L’ultimo era un attentato “omofobo”; quello contro Charlie Hebdo allora era un attentato contro la libertà di satira; quello del Bataclan era un attentato antiedonistico; un eventuale attentato nel nome di Allah contro le donne emancipate sarà un “attentato misogino” e così via. O forse tutti questi attentati, ed è stupido nasconderlo, hanno una matrice islamista e, come nel caso del terrorismo brigatista e del terrorismo nero, c’è la radicale intolleranza per una società pluralista e il desiderio di imporre una più rassicurante società totalitaria. Ma in questo caso il totalitarismo perseguito è quello islamista, che è intollerante verso la libertà di satira sulla religione, verso l’edonismo occidentale, verso la libertà sessuale nella sua forma considerata più scandalosa: l’omosessualità. Ci sarebbero anche gli attentati di Tel Aviv ma quelli, si sa, contano meno, vanno contestualizzati, sono rappresaglie comprensibili contro l’invasore sionista. Se parlare di attentato islamista è troppo reazionario, mi permetto di proporre la più eufemistica formula di “attentato diversamente religioso”.
L’ipocrisia progressista si è spinta al punto di imbracciare le dichiarazioni del padre del terrorista come prova del fatto che l’islamismo non c’entrasse nulla e che si trattava unicamente di un caso di omofobia. Sicuro. Perché che il padre, sostenitore dei talebani, un fanatico religioso che ritiene che spetti a Dio punire i gay, cerchi di scagionare la sua ideologia idiota da ogni colpa non è vista come riprova della perniciosità ipocrita dell’islamismo: diventa prova che il figlio fosse un omofobo isolato. Certo progressismo è capace di aggrapparsi agli appigli più illogici pur di nascondere i fatti e non chiamare le cose con il loro nome. Perché questo timore reverenziale verso l’islam? Credo per due motivi: il primo, più rispettabile: la volontà di preservare i musulmani normali e integrati dai pregiudizi e dai razzismi, un tentativo un po’ patetico ma a fin di bene di non concedere argomenti ai vari populisti di destra. Il secondo, più pericoloso: solito terzomondismo di sinistra per cui l’omofobia cattolica rappresenta il passato oscurantista da cui liberarsi mentre l’ideologia islamica (anche nei suoi tratti reazionari) rappresenta il diverso da accogliere e tutelare, la società schiacciata da secoli di imperialismo occidentale. Insomma un frullato di sinceri perbenismi naif e autentiche perversioni ideologiche.
Fatto sta che spesso le masse pronte a crivellare col massimo disprezzo un tweet fesso di Mario Adinolfi (che, ribadiamolo, scrive fesserie ma non mostruosità naziste e soprattutto non fa male a nessuno) e la sua mentalità cattolica fanno poi i salti mortali per non guardare in faccia gli oscurantismi islamici. Da sostenitore della società aperta ho sempre pensato che, per esempio, la libertà sessuale dei gay vada difesa dal tweet di Adinolfi ma a maggior ragione un milione di volte di più dal mitra del jihadista. E che, per difendere i gay dal jihadista il primo fondamentale passo fosse riconoscere che si tratta di un jihadista. Non vedo dove stia il problema, il pericolo: per quanto gravi possano essere le scemenze di Trump o di Salvini, per quanto alti possano essere i loro consensi basati sul populismo, non consentirò mai alle loro idiozie di privarmi della facoltà di chiamare le cose col loro nome o comunque di dire la mia opinione. A costo che venga appiattita, da uno strano bipolarismo dell’idiozia, sulle loro. E sia chiaro che questo appiattimento delle posizioni critiche verso l’islamismo su quelle islamofobe di Trump è colpa del bullismo dialettico del politicamente corretto, non dell’islamofobia.
È evidente che solo pochi musulmani diventino terroristi: anche il brigatista non c’entrava niente con l’elettore medio di Berlinguer: ciò non toglie che fosse comunista. È un dato di fatto che le prime vittime del terrorismo islamista siano i musulmani: perché il terrorismo è uno scontro di società, non (solo) di religione. Infatti anche nel terrorismo rosso e nero c’era la volontà di destrutturare la società in cui vivevano per favorire una società totalitaria. E ciò non toglie che il totalitarismo a cui si ispirano i jihadisti sia quello islamista. Che poi ci possano essere musulmani fra le vittime ai terroristi importa quanto importava che ci potessero essere elettori del MSI fra le vittime del terrorismo nero.
Gli islamici intolleranti stanno imparando a inserirsi nelle faglie della superficialità mediatica progressista e a sguazzarci. È il caso della musulmana eroina del selfie antirazzista di fronte al corteo “islamofobo”. Le è bastato un autoscatto irrisorio e subito ha fatto il giro del mondo “liberal” ed è stata postata da Saverio Tommasi sulla sua pagina Facebook con la didascalia “Ha vinto lei”. Peccato che la gloriosa vincitrice fosse una schifosa antisemita, ma questa complessità del reale non è accettabile per la semplicità del buonismo (parola abusatissima ma in questo caso credo appropriata). Ancora sul caso di ieri si è arrivati a questo assurdo: di fronte a un commento, sobrio, di Parisi che citava la famosa frase di Popper sul diritto a essere intolleranti con gli intolleranti un commento con diversi like gli ha risposto “Fino a prova contraria chi appoggia questi intolleranti sei tu e la tua coalizione. Spero che Milano si salvi dell’ipocrisia di quest’uomo”. Cioè: dal non chiamare le cose con il loro nome (“islamista”) per non dare argomenti ai populisti di destra si è arrivati a dire che il terrorista di Orlando è alleato della destra, poiché quello era un atto terrorista omofobo e dunque della stessa area della destra italiana. Un delirio.
Ora, al di là di questa spaventosa cappa di ipocrisia politically correct che è dannosa in sé in quanto ottunde qualsiasi analisi della realtà, secondo voi a vantaggio di quali esponenti politici andrà questo timore reverenziale verso l’Islam? Anzi, è già accaduto.
3 comments
Come in genere accade condivido interamente.
Ok, ma qual’è allora la soluzione?
Si concordo pienamente anche io: chiaro, semplice, pungente. Complimenti!