Nel silenzio un po’ totale dei media italiani (si sa che queste notizie poco piacciano agli “anti-tutto” di casa nostra), ieri, martedì 19 Aprile, dopo quasi 15 lunghissimi anni, l’Argentina è tornata a emettere titoli di stato sul mercato obbligazionario internazionale e lo ha fatto in grande stile.
Nonostante il governo argentino abbia deciso di limitare la propria raccolta a “soli” $16,5 miliardi, la notizia aveva già fatto brillare gli occhi agli investitori, i quali, nella giornata di Lunedì 18 Aprile, hanno “racimolato” ordini per circa $68 miliardi. Viste le cifre, si tratta della più grande raccolta di titoli di stato mai effettuata da un paese emergente.
Inoltre, secondo quanto emerge dalla vendita di ieri, l’Argentina ha messo sul piatto titoli di stato a scadenza di 3, 5, 10 e 30 anni, con un rendimento migliore rispetto alle aspettative. Il rendimento dei titoli di stato con maturazione decennale (il pezzo forte dell’offerta, pari a oltre $7 miliardi) ha fatto registrare un 7.5% a fine giornata, migliore dell’ 8% previsto inizialmente dagli analisti. I titoli di stato di durata triennale hanno fatto un registrare un rendimento pari al 6,25%, i titoli a 5 anni hanno un rendimenti del 6,875%, mentre quelli di durata trentennale, un rendimento dell’8%.
Il rapporto tra l’Argentina e i creditori che non avevano partecipato alle precedenti “offerte di scambio” del 2005 e del 2010 (creditori che, d’ora in avanti, chiameremo con il loro termine tecnico “Holdout creditors”) è notevolmente cambiato in seguito all’elezione di Mauricio Macri a fine Novembre 2015.
Grazie ai progressi avvenuti in questi ultimi 4 mesi e all’approvazione da parte del Parlamento Argentino di abrogare le leggi (approvate nel 2005) che bloccavano qualsiasi tipo di pagamento agli Holdout creditors, mercoledì 13 aprile, la Corte d’Appello del Secondo Circuito degli Stati Uniti aveva de facto spianato la strada per il ritorno dell’Argentina sui mercati finanziari.
Come riportato quello stesso giorno [13 Aprile] dal ministro delle finanze, Alfonso Prat-Gay, e dall’entourage economico del Governo Macri, “dopo oltre 14 anni, l’Argentina è ora ufficialmente pronta ad emettere titoli di stato sul mercato internazionale per raccogliere circa 15 miliardi di dollari che serviranno a ripagare i circa $10.5 miliardi dovuti ai creditori rimanenti”.
Anche se, a causa di un tasso di inflazione che si sta avvicinando al 40% , il Governo Macri sta faticando a ravvivare un’economia afflitta da 12 anni di Peronismo “Kirchneriano”, il ritorno dell’Argentina sui mercati obbligazionari internazionali è da considerarsi una vittoria storica, mentre le mosse economiche del team di Macri sembrano – per il momento – piacere agli investitori e rassicurare i mercati.
Come spiegato da Thomas Griesa, giudice del Distretto Sud di New York della Corte Federale Statunitense che ha presieduto tutte le negoziazioni legali tra l’Argentina e gli Holdout Creditors, “la vittoria elettorale di Macri ha cambiato completamente le carte in tavola”.
Vista quindi l’importanza dell’intera vicenda nella letteratura economica, nei prossimi due articoli (che pubblicheremo nei prossimi giorni) ripercorreremo in modo dettagliato la storia del default argentino del 2001 e la successiva ristrutturazione del debito sovrano, a partire dalle drammatiche giornate della famosa “Grande Depressione Argentina” del 1998-2002.
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Errare humanum est, perseve rare autem diabolicum