Il settore immobiliare, da sempre considerato uno dei pilastri dell’economia italiana, è stato per parecchi anni in una sorta di stato comatoso, come un malato al quale viene somministrata una medicina che serve non per farlo uscire dallo stato onirico, ma meramente per riuscire a mantenerlo in vita. Dal 2007 in avanti, il settore ha visto ridursi drasticamente il numero di compravendite, arrivando a toccare il fondo nel 2013, anno che si è chiuso con il mercato residenziale ai minimi storici, con sole 403mila transazioni, vale a dire la metà rispetto al 2008.
Oggi sembrerebbe – ed in questi casi il condizionale è d’obbligo – che il settore possa dirsi in fase di ripresa dalla profonda crisi che lo aveva investito circa due lustri fa. Infatti, come confermato da recenti studi effettuati da Nomisma (società di studi economici), il 2016 si è chiuso con circa 517mila transazioni, con un incremento del 16% su base annua. Basandosi su tali studi, si ritiene, inoltre, che anche il triennio 2017-2019 dovrebbe registrare un trend positivo, con l’anno appena entrato che dovrebbe chiudersi con un bel +6,9% sul 2016, cioè 552mila unità compravendute, un 2018 ancora in aumento con 579mila transazioni (+4,9 rispetto al 2017) e il 2019 con 612mila transazioni (+5,6% sul 2018).
Tali dati, se non saranno smentiti dalla realtà, possono portare ad una crescita esponenziale non solo del settore immobiliare (i dati riportati sono inerenti al solo mercato residenziale), ma anche di settori ad esso contigui e, quindi, dell’economia tutta. Partendo da questo si è portati a ben sperare per il futuro del “mattone”, settore nel quale in passato si rifugiavano tutti coloro i quali fossero in cerca di un investimento “sicuro”. A dire il vero, però, nell’ultimo decennio anche questo tipo di investimento non ha dato più alcuna garanzia: dal 2007 ad oggi le unità abitative hanno perso quasi il 40% del loro valore, come ha fatto notare l’ufficio studi di Tecnocasa.
I benefici derivanti dalla risalita del mattone potrebbero essere particolarmente interessanti anche dal punto di vista occupazionale, perché i tantissimi operai edili licenziati negli ultimi anni hanno fatto molta fatica a riqualificarsi e a trovare un nuovo lavoro, restando perlopiù cassaintegrati prima (quelli aventi un regolare contratto) e disoccupati poi; ma il recupero dei posti di lavoro potrà avvenire sempre che la politica non riprenda ad azzannare la giugulare del settore, con balzelli vari che ne frenerebbero la ripresa.
Altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione quando si parla di settore immobiliare è quello dell’accesso al credito, poiché le imprese (anche se non tutte per la verità) hanno sempre più difficoltà a reperire le risorse necessarie per le loro attività, così come i privati soffrono spesso della negazione di mutui per l’acquisto della casa. Tutto questo accade in un momento storico nel quale i recenti scandali legati a istituti bancari che, spesso hanno erogato finanziamenti ad imprese “amiche” e che oggi soffrono dei c.d. “crediti deteriorati”, che si sono viste costrette ad acquisire pacchetti azionari delle suddette aziende finanziate (vedi, per esempio, il caso Mps-Sorgenia), azioni aventi un valore molto spesso dieci, cento volte al di sotto del finanziamento erogato.
I dati portano a ben sperare, però non si può vivere di sola speranza, ma occorre che questi flebili segnali di ripresi vengano sostenuti da politiche volte alla crescita, non solo alla mera quadratura dei conti. In questo senso la notizia di una nuova manovra da 3,4 miliardi, voluta da Bruxelles, che il nostro Paese dovrà mettere in atto, lascia l’amaro in bocca.
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