giustificare una fine del genere, anzi. Detta in altre parole, da persona di centrodestra, liberale, tendenzialmente allergico ad una certa sinistra rappresentata senz’altro dalla giunta Marino, non posso che rimanere significatamene amareggiato da quanto successo. La mia sensazione è che la Capitale, paradossalmente, abbia perso uno dei migliori sindaci degli ultimi 20 anni. Esagero? Vediamo un po’ perché.
La storia di Ignazio Marino sindaco di Roma comincia dopo il ballottaggio del 9 e 10 giugno 2013 contro il sindaco uscente Gianni Alemanno. Ottenne la benedizione del 63.7% dei romani, inequivocabile segnale della volontà di voltare pagina dopo la deludente parentesi di centrodestra.
Fin da subito il chirurgo genovese manifestò l’intenzione di dare una scossa significativa alla città. Gli impegni assunti contro gli sprechi e a favore della trasparenza sono innumerevoli. A febbraio del 2014 si tagliò lo stipendio del 10%, un gesto simbolico, certo, ma non dovuto e sicuramente degno di lode. Celebre ormai la crociata contro le inefficienze di Ama e dell’Atac; ai macchinisti, contro ritardi e assenteismo, impose l’obbligo di timbrare il badge. Gliela fecero pagare, nei giorni seguenti i disservizi, ben peggiori di quelli normalmente rilevabili nel funzionamento della metro capitolina, avevano raggiunto un livello insostenibile a causa dell’ostruzionismo di molti dipendenti. Successivamente dichiarò guerra all’assenteismo spaventoso (media del 18 e passa percento) dell’Ama, la municipalizzata incaricata del raccoglimento e dello smaltimento dei rifiuti. Si scagliò anche contro il c.d. salario accessorio, diritto di ogni dipendente comunale e privo di giustificazione alcuna.
Poi la lotta contro le dilapidazioni di denaro pubblico da parte delle partecipate. Si parte con lo stop alle assunzioni. A Marzo dello scorso anno la proposta shock di piena mobilità per i dipendenti tra una municipalizzata e l’altra al fine di coprire eventuali buchi di personale senza aggravare i costi. La richiesta di maggiore trasparenza all’Acea, responsabile di acqua, energia e ambiente nel comune, colpita dallo scandalo di numerose bollette anomale eccedenti gli effettivi consumi delle famiglie romane, a cui si aggiungeva una certa difficoltà da parte degli utenti a contattare il call center della società. E ancora, l’intenzione di vendere decine di municipalizzate e di beni immobiliari del demanio pubblico al fine di risanare le casse comunali.
Tante le piccole-grandi rivoluzioni. A partire dalla discarica Malagrotta, oggetto addirittura di una procedura d’infrazione da parte della Commissione. Le modalità di stoccaggio dei rifiuti non erano infatti adeguate, in barba alla salute dei cittadini. Eppure dovette intervenire proprio il nostro Marino per porre fine alla questione, si vede che ai precedenti sindaci interessava poco nulla o che banalmente questi non avessero il minimo interesse a pestare i piedi ai numerosi potentati che avevano interessi sulla gestione della discarica. Quindi lo storico scacco matto ai Tredicine, in città signori indiscussi da generazioni del truck food per turisti e in grado di spostare decine di migliaia di voti. I loro camioncini ormai eliminati definitivamente dal centro non possono più deturpare la bellezza dei monumenti romani. Ed è uno scherzo mica da poco. Umberto Croppi, ex assessore alla cultura della giunta Alemanno, riferendosi a Giordano Tredicine, all’epoca esponente Pdl – indagato nell’ambito di Mafia Capitale – li descrive così nel suo “Romanzo Comunale”: “A Roma la sua famiglia la conoscono tutti. Suo nonno era un caldarrostaro, e a poco a poco è riuscito a prendere il controllo di tutti gli ambulanti della città. (…) basta guardarsi intorno. Oggi la famiglia Tredicine controlla le giostre, lo smercio di caldarroste (…) Insomma, molto di ciò che si vede sulle strade di Roma è proprietà diretta o indiretta dei Tredicine, che per lo più utilizzano personale immigrato”.
Tante premesse ambiziose dunque, molte aspettative, alcune portate a termine altre troncate per sempre dalle dimissioni premature. Alla fine di questa storia travagliata possiamo comunque tirare le somme su molte cose e il dato rivoluzionario che emerge è il seguente: Ignazio Marino è il primo sindaco in assoluto a non aumentare il debito del Comune ma a diminuirlo. Si parla di una diminuzione in media di 13 mila euro per giorno. Un risultato incredibile che inverte la tendenze delle precedenti amministrazioni Veltroni e Alemanno, che invece il debito lo avevano aumentato e anche di parecchio. Altro che sprechi, altro che rimborsi pazzi, qua siamo davanti ad un risultato epocale, affatto scontato e per nulla di facile attuazione. Solo questo dato meriterebbe la prima pagina sui principali quotidiani nazionali, eppure non è così. Si vede che un paio di bottiglie di vino da 50 euro, agli occhi dell’opinione pubblica italiana, meritino più considerazione. Che poi la questione parrebbe pure da ridimensionare parecchio, stando agli ultimi passi indietro de la Repubblica e de Il Fatto Quotidiano, fino a pochi giorni fa in prima linea nel chiedere le dimissioni di Marino. Ma ormai il danno è fatto e chi se ne frega.
Brinda dunque chi voleva speculare sopra il Giubileo ed ora può farlo, brindano i dipendenti comunali che finalmente possono tirare un sospiro, la brutta faccenda del dover lavorare seriamente è ormai acqua passata, brindano i membri dei Cda delle partecipate che possono senza indugi tornare a mangiare indisturbati con i nostri soldi e brindano infine Meloni e grillini che possono preparare il loro assedio al Monte Capitolino. Infine i romani il populismo cialtrone un po’ se lo meriterebbero pure, quindi va benissimo così.