“Riceviamo dai dirigenti di +Europa Carmelo Palma e Piercamillo Falasca un approfondimento sulle scelte che dovrebbero essere compiute da chi non si rassegna ad essere governato o amministrato dai “nazional-populisti” (Lega. FdI e FI) e “demo-populisti” (PD, M5S). Volentieri lo pubblichiamo.
Dieci giorni fa abbiamo pubblicato un documento in cui spiegavamo che, per quanto pare a noi, la sfida di Più Europa e delle altre forze politiche che non si rassegnano all’ineluttabilità del bipolarismo nazional-populisti (Lega, Fdi e FI) / demo-populisti (PD, M5S) è quella di costruire una alternativa terza, politicamente e elettoralmente autonoma da entrambi i “poli” in cui oggi si articola la dialettica maggioranza / opposizione.
L’analisi parte dal giudizio sulla sostanziale convergenza del populismo di destra e di quello di sinistra su valori e soprattutto “contro-valori” estranei o contrari a un’idea liberale e moderna dello Stato, dell’economia, della società, della libertà politica e delle relazioni internazionali.
Il fatto che il cambio di Governo (dal Conte I al Conte II) e di maggioranza abbia garantito la piena continuità di tutte le politiche avviate sotto il governo giallo-verde e proseguite sotto il governo giallo-rosso è una prova abbastanza eloquente di questa coincidenza degli opposti.
Nell’approssimarsi del voto regionale e in un tornante della legislatura e della storia italiana decisivo – in cui l’esecutivo si accinge a sprecare una incredibile quantità di miliardi con un’operazione di gigantesco voto di scambio con il “proprio” elettorato potenziale – vale la pena di precisare che cosa riteniamo che Più Europa (e chiunque voglia essere di questa partita) dovrebbe fare.
Innanzitutto, scegliere gli interlocutori: sono tutti quelli che non stanno nella maggioranza giallo-rossa o nell’opposizione “verde-nero-azzurra” e che vogliono invece raccogliersi attorno a un’alternativa riformatrice, liberale e europeista (Azione, in primo luogo, Energie per l’Italia, i gruppi nazionali e locali di ispirazione libdem e, potenzialmente, anche Italia Viva che dichiara di sostenere l’accordo PD-M5S per necessità, e non, diciamo così, per vocazione). Non ha troppo senso porre barriere a questa aggregazione: se si volessero unire anche altri sulla base di una scelta di campo anti-populista non ci sarebbero ragioni di contrarietà pregiudiziale, fatto salvo l’ancoraggio libdem, europeista e riformatore della cosa comune.
In secondo luogo, la scelta elettorale: pensiamo che questa area – per trarre la conseguenza logica dalla propria posizione – debba fare una scelta elettorale unitaria e autonoma, non pregiudizialmente schierata a sostegno dei candidati del centro sinistra usando l’alibi facile che in coalizione non c’è il M5S. Se il M5S non ci sarà è solo perché deciderà di non esserci, non perché il PD in sede locale disprezzerebbe il suo apporto. Peraltro, il rapporto del PD con il M5S è strutturale al di là delle alleanze ed è ormai interiorizzato nell’agenda di governo del PD ovunque – con poche eccezioni – a prescindere dalla presenza in coalizione del M5S. Per essere concreti: nelle sei regioni che andranno al voto, non bisogna considerare scontato ovunque un accordo con il PD, ma bisogna considerare al contrario obbligato schierarsi contro il candidato del centro-sinistra che sia espressione del patto organico col M5S (quindi sicuramente contro Emiliano) e a favore eventualmente di quei soli candidati che ripudino culturalmente e praticamente l’alleanza giallo-rossa.
In terzo luogo il posizionamento: fuori ufficialmente e “costituzionalmente” dall’accrocco “liberal-qualcosa” che il PD immaginerà all’interno o all’esterno delle proprie liste per diluire alle prossime elezioni politiche l’accordo con il M5S, che con la legge elettorale proporzionale senza coalizioni in lavorazione non sarà neppure dichiarato prima delle elezioni. Costruire una forza non populista di complemento o di fiancheggiamento esterno di una coalizione demo-populista non ha alcun senso e nessuna comprensibilità. Detto in modo ancora più chiaro: parliamo di un soggetto terzo, assolutamente autonomo, costruito con chiunque ci stia a una sola condizione: l’assunzione dell’impegno a non presentarsi alle prossime elezioni politiche in nessuna formazione elettorale diversa da quella comune.
I tre passaggi – quali interlocutori, quale scelta elettorale, quale posizionamento – sono tra di loro necessariamente collegati. Fare una aggregazione che non presenta liste comuni, o sceglie di sostenere candidati diversi o che si muove su agende parallele sarebbe solo fare ammuina. Perché una forza terza e competitiva rispetto ai due “poli” esista, deve costituirsi (i dispositivi formali seguono alla volontà politica), presentarsi alle elezioni e dichiarare irrevocabilmente il proprio progetto e il proprio campo di gioco. Non è affatto detto che sia sufficiente per affermarsi, ma è certamente necessario per essere presa sul serio.
La stella polare della “navigazione” deve essere il modo, il programma e la prospettiva con cui ci si presenterà alle prossime elezioni politiche. Da decidere ora e non allora, perché i due poli opposti ma non alternativi del bipolarismo populista sono già costituiti e ufficializzati e non c’è niente di nuovo da aspettare o di oscuro da capire.
3 comments
ah, ci credete ancora… che qualcosa possa cambiare.
[…] risposta di Stefano Parisi alla lettera di Piercamillo Falasca e Carmelo Palma del […]
[…] è certa. La strada di Pillon, Ceccardi, Gandolfini, Adinolfi e tanti altri personaggi inquietanti non è l’unica possibile. Buon Global Pride a […]