Il primo turno delle regionali di domenica scorsa per il Fronte Nazionale è stato indubbiamente un successo. Il Front di Marine Le Pen si conferma primo partito di Francia attestandosi al 29,8% dei consensi; seguito dalla coalizione di destra guidata dai repubblicani di Sarkozy e Juppé al 26,2%; e infine da quella di sinistra guidata dal PS di Hollande, al 23,2.
In queste elezioni il Fronte si rafforza in tutto il Paese ma ancora di più nelle aree dove già era forte, il Nord e il Sud-Est (la Provenza-Alpi-Costa Azzurra). Nelle grandi aree metropolitane, quella parigina e l’altra di Lione, il partito di estrema destra cresce, ma non più di tanto.
Il sistema partitico si conferma – almeno per ora – perfettamente tripolare: tre sono le forze politiche preminenti, e tutte più o meno equivalenti al 30% dei consensi.
Il vero sconfitto di queste elezioni non è Hollande; ma Sarkozy.
Il Fronte Nazionale ha eroso i consensi della destra moderata, che alle scorse elezioni départementales risultò primo partito. Uno smacco non da poco per Sarkozy, che potrebbe dover cedere la guida del partito a Juppé alla prossime primarie che si terranno nella primavera del 2017 e che stabiliranno il prossimo candidato premier della destra gollista.
Le due destre, quella estrema e quella moderata, insieme raggiungono il 58% dei votanti.
Hollande, che durante il periodo successivo alle stragi di Parigi ha tenuto un profilo da statista, di più non poteva fare. Ha anzi recuperato nei sondaggi.
I voti dei verdi, dei socialisti e dell’estrema sinistra, cioè della coalizione di sinistra, sommati insieme superano i voti del Fronte.
Dovrebbe essere lui, inevitabilmente, il candidato dei socialisti alle prossime elezioni presidenziali.
In molti in Italia hanno enfatizzato la vittoria del FN senza considerare che si tratta invero di un successo parziale. A seguito della modifica alla legge elettorale (legge del 19 gennaio 1999) è stato infatti introdotto, anche per le elezioni regionali, il secondo turno. La lista che ottiene la maggioranza assoluta (dei suffragi espressi) al primo turno, o la maggioranza relativa al secondo, ottiene un quarto dei seggi come premio e partecipa alla ripartizione proporzionale degli altri seggi con tutte le liste che hanno superato la soglia del 5%. Al secondo turno possono presentarsi solo le liste che al primo hanno raggiunto il 10%.
Nessun partito finora è arrivato alla maggioranza assoluta; quindi il Front National ha conseguito un risultato ragguardevole in termini di voti, ma non ha ancora vinto nulla.
Inoltre l’astensionismo è pari a circa il 50% degli aventi diritto al voto. Questa sfiducia se da una parte contribuisce all’ascesa del FN, dall’altra lascia ampi margini di miglioramento per i Républicains e per il PS nel secondo turno che avrà luogo il 13 dicembre.
Domenica prossima i risultati sono destinati a cambiare, poiché il doppio turno infatti funge da argine ai partiti estremisti. Alle scorse presidenziali, nel 2012, il Front National pur avendo ottenuto il 17,9% dei voti al primo turno, riuscì a eleggere all’assemblea nazionale solo due deputati. Il sistema elettorale francese – maggioritario a doppio turno – un sistema che garantisce governabilità a scapito della rappresentatività, finora ha funzionato bene. E ora è chiamato ad una seconda prova da quando nelle presidenziali del 2002 Jean-Marie Le Pen superò al primo turno Jospin e perse poi nettamente al secondo turno con Jaques Chirac (19,88% contro 82,2 dei voti). Chirac vinse agevolmente perché socialisti ed elettori di destra votarono in massa per impedire al fronte di giungere al governo.
Le regioni in cui si vota sono 13, 12 delle quali erano appannaggio dei socialisti; almeno due regioni delle sei nelle quali il FN è in testa avranno colore bleu Marine. Si tratta della Provence-Alpes-Côte d’azur, nella quale la nipote di Marine Le Pen ha ottenuto il 40,6% dei consensi, e della regione Nord-Pas-De-Calais-Picardie nella quale Marine Le Pen è in testa con lo stesso identico risultato della nipote.
In quelle in cui il partito socialista è arrivato terzo, ha annunciato che desisterà, ritirando il suo candidato così da non disperdere i voti avvantaggiando Le Pen. Sarkozy e Juppé invece continuano ad escludere alleanze con la sinistra.
Ma da dove nasce il successo del Fronte?
Il Front di Le Pen è solo lontano parente del partito di estrema destra fondato dal padre e da lei ereditato. Il vecchio fronte era un partito neofascista, nostalgico del regime di Vichy, connotato da un accentuato antisemitismo e razzismo.
Marine le Pen ha mondato il partito dai caratteri che lo rendevano impresentabile alla maggior parte degli elettori. Oggi più che un partito di estrema destra, il suo è un partito neopopulista di massa, post-ideologico: il cleavage popolo contro elites sembra aver sostituito come frattura partitica predominante quello tradizionale tra destra e sinistra.
