Una nuova grottesca realtà nel marasma del dibattito politico italiano è senza dubbio alcuno quella del filoputinismo.
Che siano di destra o di sinistra, sovranisti, pseudo liberali o comunisti convinti, questa preoccupante piaga tenta con artifici retorici di ogni tipo di giustificare l’invasione di Putin, tutto nell’ottica di una narrazione anti-occidentale e soprattutto anti-americana. Cercherò, per quanto possibile, di sviscerare l’origine di questa posizione filorussa quasi identitaria nel nostro Paese, partendo dall’analisi di alcuni fatti prettamente storici.
L’Italia, è noto, è tra i Paesi europei più russofili. Quella dell’amore incondizionato per la madre Russia è sempre stata una tendenza che ha unito nei decenni sinistra e destra italiane, un’inclinazione politica che è sempre andata oltre gli innumerevoli cambi di vertice al potere e che ha messo d’accordo partiti e fazioni politiche di tutti i tipi.
L’unico buco nero storico in cui nella nostra penisola si è sviluppato un concreto sentimento russofobo è contemporaneo all’affermazione del regime comunista sovietico. Una singolare coincidenza, infatti, ha voluto che il regime sovietico fosse avverso ideologicamente, seppur in maniera diversa, ai due periodi politici (quello fascista e quello cristiano-democratico repubblicano) che l’Italia ha vissuto.
Eppure, nonostante tutto, sia durante il fascismo che nel periodo del dopoguerra si sono sviluppate delle improbabili convergenze politiche con lo Stato Sovietico.
Mussolini fu il primo a riconoscere l’esistenza dell’URSS nel ’24. I motivi erano prettamente legati alla chiara distanza politica e ideologica che i due regimi avevano dalle potenze liberali europee; mentre per quanto riguarda il periodo della guerra fredda, l’Italia (anche per via della forte influenza del PCI) ha teso una mano a Mosca, stringendoci accordi politici ed economici.
Inoltre, non si può non citare una tradizione storica e diplomatica che, tra vicende alterne, ha intessuto una serie importante di relazioni con la Russia, avvantaggiata dal fatto che quest’ultima non ha quasi mai rappresentato una minaccia diretta o un ostacolo per i nostri interessi nazionali.
Chiaro come anche i rimasugli dei due grandi filoni di pensiero fascista e comunista ( che ancora influenzano indirettamente e non la cultura e la politica italiana) giochino ancora un ruolo non marginale nella narrazione filorussa, misto ad una forma di cattolicesimo fortemente pacifista e becero, il più delle volte prono a spingere verso una situazione di compromesso, nonostante vi sia, come nel caso del conflitto russo-ucraino, un Paese che spara per difendere la propria libertà e la propria indipendenza ed un altro che lo fa per conquistare.
Non sono infatti rare le retoriche che vorrebbero la resa dell’Ucraina o lo stop dell’invio delle armi come richiede il fisico Carlo Rovelli per “evitare ulteriori stragi di civili” (le stesse argomentazioni che utilizzavano i fascisti con i partigiani), o dei fantomatici esperti di geopolitica dell’ultima ora che ci raccontano di come la guerra sia scaturita da un fantomatico spostamento della NATO verso Est che avrebbe provocato e spaventato il povero cucciolo indifeso Putin, che spinto all’angolo avrebbe attaccato e dato di matto. Sono quelli della favoletta del “né con la NATO né con Putin” che è un modo carino per lavarsene le mani e non condannare apertamente l’aggressore; punto di vista tra l’altro non così distante dal famoso “né con lo Stato né con le Brigate Rosse“.
Oltre ad una simpatia generalizzata per Mosca, molti italiani nutrono poi un particolare disincanto per chi il potere russo lo rappresenta in pieno, ovvero Vladimir Vladimirovič Putin, additato molteplici volte come modello politico da seguire, spesso raccontato come uomo pragmatico e tutto d’un pezzo, con una certa aura di infallibilità, un superuomo di nietzschiana memoria intriso di tutta quella ridicola retorica dell’uomo forte al comando che noi italiani adoriamo alla follia.
E a fomentare questa narrazione è stata molto spesso la politica, partendo dal cavalier Silvio Berlusconi che, tra un finto matrimonio e il possibile arrivo di un nuovo pargolo, giustamente ancora non ha avuto il tempo di esprimersi sull’operato del suo caro amico Vladimir, con cui per anni ha vissuto un’intensa love story a base di cene e incontri galanti. Racconta di lui come un uomo sensibile, rispettoso e con un profondo senso democratico (peccato per quel vizietto di avvelenare gli oppositori politici, ma mica si può nascere perfetti).
