Egregio Signor Presidente del Consiglio,
ho deciso di scriverLe una lettera pubblica per la grande stima che nutro nei Suoi confronti, sperando di portare alla Sua attenzione un tema a cui pochi sembrano veramente interessati: il modo in cui noi giovani abbiamo vissuto questo anno di pandemia.
L’atteggiamento della politica e di gran parte dell’opinione pubblica nei confronti dei giovani è stato, a mio avviso, poco rispettoso. Sono perfettamente consapevole della gravità della situazione, non è mia intenzione sminuire ciò che sta accadendo. Pur vivendo a Roma, sono originario della provincia di Bergamo, dove vivono gran parte dei miei affetti. Ricordo il dramma della scorsa primavera e non mancherò mai di rispetto ai morti. Allo stesso tempo, però, vorrei sottolineare come e perché la pandemia abbia colpito anche i giovani, visto che questa consapevolezza non è minimamente diffusa nella popolazione.
Tanti giovani hanno perso dei cari in questo anno. Molti non hanno potuto dare loro l’ultimo saluto. Tanti di noi hanno dovuto privarsi della presenza dei nonni e dei parenti anziani. Tanti di noi hanno limitato al minimo i contatti, sottoponendosi ripetutamente ai tamponi prima di vederli. Troppi di noi hanno paura di abbracciarli, financo di salutarli. Troppi di noi, quando li salutano, temono che sia l’ultima volta. Non posso che comprendere l’apprensione che, nell’ultimo anno, ha portato a cercare di tutelare le loro vite. Desidererei anche, tuttavia, ribadire che i giovani non hanno vissuto il pericolo di morte a cuor leggero, né sono indifferenti ai più di centomila caduti a causa del Covid-19.
In questo anno non si è praticamente mai parlato di Università. Ci è stato solo detto che non avremmo fatto lezione in presenza, siamo stati di fatto ignorati per un anno. Di scuola si è parlato molto e, mi permetto di dire, molto male. Presidente, come creda che si possano sentire degli adolescenti a cui era stato detto che la presenza dei banchi con le rotelle in classe avrebbe garantito la tutela del loro diritto all’istruzione? La soluzione al trasporto pubblico negli orari di apertura delle scuole è stata tenere aperti i finestrini, obbligo di mascherine e riempimento di massimo l’80% della capienza, a meno che il tragitto duri meno di 15 minuti. Come dovremmo sentirci, se non presi in giro?
Scuola e Università sono i luoghi in cui i giovani costruiscono il proprio futuro, ma anche quello in cui socializzano e investono parte del tempo libero. Siamo stati privati di tutto questo. Per quanto riguarda la didattica ci siamo dovuti accontentare di un surrogato a distanza, poco funzionale ed efficace, per quanto concerne il resto il nostro comportamento è stato stigmatizzato. Dopo cinque, sei o sette ore di lezioni online, o di lavoro per chi fosse già occupato, uscire e vivere un minimo la propria vita sociale. Siamo stati additati come untori, colpevoli di diffondere il virus con la movida e gli aperitivi. La maggior parte di noi ha rispettato le regole e cercato di conciliare al meglio le esigenze sociali individuali con le esigenze sociali collettive. Gli errori di pochi hanno effetti sulla vita di tutti, me ne rendo conto. Ma gli errori di pochi non devono colpevolizzare tutta la categoria a cui quei pochi appartengono.
Un tema spesso ricorrente nell’opinione pubblica è che è futile pensare alla vita sociale dei giovani, quando tante persone perdono il lavoro. Nessuno pensa mai che quei nuovi disoccupati, analogamente alle vittime del Covis-19, potrebbero essere genitori, zii o amici dei giovani stessi? Mi chiedo perché nel discorso pubblico questo aspetto manchi. Una mia amica mi ha detto che è possibile che debba chiudere il suo locale per sempre, se dovrà stare ancora chiusa, anche perché le è arrivata una parte esigua dei ristori a cui aveva diritto. Come lei, tanti altri si trovano nella medesima situazione. E Le assicuro, Signor Presidente, che nessuno di noi rimane indifferente alla povertà.
In questo anno quasi tutte le categorie di cittadini hanno ricevuto degli aiuti da parte dello Stato. Ho detto quasi perché i giovani sono stati dimenticati. Non esistono risarcimenti per recuperare l’adolescenza, la vita sociale, come non esistono sussidi che inibiscano i limiti della DAD nell’apprendimento. Non esiste un provvedimento che un governo possa disporre per cancellare lo stigma nei confronti del nostro stile di vita.
Ho molto apprezzato le sue dichiarazioni programmatiche alle Camere sui giovani, dalla politica raramente avevamo sentito delle parole simili e così accorate. Se ci saranno ulteriori restrizioni, le rispetteremo. Anche se continueremo a essere penalizzati e non ristorati per quanto abbiamo perso. Vorrei rivolgerLe però due richieste. La prima è di darci una prospettiva concreta per cui andare avanti, che non sia un’allocazione straordinaria di spesa pubblica, bensì la creazione di condizioni favorevoli per il nostro futuro, già tutt’altro che brillante prima dell’avvento della pandemia. La seconda è di riportare i giovani al centro dell’agenda mediatica, impedendo che le nostre ragioni vengano completamente ignorate o, peggio, travisate dal sistema informativo e dall’opinione pubblica.
La ringrazio per la Sua attenzione, certo che farà il possibile per propugnare le nostre istanze, coerentemente alle sue dichiarazioni programmatiche. Se sarà effettivamente così, il nostro appoggio e la nostra gratitudine non verranno meno: siamo già pronti a metterci in gioco. PorgendoLe i miei saluti, Le auguro un buon lavoro.
Leonardo Accardi