Il liberalismo nacque in antitesi al conservatorismo, che guardava al cambiamento come una minaccia per lo status quo, nonché per le élite che dominavano l’Europa. Dal XVIII secolo in poi, i due sono stati interpretati come opposti. In ambito politico, oggi si tende a vedere il conservatorismo come “di destra” e liberalismo “di sinistra”. Nulla di più sbagliato e fuorviante – a sinistra si può essere conservatori (l’Unione Sovietica brezneviana), così come a destra si può essere liberali (l’Italia giolittiana). La divisione destra/sinistra fa comodo a chi non accetta i compromessi che la concreta azione politica richiederebbe per evitare sclerotizzazioni politiche. La costruzione dell’antitesi tra liberalismo come dottrina di sinistra e conservatorismo come dottrina di destra deriva dalla tradizione politica statunitense.
Con Franklin Delano Roosevelt, i democratici iniziarono a chiamarsi liberal (applicando misure espansioniste di sinistra in campo economico) e i repubblicani conservative (che invece preferivano il liberismo in ambito commerciale). Al netto degli aggiornamenti dottrinali in entrambi i campi, le due dottrine non sono sempre in contraddizione tra di loro. Certo, le tensioni tra conservatorismo e liberalismo non mancano. Come scrisse Charles Krauthammer (The Washington Post, 26 luglio 2002), «per capire come funziona la politica americana, bisogna capire una legge fondamentale: i conservatori pensano che i liberal siano stupidi. I liberal pensano che i conservatori siano cattivi.» Il conservatorismo ha astio per il liberalismo, ma non per il liberismo. Il liberalismo ha astio per il conservatorismo, ma non per conservazione dello Stato di diritto.
La via di mezzo tra le due dottrine è nella figura del liberalconservatore, che attinge al conservatorismo liberale quanto al liberalismo conservatore. Il primo è un conservatorismo non nazionale che abbraccia idee liberiste e difende proprietà privata, libero mercato, istituzioni. Il secondo deriva dal liberalismo classico ed è anch’esso basato sul liberismo, spesa pubblica e welfare limitati, efficienza dei conti pubblici, eliminazione del protezionismo, attenzione ai diritti individuali. Il liberalconservatore è il prodotto di queste due correnti. Molti conservatori sono contrari alla deriva etnocentrica e xenofoba delle destre odierne che prediligono l’autoritarismo alla democrazia, il collettivismo alla tolleranza.
Il conservatorismo di molti partiti politici oggi assume posizioni intransigenti, nazionaliste, protezioniste. Guarda al passato, critica la globalizzazione, vuole frontiere, muri, nonché la mano pensante dello Stato. Il che lo avvicina più al socialismo che al liberalismo. Il conservatorismo di oggi è un ostacolo verso la maturazione di un compromesso di orientamento liberale. Spesso s’identifica con una religione, mentre il liberalismo in genere è laico. D’altra parte, anche il liberalismo ha le sue colpe. L’idealizzazione eccessiva del mercato, la globalizzazione senza regole e l’assenza totale di welfare lo allontanano da una possibile integrazione con il conservatorismo. Diversi liberali di oggi guardano ai conservatori come reazionari e strillano eccessivamente contro il paternalismo, confondendolo con l’autoritarismo. Il compromesso del liberalconservatore ben concilia le posizioni degli uni e degli altri.
A monte delle incomprensioni tra liberalismo e conservatorismo ci sono i diverbi tra Adam Smith e Edmund Burke. Tuttavia, in generale c’è molta, troppa, confusione su cosa si intenda per liberalismo. L’aggettivo “liberale” e il nome “liberalismo” sono di accezione europea, di centrodestra. Identificano «concezioni politiche e filosofiche che enfatizzano il ruolo della libertà individuale, nonché l’esigenza di limitare l’ingerenza dello Stato nell’economia e nella vita quotidiana», secondo Luca Ricolfi (Sinistra e popolo). D’altra parte, “liberal” e “liberalism” sono di accezione americana, di centrosinistra e identificano valori dei partiti progressisti. Le incomprensioni linguistiche non sono un problema minore in questo caso. Chi in Europa è considerato liberale di centrodestra, negli Stati Uniti potrebbe essere considerato un liberal di sinistra, cioè un progressive.
