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Speaker's Corner

Ichino e i dipendenti pubblici fannulloni

La scorsa settimana, in un’intervista a Libero, Pietro Ichino ha affermato che per larga parte dei lavoratori pubblici il lavoro da casa sarebbe stato “solo una lunga vacanza pressoché totale, retribuita al cento per cento”. Non lo avesse mai detto! In poco tempo si è scatenato un putiferio, provocando una levata di scudi da parte dei sindacati, imbufaliti, gli strali dei dipendenti pubblici e la reazione sdegnata di alcuni esponenti del governo.

Il ministro della pubblica amministrazione, la semisconosciuta Fabiana Dadone, gli ha replicato sul Corriere della Sera sostenendo che l’affermazione di Ichino è irrispettosa e non corrisponde al vero. La risposta del ministro è di una vaghezza impressionante: “La pubblica amministrazione non ha mai chiuso, ha sempre garantito i servizi essenziali ed è andata anche oltre col lavoro di medici e forze dell’ordine”. Senza fornire numeri precisi e verificabili, tranne il fatto che, “durante il lockdown, abbiamo avuto punte del 90% di lavoratori del pubblico in Smartworking nelle amministrazioni centrali, oltre il 70% nelle Regioni”.

Controreplica, irrefutabile, di Ichino: “Qual è, settore per settore e regione per regione, la percentuale di dipendenti pubblici la cui funzione si presta effettivamente a essere svolta da remoto? E quanta parte di questa è stata svolta effettivamente? Hanno davvero lavorato da remoto anche gli addetti ai musei, gli uscieri, il personale tecnico delle varie sedi chiuse, gli ispettori delle varie amministrazioni?”. Game set and match. Silenzio tombale dalle parti del ministero.

Ichino può piacere o meno; talvolta ha posizioni discutibili (sui rider della gig economy, sui voucher o sul referendum costituzionale ai tempi). Giuslavorista tra i più noti in Italia, è stato tra i primi e più convinti teorici della flexsecurity di stampo socialdemocratico, un modello tuttavia difficilmente esportabile da noi data l’incapacità cronica di riallocare il capitale umano e implementare politiche attive (problema atavico che non si risolve di certo assumendo nei centri per l’impiego lavoratori inesperti e precari, ovvero i cosiddetti navigatore – gli unici che hanno trovato un lavoro mercé il reddito di cittadinanza). Come ha sottolineato Andrea Garnero, “in questi anni l’Italia ha provato la flexsecurity, ma alla fine si è vista molta flessibilità e poca sicurezza per i lavoratori più fragili” .

Ma, al di là delle sue idee, opinabili ancorché legittime, quando si parla di Ichino, bisognerebbe avere un sovrappiù di accortezza e rispetto considerando che, per via delle sue posizioni riformiste, ha vissuto diversi anni sotto scorta perché nel mirino di un manipolo di neo brigatisti che ne avevano pianificato l’assassino. E comunque, sul punto ha ragione da vendere.

Infatti, mentre un terzo dei lavoratori era costretto alla cassa integrazione, subendo decurtazioni di reddito e i noti, inaccettabili ritardi nei pagamenti da parte dell’INPS, mentre 500.000 lavoratori perdevano il posto di lavoro (diventeranno due milioni, secondo le stime dell’Istat entro l’anno prossimo), mentre alcune partite Iva e lavoratori autonomi piombavano nell’indigenza, i lavoratori del pubblico impiego hanno goduto di un regime privilegiato, mantenendo intatto il proprio stipendio e posto di lavoro, senza dover espletare alcuna mansione dato che gli uffici erano chiusi (salvo eccezioni, soprattutto nella sanità o tra le forze dell’ordine, i cui sforzi andrebbero premiati). Una pacchia, insomma… È un’eresia dirlo? Non è questa una forma, abnorme, di disparità sociale tra chi è (iper)tutelato dallo Stato, che durante una recessione al massimo deve sopportare – capirai! – il blocco degli aumenti di stipendio e del turn over; e chi invece, 23 milioni di italiani, lavora nel privato, è soggetto ai fallimenti di un’economia di mercato e ha più risentito (e risentirà) dei morosi della crisi economica incombente, con tutte le conseguenze del caso?

