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Politica interna

Fenomenologia di Salvini, il nuovo leader della destra

Nota al lettore. L’articolo è diviso in due parti. Nella prima mi propongo di fare un’analisi politologica della Lega Nord di Salvini, soffermandomi poi in particolare sul programma elettorale.

La seconda verte sui rapporti di forza all’interno del centrodestra, le prospettive della Lega, i possibili scenari.

 

È passato poco più di un anno da quando Salvini ha conquistato la leadership della Lega Nord. Allora, come ha ricordato Marco Damilano su l’Espresso, l’evento fu ignorato da tutti i principali mezzi d’informazione perché avveniva in concomitanza con la vittoria schiacciante di Renzi alle primarie.

Salvini diventava segretario di un partito travolto dal conclamato fallimento dell’esperienza al governo con Berlusconi e dalle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto Umberto Bossi, i suoi famigliari, la ristretta cerchia di collaboratori, Il tesoriere del partito, con le sue spericolate operazioni finanziarie.

Sembrava un impresa impossibile riuscire a risollevare un partito in quelle condizioni; invece in breve tempo Salvini è riuscito quasi a raddoppiare i voti relativi rispetto alle ultime elezioni nazionali (europee di Maggio) e a imporsi all’attenzione mediatica come il nuovo leader della destra italiana post-berlusconiana.

Impensabile appena un anno prima.

I motivi di questo successo sono diversi.

Innanzitutto, Salvini ha intrapreso una campagna mediatica incessante, occupando sistematicamente ogni spazio televisivo disponibile, rilasciando interviste a raffica a giornali, radio, settimanali, utilizzando in modo massiccio ed efficace i social network per veicolare il proprio messaggio. Un attivismo frenetico anche sul territorio, durante la campagna elettorale per le regionali in Emilia e Calabria.

La sua efficacia comunicativa è evidente: usa un linguaggio semplice, diretto, dice cose di senso comune, anche se in modo rozzo e spesso provocatorio (perché allergico al politicamente corretto).

La Lega sotto la sua leadership ha subito una svolta radicale, abbandonando i temi fondanti – la questione settentrionale, il federalismo, la secessione, l’identità territoriale -, per puntare a una decisa rielaborazione ideologica, quasi una metamorfosi antropologica: da partito localistico-territoriale a nazionalista, di estrema destra, dai tratti populisti. Accentuando i caratteri xenofobi e anti-europeisti già presenti, in forme più limitate, nella Lega di Bossi.

Sul piano degli interessi sociali, rappresenta i ceti produttivi (artigiani, autonomi, piccola imprenditoria), i pensionati e quelli popolari, più colpiti dalla crisi e abbandonati dalla sinistra tradizionale.

Come ormai tutti i partiti politici in Italia, anche la Lega di Salvini è un partito fortemente personalistico, improntato e modellato sulla figura del leader, che gode di un potere quasi assoluto nella gestione del partito.

Lo potremmo definire un partito populista di massa, di destra radicale e anti-sistema (in questo assimilabile a quello di Grillo).

In politica estera è alleato dei partiti della destra radicale europea (Wilders, Wilimski ecc), e in particolare del Front National di Marine Le Pen – anche lei ha realizzato una profonda revisione ideologica del partito neofascista ereditato dal padre -, e vicino a Vladimir Putin, dal quale spera in cambio di essere foraggiato. Durante la crisi Ucraina è stato uno dei più strenui oppositori delle sanzioni economiche decise dall’ Unione sotto la spinta tedesca; Putin invece tenta, attraverso di loro, di indebolire l’Europa.

I temi portanti della nuova Lega sono: l’abbandono dell’Euro, la flat tax, la critica all’immigrazione incontrollata.

In passato il riferimento intellettuale di Salvini era Luca Ricolfi, oggi gli ideologi del nuovo corso sono, per il programma economico Alberto Bagnai e Claudio Borghi, nominato responsabile economico della Lega (tra i due il primo è sicuramente il più autorevole e competente), Marcello Veneziani e Pietrangelo Buttafuoco, entrambi nostalgici della destra missina, Fontana per quanto riguarda le politiche sull’immigrazione.

Se un tempo il bersaglio della propaganda leghista era “Roma ladrona”, oggi il nemico è diventato “Bruxelles, l’austerità imposta da Berlino, la moneta unica che penalizza le esportazioni”, l’obbiettivo è il ripristino della sovranità politica ed economica dell’Italia.