Secondo Daron Acemoğlu e James Robinson (Why Nations Fail) nel diciannovesimo secolo negli Stati Uniti e in Europa il significato di liberalismo era simile a quello che oggi è chiamato libertarismo, a favore di libertà individuali e libero scambio. Questo è il significato originale di liberalismo, cosa che dovrebbe tranquillizzare il conservatorismo, dal momento che favorisce lo Stato di diritto ad esso molto caro. Il liberalismo auspica uno Stato guidato dal rispetto della legge. Uno Stato forte e al contempo limitato, efficiente, non invasivo, garante del rispetto dei diritti individuali. Su questo, conservatori e liberali dovrebbero andare d’accordo. Lo Stato deve garantire la concorrenza ed è imprescindibile nella società in quanto garanzia della protezione della proprietà privata e dell’iniziativa economica. Questo è il ruolo dello Stato secondo il liberalconservatore.
«Salvo la difesa, la giustizia e l’ordine pubblico, in cui lo Stato ha la supremazia […], l’ideale è che nel resto delle attività economiche e sociali si favorisca una partecipazione […] dei cittadini in un regime di libera concorrenza», scrive Mario Vargas Llosa (Il richiamo della tribù). Se da una parte i liberali sanno che non è possibile conoscere tutte le risposte, i conservatori invece dimostrano una sicurezza preoccupante circa i fenomeni umani. In questo senso, il liberale è molto più umile del conservatore. «Il liberalismo non punta all’estinzione della presenza pubblica», ricorda Lorenzo Infantino nella prefazione di Liberalismo di Friedrich von Hayek, che a sua volta si definiva “non-conservatore”. Di fatti, né John Locke, né David Hume, né Smith e neppure il padre del conservatorismo Burke si sono espressi contro lo Stato in quanto tale.
Riconoscono piuttosto che questi debba essere limitato – cosa che riconosceva anche Hayek, il padre del neoliberalismo. Il liberalconservatore propone una via di mezzo tra conservatorismo e liberalismo. Attinge al conservatorismo liberale e al liberalismo conservatore, cercando di mitigare le due posizioni. Un esempio di concreta manifestazione delle due dottrine nel liberalconservatore potrebbe essere il conservatorismo cosmopolita, o il neoliberal-conservatorismo reaganiano. Basato, come ricorda Krauthammer, su una visione ottimistica del mondo e sulla speranza che gli Stati Uniti aiutino gli altri paesi ad intraprendere il cammino verso la democrazia, la libertà, il rispetto dei diritti umani e la libertà economica.
Al netto dell’enorme debito pubblico e del deficit il conservatorismo internazionale orientato verso la globalizzazione non dispiace ai liberali. La sintesi migliore tra liberalismo e conservatorismo l’ha fatta Sergio Romano (Memorie di un conservatore) nel definire il liberalconservatore. «A differenza dei liberals, il conservatore liberale è prudente e […] riconosce il valore universale dei principi di libertà, ma non crede che tutti gli uomini possano farne egualmente buon uso. Crede che tutti gli uomini “siano stati creati uguali” […], ma sa che essi si disporranno lungo la strada della vita secondo un’inevitabile gerarchia. Sa di non potersi più opporre al suffragio universale, ma non crede che tutti i voti siano qualitativamente eguali e diffida della democrazia perché essa contiene in sé il germe della “tirannia democratica” in cui una nomenklatura esercita il potere in nome di una massa unanime e plaudente».
Il compromesso attorno alla figura del liberalconservatore può essere la soluzione per porre fine ad un dibattito che vede conservatorismo e liberalismo. Se perfino il Socialismo può essere declinato in salsa liberale, perché anche il conservatorismo non può Essere declinato in tal senso? Questo avviene già in materia economica, dove i conservatori, quando non sono in preda ad isterismi protezionisti, abbracciano il libero mercato. Un conservatorismo liberale e un liberalismo conservatore possono essere riassunti nell’internazionalismo liberale e nel cosmopolitismo conservatore espresso dalla figura del liberalconservatore. Egli è il frutto di un compromesso oltre gli asti tra le due dottrine, liberalismo e conservatorismo, di cui si serve in maniera non antitetica, ma complementare.