In Italia si ha come la sensazione che il potere giudiziario non solo sia il più affidabile e ‘vicino’ agli interessi del popolo, ma che sia anche una sorta di giudizio divino, una giustizia divina al quale si deve fede incondizionata.
Questo dogma è stato alimentato sin dagli inizi della Seconda Repubblica, quando la politica non fu più capace di rinnovarsi e di riconquistare la sua dignità, finendo subordinata alla magistratura più ideologica.
Le cose non sono andate migliorando negli ultimi anni.
Il populismo grillino e di certa parte della sinistra, infatti, oltre ad aver abdicato al compito di ridare fiducia nella politica ai cittadini, ha dimostrato totale subalternità al potere giudiziario, usando le sentenze di primo grado come gogna mediatica.
Tuttavia una grande parte di responsabilità per questo stato di cose deve essere attribuito anche agli organi di informazione del Belpaese.
Tv e giornali usano spesso due pesi e due misure per dare la notizia di una condanna, non definitiva, o di un’assoluzione con formula piena.
Perché? Presto detto, la sentenza fa notizia, vende qualche copia in più, l’assoluzione dopo anni non importa più a nessuno, in barba all’etica professionale.
La magistratura si è quindi trovata involontariamente al centro di un processo di venerazione senza precedenti, con la classe politica che la inseguiva a correnti alterne.
Non pochi giudici si sono lasciati irretire dalla società dello spettacolo, interferendo più di una volta nella vita politica italiana, ambito che certamente non gli compete.
La domanda allora sorge spontanea, Il sistema giudiziario italiano è davvero così infallibile ?
Neanche per sogno. Forse il più grande giornalista del nostro Paese, Indro Montanelli, riconosceva la corruzione come un male intrinseco degli italiani, che manifesta i sintomi maggiori quando questi raggiungono posizioni di potere, a prescindere dal campo.
Insomma, per quale motivo dovremmo credere che politici, imprenditori e via dicendo siano proni alla corruzione quotidiana e le altre categorie no?
Perché dovremmo credere che l’incompetenza e il menefreghismo delle regole siano una regola della politica e corpi estranei alla magistratura ?
La realtà dei fatti ci mostra una verità alternativa da quella raccontata dal coro del politicamente corretto.
Oltre al recente ed eclatante scambio di cariche scoperto all’interno del CSM, sono più di 1.000 l’anno i risarcimenti dello Stato alle vittime di ingiusta detenzione (riconosciuti solo a un terzo dei richiedenti), senza contare tutte le assoluzioni “con formula piena” che vengono decretate dopo anni di calvari.
Fortunatamente ci sono ancora giornalisti dediti al loro lavoro che si battono quotidianamente per dare voce a chi l’ha persa.
Con un monumentale lavoro di archiviazione i giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone hanno creato il sito Errori Giudiziari nel quale vengono raccolti casi e testimonianze, 777 ad oggi, di persone oggetto di ingiusta detenzione per colpa di indagini e processi svolti palesemente al di fuori della legge.
Nel sito spicca un’intervista all’avvocato Giandomenico Caiazza, ex legale di Enzo Tortora e oggi presidente dell’Unione Camere Penali.
Caiazza spiega che la malagiustizia a volte discende direttamente da lotte di potere interne, che non solo rovinano la vita delle persone ma l’immagine di tutto il sistema giudiziario.
Il populismo come sempre inganna il popolo, facendolo sentire più sicuro con l’esaltazione della intransigenza giudiziaria, anche se in realtà sta sottraendo garanzie.
Nulla è stato fatto in questi anni per introdurre la responsabilità civile dei magistrati, misura evidentemente non in linea con i sondaggi.
“Quando la Giustizia non funziona a rimetterci sono le imprese, i cittadini, le famiglie” ci dice Matteo Mungari, presidente della Associazione Pop Up.
“In Italia ci sono troppi errori giudiziari e troppe ingiustizie che vengono ignorate dalla politica”, aggiunge Mungari.
“Senza considerare l’incalcolabile danno economico che deriva dai tempi davvero inaccettabili della giustizia civile, che costituiscono un gravissimo disincentivo per gli investitori internazionali”.
Il 16 Ottobre Pop Up terrà una conferenza al Tempio di Adriano a Roma, dedicata proprio al tema della Giustizia (il titolo è eloquente, “Fare Giustizia“).
“Siamo per la separazione delle carriere, per abolire la obbligatorietà della azione penale e per laicizzare il CSM”, sintetizza il presidente di Pop Up, che definisce come un vero e proprio obbrobrio la sospensione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio (“farà solo allungare la durata dei processi”).
“Chiediamo rispetto delle garanzie. Nell’interesse di tutti, e quindi anche del potere giudiziario, la politica dovrebbe smetterla di essere supina rispetto alla magistratura”.
Certo, una giustizia “giusta” per essere tale ha bisogno di una magistratura capace e risoluta, che venga lasciata libera da condizionamenti di potere e che sia rispettata nelle sentenze.
Ma oltre ai problemi strutturali, non veniteci a dire, vi prego, che il giudice “can do no wrong”, per utilizzare una formula cara agli inglesi.