Il richiamo della libertà è forte, sempre di più. L’avversione per la coercizione, per l’etica di stato e per un sistema fiscale vessatorio cresce, ogni giorno. È con questi presupposti che è nata QQ, un‘associazione incardinata sulla centralità della libertà. Libertà negativa, of course.
Il nome è un richiamo al quarto quadrante del diagramma definito da The Political Compass, che rappresenta l’area definita come “libertarian right”. Tuttavia, la traduzione “liberale di destra” sarebbe inesatta. Questo perché l’asse delle ascisse individua lo spettro economico, classificando come sinistra il dirigismo e come destra il liberismo. L’asse delle ordinate, invece, valuta lo spettro sociale, spaziando dall’autoritarismo al libertarismo.
Al quarto quadrante, quindi, appartengono una serie di orientamenti politici difficilmente vincolabili alla dicotomia destra-sinistra che non hanno mai ottenuto una rappresentanza politica univoca. Chi vi appartiene, solitamente, sceglie gli alleati in base alla situazione contingente. Il risultato nel lungo termine è stato di un’identità politica poco chiara e culturalmente poco diffusa.
QQ ha deciso di provare a colmare questo spazio a livello prepolitico, facendo rete tra gruppi, associazioni, think tank, federazioni e categorie che si riconoscono nei valori di quest’area politico-culturale. Il coordinamento comune di gruppi differenti ha la funzione di aumentare la massa critica, condividere le best practices e diventare un vero gruppo di pressione. Forse si può arrivare a dire che è un tentativo di trasformare una galassia frammentata in un movimento culturale, un meccanismo completamente estraneo ai tipici liberali da salotto italiani.
I liberali hanno la fastiosa tendenza a fare a gara per vedere chi ha il liberale più lungo, cercando il capello da spaccare anche sulla testa dei calvi. QQ prova a ribaltare questo paradigma divisivo, individuando quattro pilastri inderogabili che, comunque, hanno la flessibilità necessaria a catalizzare un consenso non omogeneo.
Il primo pilastro è l’avversione allo statalismo, riassunto nello slogan “no allo stato chioccia”. L’obiettivo dichiarato è ridurne il perimetro. Scegliendo di considerare il lavoro come momento di creazione della ricchezza, si rifiuta la retorica assistenzialista che tanto ha ammorbato l’Italia.
Il secondo pilastro individuato dall’associazione è il libero scambio. Viene quindi dichiarata l’ostilità a una tassazione tanto vessatoria e a una spesa pubblica tanto improduttiva. Non sono secondarie nemmeno le richieste di rivitalizzare la concorrenza e garantire la trasparenza e l’accountability dello Stato.
Il terzo pilastro è costituito da sussidiarietà e federalismo, mentre il quarto ribadisce la necessità di una collocazione geopolitica atlantica ed europea. Delle posizioni che potrebbero sembrare da vecchi liberali, ma che in realtà sono dei capisaldi veramente irrinunciabili.
Se non vivessimo in Italia, il Paese in cui la scelta elettorale e culturale è perennemente tra socialismo di destra e socialismo di sinistra, non sarebbe una notizia. Viceversa, la nascita di QQ non è solo una (bella) notizia, ma è anche un’opportunità. È un’opportunità per iniziare a tracciare un percorso che ci consenta di uscire dalla follia del bipolarismo, che ha marginalizzato e svilito i popolari, i liberali e i libertari del quarto quadrante.
Il tentativo di QQ si sovrappone ad altri, che negli ultimi mesi hanno cercato di lavorare nella medesima direzione. Non ha senso chiedersi a priori quanto successo potranno avere queste iniziative, sono importanti perché contribuiscono a diffondere e organizzare la cultura della libertà, quasi completamente assente.
2 comments
Io non ho una profonda cultura filosofico/politica e sul piano più pragmatico faccio alcune considerazioni:
1) Storicamente i liberali italiani si sono sempre collocati più che altro a destra e sul terreno della conservazione, tanto è vero che anche durante la Resistenza e la lotta per la Liberazioine erano e sono rimasti dopo prevalentemente filo-monarchici
2) Sul filone liberale si è innescata una corrente più di sinistra, direi facente perno su il Mondo di Panunzio. Forse poi su questa linea, più interessati alle battaglie sui diritti umani che all’economia, possiamo anche collocare Pannella e i Radicali, almeno in parte il PRI.
3) Il Partito d’Azione aveva 2 anime, una più liberale e un’altra più socialista, direi facente capo a Lussu.
4) Tutti questi movimenti si sono trovati inconsistenti dopo la Liberazione, data la consistenza dei comunisti e dei cattolici i quali entrambi avevano conservato le loro organizzazioni durante il fascismo, i primi organizzati e supportati dall’URSS, i secondi dalla Chiesa, il Vaticano e le organizzazioni tipo FUCI, Azione Cattolica se non anche tutta la struttura della Chiesa assai forte in un Paese dove il baricentro dell’economia era ancora agricolo, credo almeno per il 60%. E i socilaisti, salvo la scissione di Saragat col PSDI, sono rimasti pder anni legati al “patto d’azione” con PCI.
Non mi dilungo su esempi stranieri. Potrei parlare di erica cattolica contrapposta a quella protestante, alla esperienza Thatcher, alla posizione nuova del Labour di Tony Blair col suo slogan “re-inventing the left” che accettava la logica del Mercato, del Profitto, della Concorrenza, del Merito, non con l’ottica negativa cattolica e comunista – il profitto come abuso e sfruttamento – ma come strumento anche per creare e rafforzare il welfare. E’ un po’ la linea accettata, pur con dosi diverse, dai Paesi Scandinavi.
La mia sensazione è che questa debba essere la via maestra, ma in Italia vedo molto radicata nel dibattito politico più l’istanza di una redistribuzione della ricchezza che dello sviluppo: fare più ricchezza come condizione per lottare anche contro la povertà, l’emarginazione, avere quanto più possibile pari opportunità, ecc.
Io sono su queste posizioni, purtroppo non cosìm popolari in Italia.
[…] #QQ inizia a fare breccia e svegliare coscienze: Immoderati.it ci ha dedicato un approfondimento a cura del bravissimo Leonardo Accardi.Abbiamo particolarmente apprezzato il fatto che sia passato il messaggio di sfiducia verso il bipolarismo italiano, che vuole ridurre l’offerta politica e culturale in 50 sfumature di socialismo.Potete leggere il pezzo qui. […]