Uno degli altri principali simpatizzanti è ovviamente Matteo Salvini, di cui si possono contare più lodi a Putin che proposte di legge concrete, e che nel culmine sovranista della sua carriera politica ha addirittura stretto accordi tra il suo partito e Russia Unita, quello del dittatore russo. Tra l’altro Savoini (ex politico della Lega) fu l’ufficiale di collegamento tra la Lega di Umberto Bossi e Aleksandr Dugin, analista politico russo legato al Cremlino, noto per le sue opinioni scioviniste e fasciste e che ha in parte influenzato i pensieri di alcuni filosofi italiani come Cacciari, Galimberti, Agamben o Fusaro.
Nei 5S, noto covo di filoputiniani, possiamo citare il buon Giuseppe Conte che durante il suo governo ha dispensato parole al miele e stretto probabili accordi con il Cremlino durante la pandemia. Il putiniano di ferro Di Battista, passando poi per Frattini di Forza Italia, Giorgia Meloni con il discorso sui valori europei e l’identità cristiana, Romano Prodi con le sue posizioni borderline e così via.
La lista di leader politici italiani che hanno stretto accordi politici con Putin o hanno espresso posizioni filorusse è sconfinata e servirebbe un altro articolo per citarli tutti, ma il fatto che buona parte della politica italiana da sempre strizzi l’occhio verso Est è una realtà inequivocabile.
Un altro punto fondamentale che potrebbe delineare il perché del filoputinismo italiano è sicuramente l’antiamericanismo di cui il nostro Paese è afflitto da sempre.
Una tendenza dettata chiaramente dalla presenza in Italia fino al ’91 del più grande e influente partito comunista d’Europa, che fece del marxismo e della lotta proletaria contro lo sporco e infimo capitale il suo cavallo di battaglia, e che ha chiaramente influenzato il pensiero e il dibattito pubblico italiano per decenni.
Ma la propaganda antiamericana in Italia trova radici già agli inizi del 900 con le concezioni storico-filosofiche di Enrico Corradini, teorico del movimento nazionalista italiano, il quale riteneva che la lotta fra le classi predicata da Marx dovesse essere sostituita da una lotta fra nazioni «proletarie», abbondanti di manodopera ma povere di capitale, e nazioni ricche, titolari di immensi imperi coloniali, le quali impedivano ai paesi emergenti, tra cui l’Italia (già i primi cenni del nostro classico vittimismo), l’accesso alle materie prime necessarie per il loro decollo industriale.
A rincarare la dose fu poi anche Mussolini decenni dopo, quando vantava il corporativismo fascista come un ottima ed originale via di mezzo tra il capitalismo americano e il comunismo sovietico, aizzando ancor più dubbi e astio verso il sistema liberale statunitense. Anche ciò portò alla guerra in Etiopia, le sanzioni imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni ed il conseguente avvicinamento diplomatico dell’Italia fascista alla Germania di Hitler, il resto lo conosciamo…
Nel ventunesimo secolo la crisi economia e della politica che l’Italia ha affrontato e continua ad affrontare, ha sviluppato in buona parte della politica italiana e nel suo elettorato una forma di vittimismo patologico (per cui se l’Italia non prospera è perché lo vogliono i poteri forti europei, perché l’Euro è una truffa o per via del capitalismo), una certa negazione dell’autodeterminazione dell’individuo e una grande insofferenza verso un mondo globalizzato con cui il nostro Paese non riesce a stare al passo. Tutto ciò ha provocato un allontanamento e un’avversione verso il capitalismo e automaticamente verso gli Stati Uniti che ne sono il principale rappresentante, preferendo nel migliore dei casi una forma malsana di Stato sociale e di assistenzialismo, avvicinandoci ideologicamente molto più alla madre Russia che agli USA.
Non sono da escludere fattori prettamente culturali, spesso il popolo americano viene ideologizzato come ignorante e rumoroso, dedito ai vizi e a uno stile di vita poco salutare, a differenza nostra che invece mangiamo bene e amiamo la letteratura; sicuramente un fattore meno influente rispetto ai precedenti ma, nell’opinione di chi scrive, quantomeno da citare.
Un ultimo punto che vorrei trattare è quello degli interessi economici e nazionali, partendo dalla forte dipendenza energetica che abbiamo nei confronti della Russia, che non è altro che il risultato di decenni di rapporti diplomatici ed economici con quella che di fatto è una dittatura, e per cui oggi paghiamo conseguenze molto gravi più rispetto ad altri Paesi europei.
Il filoputinismo in questo caso viene alimentato chiaramente dall’istinto di sopravvivenza e conservazione; si preferisce pensare all’aumento dei prezzi del gas e della benzina rispetto alla salvaguardia della democrazia e della libertà di un popolo devastato dall’invasione russa.
Inoltre è riconosciuto il forte coinvolgimento delle principali banche italiane in territorio russo; soprattutto Unicredit, che risulta essere la terza banca più coinvolta a livello europeo con un’esposizione di 14,2 miliardi di euro e Intesa Sanpaolo, con un asset che va oltre il miliardo di euro.
