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Terza pagina

Non ho visto Maradona ma innamorato son

È morto Diego Armando Maradona, viva Diego Armando Maradona! Re, Dio, leggenda, uomo. Troppo, per una sola persona in fondo tremendamente umana come tutti noi. 

La vita di Diego è stata un’opera d’arte, le sue straordinarie giocate in campo il regalo più grande agli amanti del bello, ma non bastano, da sole, a raccontarne il mito. Quell’inscindibile rapporto viscerale tra genio e sregolatezza, tra uomo di grande umanità e uomo pieno di eccessi scatenano oggi il mondo social sempre desideroso di ergersi a moralizzatore della vita altrui.

“Bisogna scindere il calciatore dall’uomo” dicono alcuni, “era un cocainomane”, “non si può piangere per un giocatore di calcio” dicono altri. Insomma, i moralizzatori dall’alto della loro inappuntabile condotta di vita, fanno a gara nel giudicare singoli e diversi comportamenti della vita di Maradona, nonché i sentimenti altrui.

In particolare mi ha colpito la crudezza di chi ha voluto giudicare Maradona per il rapporto con il figlio Diego Jr. che non aveva inizialmente voluto riconoscere ma che ha poi amato follemente. Vorrei che queste stesse persone, al posto di esprimere inutili giudizi, pensassero un attimo al dolore di un ragazzo che aveva ritrovato l’amore di un padre, “il capitano del suo cuore” come lui stesso vuole ricordarlo, e che ora il destino gli ha già portato via.

Diego non ha certo chiesto di essere Maradona. Diego era Maradona, e così come per ogni grande artista, genio o poeta maledetto non si può scindere la vita dalle sue opere. Esse sono una parte ed espressione dell’altra. E sì questo vale anche per lo sport. 

L’Arte! L’Arte! L’Arte! ecco l’amante fedele, sempre giovine immortale; ecco la fonte della gioia pura, vietata alle moltitudini, concessa agli eletti; ecco il prezioso Alimento che fa l’uomo simile a un dio” diceva d’Annunzio per bocca di Andrea Sperelli nel Piacere.

Ora immaginatevi di nascere in una delle periferie più povere del mondo, senza avere i mezzi o l’istruzione per lasciare quel contesto sociale. E poi all’improvviso scoprire una passione, un dono “subito mi accorgevo che il pallone non cadeva”. Caricarsi a soli 16 anni una intera famiglia sulle spalle, entrare in un campo di calcio per inseguire un sogno e uscire dalla povertà. Fare breccia nella storia ed essere accostati ad un Dio, ma in fondo rimanere sempre quel Diego di Villa Fiorito che non ha avuto tempo per vivere la propria giovinezza con la spensieratezza che si dovrebbe. 

Sfido chiunque a sopportare la pressione di una tale ascesa senza risentirne. Eppure, se nell’intimo la sofferenza dell’uomo ha portato alle infauste conseguenze che tutti conosciamo, il campione, lui, non poteva permettersi debolezze. Aveva un senso di appartenenza senza eguali con la sua terra, l’Argentina, e con la città che lo ha accolto ed amato più di ogni altro, Napoli. Doveva dare tutto se stesso per vincere e lo fece alla grande.

Era el Diez, il Capitano, il capopopolo. Si faceva carico dei sogni e delle speranze di una città fin troppo insultata e così poco riconosciuta. Maradona non era solo napoletano, Maradona è Napoli così come Napoli è Maradona, nei suoi mille culure e nei suoi mille problemi.

Diego era bellezza. La mano de Dios, il gol del secolo, il gol su punizione alla Juve. Diego era generosità. La partita di beneficenza organizzata e giocata ad Acerra in un campetto di patate, contro la volontà del club, per raccogliere i fondi per le cure di un bambino. Diego era empatia. Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli perché loro sono come ero io a Buenos Aires. Diego era amore. Ovunque andasse, qualsiasi cosa facesse Diego amava ed ero amato per quello che faceva sul campo e per quello che era.

Il mondo intero lo riconosceva così. I messaggi di amore sono arrivati da ogni angolo del pianeta ma Napoli e l’Argentina hanno pianto e continuano a farlo più di tutti. Qui a Napoli si respirava un’aria anomala, quasi mistica, come se si fosse spento un parente stretto, ma di tutti noi. La città si è unita in un pianto di fratellanza e in un ricordo collettivo bellissimo che non morirà mai.

Tra i tantissimi omaggi commoventi, ci sono stati due messaggi che mi sono piaciuti più di tutti. Il primo è quello del figlio Diego Jr. a cui va il nostro più caloroso abbraccio così come a tutta la famiglia di Maradona. Il secondo, inaspettato, è stato quello del presidente francese Macron. Diego se queda.

Perdonate cari lettori immoderati la mia indiscostabile parzialità, ma sono cresciuto nel mito di Diego. Non ho avuto la fortuna di vederlo giocare dal vivo, ma lo stesso mamà innamorato son! Olé olé olé olé D1EG0! D1EG0! Olé olé olé olé D1EG0! D1EG0!

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