Le nuove tecnologie aprono nuove possibilità per fare impresa e per creare ricchezza, con strumenti impensabili fino a pochi anni fa. Esempi importanti sono offerti da Uber ed Airbnb. Al di là dello specifico servizio offerto, prima di tutto bisogna guardare agli effetti generali che queste innovazioni comportano: Si permette ad una vastissima platea di persone, che prima non ne aveva la possibilità, di avviare una piccola attività in proprio, di sfruttare risorse e capacità che prima erano meno utilizzate a fini economici. Al tempo stesso, una maggior platea di consumatori può accedere a dei servizi da cui prima era esclusa, grazie alle tariffe più convenienti. Questo si chiama innovare, muovere, includere, creare opportunità, far crescere l’economia.
È priva di ogni fondamento la vecchia storia del capitalismo in mano a poche grandi aziende, che soffocano le opportunità per le piccole imprese nascenti, condannando le masse al lavoro precario e salariato. Invece non serve un grosso capitale per fare profitto, chiunque con una macchina ed una app può fare l’autista, chiunque con una casa libera o una semplice stanza per gli ospiti può diventare albergatore nel suo piccolo, grazie ad un portale online. La cosiddetta shared economy permette di accedere al mondo imprenditoriale con sempre meno mezzi, se le leggi lo permettono. E qui viene il problema: tutte queste novità vanno a toccare gli interessi di chi già opera nel settore. E allora lo Stato che fa? Vieta, controlla, sanziona, limita. Bisogna tutelare gli interessi (e i voti) di chi già costituisce gruppi di potere ben organizzati, come i taxisti o certe realtà alberghiere.
Queste crociate vengono spesso motivate dall’accusa di evasione fiscale (ma la grandissima parte dei pagamenti è tracciabile, quindi c’è poco da evadere) o addirittura servono a coprire le incapacità della politica: è il caso delle assurde motivazioni addotte a Venezia e a Barcellona, dove secondo svariati politici locali ci sarebbero “troppi turisti”. Una risorsa redditizia ed agognata ovunque nel mondo come il turismo, in queste due città viene addirittura respinta. Cose da pazzi.
Una città fantastica come Venezia, ineguagliabile in tutto il mondo, si trova infatti a fronteggiare un progressivo spopolamento, dovuto alle difficoltà nei trasporti interni e al turismo di massa che rende il costo della vita molto elevato. I giovani in particolare guardano altrove e la sera, quando i turisti sono tornati nei loro alberghi, le strade della città sono vuote. L’intellighenzia veneziana si arrovella su questo fenomeno ed è incapace di elaborare una soluzione a queste problematiche, si è trovata un nuovo “untore” in Airbnb, un bersaglio facile a cui imputare il caro-affitti, in quanto sottrarrebbe centinaia di appartamenti al mercato residenziale con contratti turistici mordi e fuggi.
Ma innovazioni come Airbnb non potrebbero invece sopperire ai danni di uno spopolamento che comunque, anche senza Airbnb, era già in atto? Aprire ad un nuovo e più vasto segmento turistico può animare la città anche nei periodi solitamente meno frequentati, può portare un turismo che si intrattiene anche la sera per le strade e i locali, che avendo un appartamento e non una camera d’albergo andrà a fare la spesa nei negozi come i residenti. Per non parlare di Barcellona, dove una politica incapace di mantenere l’ordine e il decoro incolpa Aibnb di portare un turismo rumoroso e disordinato. Ma se ci sono turisti maleducati il problema è degli amministratori che non riescono a far rispettare le regole, tenendo lontani gli incivili.
Non si fa altro che limitare, se non cancellare, i diritti di disposizione dei proprietari immobiliari, dimenticando che i maggiori profitti ottenuti con Airbnb rispetto agli affitti tradizionali sono un guadagno per la popolazione locale proprietaria degli appartamenti. Infatti, se una zona si rivaluta, perché i proprietari non potrebbero trarne profitto, visto che in caso di svalutazione sarebbero costretti a ridurre gli affitti e quindi rimetterci? Se un determinato quartiere diventa bello ed attraente, perché non si può essere liberi di andarci in vacanza? I vecchi abitanti che non possono permettersi i nuovi canoni di affitto non finiscono in mezzo alla strada, semplicemente si trasferiscono altrove: è vero, non è sempre un’opzione gradevole, ma impedire ai proprietari di lucrare sulla riqualificazione del quartiere è peggio, significa eliminare qualunque stimolo a combattere il degrado, il disordine o la criminalità: nessuno ci guadagnerebbe.
Nei casi di Uber e di Airbnb non si può strillare a nessuna “concorrenza sleale”, perché nessuna delle due commette alcuna frode o violenza. Chi ha un’attività in proprio, come un’azienda che produce formaggi o un negozio di vestiti, deve aspettarsi che da un momento all’altro si presenti un nuovo concorrente potenzialmente in grado di soppiantarlo. Si chiama rischio d’impresa. Allora perché lo stesso principio non deve valere per Uber coi taxisti e per Airbnb con gli albergatori? Come diceva Frederic Bastiat, nell’ironica “Petizione dei venditori di candele”: “Noi subiamo l’intollerabile concorrenza di un rivale straniero posto, a quanto sembra, in condizioni talmente superiori alle nostre, per la produzione della luce, che inonda il nostro mercato nazionale ad un prezzo favolosamente ridotto; perché, fintantoché si fa vedere, le nostre vendite cessano, tutti i consumatori si rivolgono a lui, e una parte di industria francese, le cui ramificazioni sono infinite, è improvvisamente colpita da una completa stagnazione. Questo rivale, altri non è che il sole!”
Allora non confondiamo la tutela dei più deboli con la difesa di privilegi e rendite di posizione, non allontaniamoci dall’alveo delle democrazie occidentali per inseguire un’idea di Stato che regola pesantemente anche gli aspetti di imprenditoria più minuta, quella strettamente confinante con la vita privata.