Salvini propone un po’ utopisticamente di smantellare l’Unione Europea come entità sovrastatuale, con le sue istituzioni tecnocratiche, e rifondandarla su nuove basi. Non è chiaro come ciò possa avvenire, e contrasta (almeno in apparenza) con la scelta di fare per due volte il parlamentare europeo (peraltro con un impegno alquanto scarso: ha partecipato finora solo al 15,85% delle sessioni di voto della nuova legislatura, tra gli ultimi in classifica per presenza).

Anche l’abbandono della moneta unica – e il ritorno alla Lira – è un’opzione politica difficilmente praticabile e dagli esiti quasi certamente nefasti. Secondo Nicola Rossi, dell’Istituto Bruno Leoni, “sarebbe una catastrofe. Energia più cara del 50%, tassi di interesse doppi, risparmi in fumo”.

La stragrande maggioranza degli economisti è della stessa opinione (vedasi in proposito le analisi de Lavoce.info).

Sul tema ha cambiato idea rispetto al passato, quando propugnava la sostenibilità della moneta unica per il nord Italia.

Non è chiaro se sia una mossa tattica legata alle elezioni europee oppure sia un progetto di più largo respiro (l’idea di svalutazioni competitive attrae ancora una piccola parte degli imprenditori italiani).

La proposta di un’aliquota unica sui redditi (flat tax) è diventato il cavallo di battaglia della proposta politica di Salvini, allettante in un paese oppresso da una pressione fiscale insostenibile (che secondo i calcoli della Banca d’Italia, si attesta tra il 43 e il 44% del pil).

Berlusconi la propone al 20%; Salvini è passato dal 20 al 15%.

La flat tax ha il pregio di semplificare il sistema fiscale e dovrebbe portare, perlomeno nelle intenzioni dei proponenti, ad un aumento del gettito fiscale (e quindi ad una contestuale diminuzione dell’evasione fiscale).

È però impossibile stabilire con certezza se un livello di tassazione più contenuto favorisca l’emersione di capitali nascosti.

In secondo luogo la flat tax è una misura fortemente iniqua: penalizzarebbe il ceto medio rispetto all’attuale sistema di aliquote.

Si pensa di ovviare alla sua incostituzionalità – l’articolo 53 della costituzione prevede la progressività delle imposte – stabilendo un sistema complesso di deduzioni (di 3000 euro pro capite).

Secondo i calcoli di Francesco Daveri su lavoce.info, sarebbero esclusi 32,5 milioni di persone, portando ad un ammanco nei conti pubblici di 40 miliardi.

Sull’immigrazione incontrollata, tema misconosciuto dalla sinistra e tra i più sentiti invece dall’opinione pubblica (quasi trasversalmente), Salvini, pur utilizzando toni razzisti e sopra le righe, si dimostra in sintonia con l’opinione prevalente dei cittadini italiani.

Ciò che è assente nella narrazione di Salvini è una proposta politica praticabile, che, nel rispetto del diritto internazionale, limiti i flussi migratori (mettere delle quote? Sospendere o abolire il trattato di Schengen, come ha ventilato in qualche occasione? Rivedere il regolamento di Dublino? Sospendere l’operazione umanitaria Triton, che sostituisce “mare nostrum”, e che ha portato in Italia finora 8000 immigrati al giorno?).

L’impressione è che, con un atteggiamento molto spregiudicato, speculi su un fenomeno dal forte impatto sociale solo per racimolare consensi.

Paradigmatico in questo senso la visita ad un campo Rom bolognese, che ha provocato l’aggressione dei facinorosi dei centri sociali.

O la ferma condanna del fenomeno sempre più diffuso delle occupazioni abusive delle case popolari, per cavalcare strumentalmente la rabbia e l’esasperazione di chi vive nelle periferie più degradate.

Come ha scritto Tito Boeri, non risulta che Salvini abbia fatto alcunché “quando era consigliere comunale a Milano o da segretario della Lega per spingere le maggioranze di cui faceva parte ad ampliare l’offerta di alloggi popolari e a ristrutturare quelle esistenti”.

Tra le varie altre proposte della nuova Lega guidata da Salvini è c’è poi l’abolizione della riforma Fornero sulle pensioni (che, esodati a parte, è la migliore riforma realizzata dal governo Monti).

Il quesito, sostenuto anche dalla CGIL, ha raggiunto le 500.000 firme necessarie e toccherà ora alla Corte Costituzionale pronunciarsi sulla sua ammissibilità.

Tuttavia Salvini dovrebbe chiarire dove reperire gli 80 miliardi in meno da qui al 2020 che comporterebbe l’abrogazione del metodo contributivo esteso a tutti.

Si tratta di una proposta sconsiderata e demagogica, che, se il referendum dovesse passare, condurrebbe l’Italia al definitivo tracollo finanziario.

***

1- (continua)

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