Il Front National di oggi ricorda abbastanza il pujadismo, fenomeno politico inteso come “qualunquismo di destra e semplicismo nell’approccio ai problemi generali della società e dello stato”. Il partito xenofobo fondato da Pierre Poujade ebbe un discreto successo alle elezioni del 1956 per poi sparire in breve tempo.
A votare il Front è la piccola classe media – artigiani, commercianti, ma anche impiegati, disoccupati, pensionati – colpita dai morsi della crisi economica, da una disoccupazione elevata e che non accenna a diminuire, spaventata dall’immigrazione incontrollata e da chi, per motivi commerciali, preconizza come prossima l’islamizzazione della Francia (ogni riferimento a Houllebeq è puramente voluto).
Dalla Francia liberale, il FN viene considerato un partito “ultra dirigista che vuole rafforzare lo Stato provvidenza“. Infatti il programma economico è di stampo socialista (protezionismo economico, età pensionabile ridotta a 60 anni, nazionalizzazione delle imprese che delocalizzano ecc.) ed è proprio per questo che gli imprenditori si sono schierati contro di lei durante la campagna elettorale.
Le Pen inoltre propone la chiusura delle frontiere e di porre fine all’accoglienza dei richiedenti asilo (Valls dopo le stragi ad opera dell’Isis ha fatto una proposta simile). L’immigrazione, nella retorica del Front, è vista come la sentina di ogni nequizia.
Le Pen è stata definita, a ragione, un’ “integralista della laicità”, principio di cui è strenua difensora: a sfilare contro la legge voluta da Hollande che istituiva il matrimonio omosessuale” non c’era il suo partito.
L’antieuropeismo è una delle caratteristiche precupue del partito. Non a caso, le Pen ha appoggiato Siryza in Grecia.
Il partito lepenista vuole un maggiore controllo statale sulle regioni andando controcorrente rispetto a quello che è divenuto ormai uno dei principi fondamentali dell’organizzazione amministrativa francese cioé la decentralizzazione, sancito anche dall’articolo 1 della Costiutzione francese.
Se si volesse fare un paragone politico con l’Italia, il partito che più si avvicina al Fronte non è la Lega Nord ma il Movimento 5 stelle: entrambi attingono ad un bacino di elettori composto trasversalmente da elettori di estrema destra ed estrema sinistra, i loro voti sono distribuiti in maniera uniforme su tutto il territorio; con La Lega condivide il fatto di essere ideologicamente un partito di “destra sociale”.
Tra Le Pen e Salvini, l’attuale leader della destra italiana che si presenta come il suo emulo italiano, corre un abisso in fatto di spessore politico e culturale.
Le Pen è un leader politico scaltro e spregiudicato ma non incline ad utilizzare un linguaggio greve e facilone come quello utilizzato da Salvini né ad apparire sui media in modo eccessivo (d’altronde non ne ha bisogno).
I commentatori italiani, specialmente quelli che albergano a sinistra, hanno attribuito erroneamente il successo del fronte nazionale all’impatto psicologico che hanno avuto sulla nazione gli attentati compiuti dai terroristi islamici.
Se fosse vero che i cittadini sono stati suggestionati da quei terribili eventi, non si spiega perché nell’undicesimo arrondissement, quartiere del Bataclan, il Fronte ha preso appena il 7% e il partito socialista il 40.
Più probabile che l’effetto Isis abbia indotto a confermare la propria scelta coloro che erano già intenzionati a votarlo.
Al contrario, potrebbe aver avvantaggiato il partito socialista.
I sondaggi da mesi, anche prima degli assassini nella redazione a Charlie Hebdo, attribuivano la vittoria al Fronte, ma il PS era sottostimato di sei punti.
Non è nemmeno vero che queste elezioni segnino una svolta a destra per la Francia (il cui elettorato è comunque prevalentemente di destra, come in Italia). Già alle Europee il Fronte era il primo partito col 30% dei voti.
Solo al termine delle elezioni regionali si potrà fare un bilancio definitivo di vinti e vincitori; soprattutto sarà più chiara la reale portata dell’ascesa del Fronte e ci si potrà lambiccare sul futuro prossimo venturo.
A parere di chi scrive, ad oggi è molto probabile che il Fronte Nazionale arrivi al ballottaggio al secondo turno; escludiamo invece che possa vincere le elezioni proprio per la presenza del doppio turno, che come detto è congegnato in modo tale inibire l’accesso al potere alle forze antisistema.
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Marine Le Pen sostiene che serva una moratoria sull’ immigrazione e che bisogni attuare una politica “il francese prima” in materia di occupazione, stato sociale e alloggi
[…] secondo turno contro il candidato del Front National e lo abbiamo visto in occasione delle ultime elezioni regionali, ma, già con l’accordo Dupont Aignan – Le Pen ha preso un duro colpo e con […]