Quest’ultima, tra l’altro, ha partecipato all’organizzazione del finanziamento del progetto ‘Blue Stream’, che prevedeva la costruzione di un gasdotto che collegasse la Russia alla Turchia, passando sotto il Mar Nero e ha poi partecipato al finanziamento di un altro “grande progetto russo”: la costruzione del noto gasdotto “Nord Stream”.
Indicativo infine è il caso di Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e insignito dell’Ordine d’Onore da Putin in persona, che il 17 febbraio (con un tempismo da oro olimpico) diceva “La Russia deve ritornare ad essere tra le destinazioni prioritarie delle imprese italiane”.
Questi, nell’opinione di chi scrive, sono i principali aspetti da approfondire per comprendere le origini del filoputinismo italiano. Temi che meriteranno sicuramente articoli dedicati e specifici.
Chiaro come, facendo parte di un alleanza atlantica ed essendo un paese democratico, il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di internazionalizzarci, puntare sull’innovazione e guardare con più fiducia e coinvolgimento verso l’Occidente, che con tutti i suoi difetti, rimane il miglior modello esistente per il progresso, lasciandoci alle spalle ammiccamenti verso sistemi politici totalitari e sovranisti.
Ringrazio l’amico Alessio Gennari l’aiuto con la raccolta delle informazioni per la stesura di questo articolo.
5 comments
perfetto
Tristissimo che un ragazzo di solo 23 anni scriva un articolo del genere. Cosa sai tu della vita per scrivere su questioni di geopolitica? Accusi Conte di essere filoputiniano. Ma ti rendi conto? Sai quanto dovresti studiare nell’università per capire che il mondo attuale che abbiamo, pieno di rifugiati, è grazie ai crimini di guerra degli americani nei cinque continenti… Sai quante dittature sono state appoggiate per i cari americani? Se sei “appassionato di politica”, con solo 23 anni non puoi sapere molto. Quando sono iniziati queste “guerre contro il terrorismo” dei santi americani tu ne avevi 2 anni (neanche parleremo del conflitto nei Balcani). Studia una carriera universitaria (sociologia, storia, filosofia, scienze politiche) prima di dire queste cose…
Seguendo il suo ragionamento, lei non potrebbe parlare di seconda guerra mondiale, dato che all’epoca non era ancora in vita…
Infatti l’ho detto, visto ch’è molto giovane, che dovrebbe studiare prima di parlare di questi argomenti con tanta leggerezza… Perché se hai pochi anni, quindi non hai vissuto in quella epoca, bisogna informarsi/studiare meglio prima di fare brutte figure… Forse non mi sono spiegato bene prima, ma ora credo che anche lei capirà quello che volevo dire.
Quanta pochezza e parzialitá in questi articoletti che non spiegano nulla ma sono solo megafono di propaganda senza alcuno spirito critico.
Anche oggi l’ora d’odio è stata servita, con i nomi dei “cattivi” in bella mostra, e il buon jacopo, chiaramente uno dei “buoni” che ci fa la morale su cosa è giusto o sbagliato credere (come poi se l’istinto di sopravvivenza fosse qualcosa di male. E chissá come mai il buon articolista sta mettendo davanti proprio il suo spirito di sopravvivenza invece di andare ad aiutare i poveri cittadini ucraini, costretti a combattere e morire, o anche tutti i gli altri in difficoltá in ogni zona del mondo, e chissá come mai tutti gli stati occidentali non stanno mettendo da parte il loro istinto di sopravvivenza per difendere qualsiasi paese aggredito), mentre scrive di cose di cui chiaramente capisce molto poco, dal calduccio della sua cameretta (sicuramente mai stato ne negli states che difende a spada tratta, altra faccia della stessa medaglia che critica, ne tantomento nella russia o nell’ucraina).
Facile fare gli eroi, i buoni e i giusti mentre a morire sono altri (ucraini ma anche russi, obbligati a combattere) e facile fare leva sulla sensibilitá ed emotivitá dei lettori e dei cittadini, cosí come mostrate le bombe e i morti solo quando servono ad indirizzare l’opinione pubblica. Tipiche strategie da totalitarismo, mica tanto diverse da quelle messe in pratica dalla russia, anzi.
Fosse nato in russia invece che in italia, il buon jacopo, adesso starebbe, tutto tronfio e convinto, scrivendo nomi di pericolosi insurrezionisti russi da inserire in qualche articolo al veleno e senza un briciolo di spirito critico o di volontá di discussione, da presentare al grande leader putin.
Ma mi faccia il piacere, che la psicopolizia che dice cosa è giusto pensare e quale modello economico, sociale e politico dovremmo volere in quanto “occidentali” è proprio il passepartout per il sistema totalitario che i paesi occidentali stanno sempre più veemente rincorrendo nel nome del pensiero unico dei giusti e del “bene collettivo”.