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Politica interna

La riforma “mutilata”

La riforma costituzionale partorita dal Governo Renzi – legge Boschi – se tutti i passaggi avranno un esito favorevole, ivi compreso il referendum confermativo, porterà l’Italia ad avere, dopo quasi settanta anni, non più il cosiddetto “bicameralismo perfetto” – un sistema che è stato ed è del tutto eccezionale per le moderne democrazie occidentali – ma il “bicameralismo differenziato”.

I padri costituenti avevano pensato il bicameralismo per consentire maggiore approfondimento e ponderazione sui provvedimenti che il Parlamento avrebbe dovuto votare. Certo, molti Stati moderni hanno due Camere, basti pensare agli Stati Uniti o al Regno Unito, ma il bicameralismo perfetto è stata una caratteristica tipica italiana, peculiarità sottoposta a critiche oramai da molti anni, a causa del forte rallentamento che comporta il doppio passaggio di qualsivoglia provvedimento in entrambe le Camere, aventi le medesime competenze. Infatti, sino a quando la riforma costituzionale non sarà “legge dello Stato”, una nuova legge non potrà validamente entrare in vigore se non sarà stata approvata, con identico contenuto, da entrambi i rami del Parlamento. In media, un disegno di legge non viene licenziato dal Parlamento prima di un anno dalla sua presentazione.

Al problema del rallentamento dell’attività legislativa, se ne aggiunge un altro, ovverosia, l’instabilità di Governo, essendo sufficiente che un solo ramo del Parlamento voti la “sfiducia” per mandare gambe all’aria l’Esecutivo.

Con il nuovo “bicameralismo differenziato”, al contrario, le competenze di Camera e Senato risultano fortemente differenziate, con una fortissima limitazione di poteri di quest’ultimo. La riforma prevede che solo la Camera voti la “fiducia” al Governo e solo questa avrà la competenza legislativa completa. Il Senato sarà competente solo su alcune materie, tra le quali vi sono le leggi costituzionali e la tutela delle minoranze.

Personalmente, penso che un “lifting costituzionale” andasse effettuato, certo in modo molto diverso. La proposta di riforma, infatti, è stata – ed è – oggetto di numerose critiche, a mio avviso alcune meritate. Insigni costituzionalisti, infatti, criticano il fatto che essa concentri molti poteri nelle mani dello Stato, tanto da farla sembrare una legge punitiva delle autonomie. Non nutro dubbi sul fatto che andasse rivisto il bicameralismo paritario, però, il depotenziamento del Senato e la riduzione del numero dei suoi membri poteva benissimo coincidere con l’eliminazione in toto di questo ramo del Parlamento, poiché – così come sarà – il sistema potrebbe agevolmente definirsi come un “monocameralismo di fatto” camuffato, per via dell’esistenza di una seconda Camera. Allora, perché non eliminarlo del tutto, con un conseguente e ingente risparmio di risorse?

C’è anche chi critica la riforma incentrando le proprie lamentele sul fatto che l’Esecutivo avrà maggiori poteri, addivenendo quasi a un “presidenzialismo mascherato”. Ma se si volevano rafforzare i poteri del Premier, perché non si è riformata del tutto la forma di governo, passando ad un vero e proprio presidenzialismo? I cittadini avrebbero potuto, finalmente, scegliere in via diretta il Capo dello Stato, con poteri ben diversi rispetto agli attuali; si sarebbero evitati ulteriori casi di Governi non frutto di un passaggio elettorale come gli ultimi tre e, infine, si sarebbe garantita la stabilità di Governo, cosa quest’ultima non da poco, vista la durata media dei Governi sia della “Prima” che della “Seconda Repubblica”.

Occorreva, pertanto, più coraggio nelle scelte, perché così si potrebbe – in via di stretta parafrasi – definire come “riforma mutilata”, partorita forse più per spocchia che per vera volontà riformatrice.

 

2 comments

Francesco Dondi 06/03/2016 at 17:18

Purtroppo è già incredibile che il Pd sia riuscito ad osare tanto. In Italia il parlamentarismo è assurdamente rispettato, per quanto in tutta evidenza consegni piuttosto un potere sproporzionato proprio al governo, attraverso il ricatto della fiducia.

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Frank Cortello 15/03/2016 at 09:58

Interessante articolo.
Personalmente per quanto riguarda il senato mi sembra una riforma importante che ci porta ad avere un sistema paragonabile a quello dei principali paesi del mondo (in primis molto simile a quello tedesco).

Una mappa dei paesi con parlamento unicamerale o bicamerale:
https://it.wikipedia.org/wiki/Monocameralismo#/media/File:Unibicameral_Map.svg

Si puó vedere che QUASI TUTTI i paesi OCSE hanno un sistema basato sul bicameralismo (non perfetto).

L’unicameralismo, a parte alcune eccezioni costituite da paesi molto diversi dall’Italia come i paesi nordici, é adottato da Cina, Grecia, Turquia, paesi africani e altri paesi che comunque non brillano in quanto a democrazia e/o sviluppo.

Passare a questo modello per risparmiare una manciata di milioni mi sembra un rischio eccessivo.

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