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“Sono nato a 28 anni” (e menomale)

copertina sono nato a 28 anni

Elena Marnati è una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, ma è anche autrice del libro “Sono nato a 28 anni” edito dalla casa editrice Marna. Premetto che non è mia abitudine leggere volumi di questo genere, nè tantomeno recensirli. Tuttavia, l’immoderata forza emotiva garantita da una sconcertante autenticità e trasmessa da una prosa scorrevole, a tratti travolgente, mi hanno spinto a scrivere quanto state leggendo.

Ho conosciuto Elena, mi permetto di chiamarla per nome, diversi anni fa. Mi aveva dato l’impressione di essere, come giustamente scrive anche lei, una bella donna con una bella famiglia e una bella casa. Un’analisi superficiale? Probabilmente sì. Ma parliamoci chiaro: quando conosciamo qualcuno, ma anche quando lo frequentiamo da tempo, spesso diamo troppo per scontato. Divorando le pagine di questo libro è cresciuto in me il senso di colpa: a tratti la vita di Chiara, la protagonista alter ego dell’autrice, è stata molto travagliata, emotivamente usurante. Il punto non è (solo) Elena, chissà quante volte ho giudicato qualcuno senza conoscere veramente il suo percorso umano. E dire che ripeto sempre, da buon liberale, che è fondamentale conoscere per deliberare.

La vita di Chiara non è l’unico elemento della trama, che è intrecciata al racconto delle sedute di alcuni pazienti. Il più importante è Gio, un ragazzo di 28 anni con dei trascorsi drammatici. L’esistenza di Gio è cambiata per sempre il giorno in cui la madre è morta, durante la sua infanzia. Lui la stava aspettando a casa per mostrarle l’aeroplanino che aveva costruito, ma quella sera lei non tornò. Scoprendo i dettagli della storia di Gio, mi è venuto in mente un celebre aforisma di Nietzsche: “Se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà te”. L’abisso per Nietzsche è qualcosa di mostruoso, che inibisce e impedisce di raggiungere ciò che desideriamo. Sono le paure che si materializzano. È una spirale negativa da cui è difficile uscire.

Pur essendo stato più fortunato di Gio, anch’io ho fatto un percorso di psicoterapia. Ci sono dei momenti in cui l’abisso rischia di diventare un rifugio, certamente scomodo, ma pur sempre un rifugio. La psicoterapia mi è servita proprio a non essere passivo nei confronti del mondo, a capire che non è sano illudersi di poter resistere indenni a tutte difficoltà. Così è stato anche per Gio, che ha compreso che non basta resistere, per esistere. Citando l’autrice “il benessere non è solo lo stare bene, ma è anche essere disposti a concederselo”.

Al di là delle vicissitudini particolari dei personaggi, certamente interessanti ma meno centrali di quanto si possa credere, a mio avviso, l’intento dell’autrice è di mandare un messaggio forte e chiaro ai lettori. Abbiate cura di voi, non accontentatevi. Prendetevi del tempo. Scavate dentro di voi per trovare la serenità, non per perdervi nell’abisso. Il libro è talmente autentico, talmente vero, che il rischio è di andare più veloce del necessario, non fatelo. Assaporatelo e assimilatelo. Menomale che Gio è “nato a 28 anni”: grazie a questa storia non sarà l’unico.

1 comment

Marina Guarnieri 27/01/2021 at 17:45

Bella spiegazione, lo leggerò ❤️

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