La pubblica amministrazione, 3,2 milioni di lavoratori, è complessivamente inefficiente, mal allocata, pletorica laddove non serve e carente laddove ce ne sarebbe più bisogno (cancellieri dei tribunali, medici di base ecc). Nel pubblico impiego non esiste meritocrazia né tantomeno valutazione e controllo dell’operato. Una casta di intoccabili (di fatto un lavoratore pubblico è illicenziabile e non solo in virtù di un concorso).

Gli insegnanti e i magistrati sono tra i lavoratori che godono di più ferie durante l’anno. Da anni si lamenta che gli insegnanti siano meno pagati rispetto ai loro omologhi europei; però si omette di dire che se questo avviene, forse?, è perché nel nostro Paese di insegnanti ce ne sono troppi (lo fece notare qualche tempo anche Tommaso Monacelli). Se spendiamo il 97% delle risorse destinate all’istruzione per pagare gli stipendi del milione abbondante di dipendenti del settore, semmai il problema sarà non quanto spendiamo, ma la qualità ed efficienza della spesa pubblica. E prima di avanzare rivendicazioni salariali, bisognerebbe pretendere che un’insegnante capace e brillante sia pagato molto di più rispetto ad uno mediocre o scadente (quelli incapaci o inadeguati andrebbero interdetti dall’insegnamento, ma questo è un altro discorso).

Anni fa, da presidente dell’INPS, Tito Boeri, con un certo risalto, rese pubblici i dati dell’istituto secondo cui i dipendenti pubblici avevano tassi di assenteismo più che doppi rispetto al privato (11 giorni l’anno a testa contro 5). Cagionevoli di salute? Spossati dal troppo lavoro? Difficile da credere. Certo, al netto delle generalizzazioni, accanto a fannulloni e lassisti convivono lavoratori indefessi e dotati di un forte senso del dovere. Ma temiamo siano una minoranza, soprattutto al sud, dove il pubblico impiego è considerato una forma di ammortizzatore sociale (abbiamo più forestali in Sicilia e Calabria che in Canada!).

Compito della politica sarebbe, non di imbastire polemiche vacue, ma di snellire e far funzionare al meglio questa macchina pubblica elefantiaca e farraginosa.

7 comments

Francesco 29/06/2020 at 13:38

Peccato che i lavoratori della pubblica amministrazione e i loro famigliari votino e chi è quel pazzo che rinuncia ai loro voti?

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Dario Greggio 29/06/2020 at 17:50

:D :D #sdm

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Luigi Naselli 29/06/2020 at 18:12

Invece di dibattere perennemente sulla qualità del pubblico impiego perché mai alcun governo, attraverso i suoi Ministeri, non ha avviato una seria revisione ed informatizzazione dei procedimenti della macchina statale notoriamente inefficiente e pletorica, oltre che costosa. Lo hanno fatto grandi aziende pubbliche e private, ridimensionando e rinnovando il personale. Lo Stato che ne avrebbe tutto il potere ed i mezzi non lo fa.

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Aldo Mariconda - Venezia 29/06/2020 at 20:11

Da non esperto mi chiedo:
1) Sono troppi gli insegnanti? Allora come mai si parla di classi sovraffollate di 30 alunni? Troppe matierie? Squilibri territoriali?
2) Vero che gi stipendi sono più bassi che in Germania e in altri Paesi vicini della EU occidentale, ma anche tutti i ns. redditi medi sino pià bassi e il ns. PIL/pro.capite è fermo o è additittura sceso negli ultimi 21 anni (pre-Covid 19) . V. Dati OECD
2) Unica eccezione, lo stipendio dei magistrati e dei vertici della P.A., veramente in contrasto con l’affermazione precedente

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rocco 01/07/2020 at 14:38

Provo a rispondere
1) non lo so, ma penso ci si riferisca ai lavoratori della scuola che include anche altro personale oltre quello insegnante.
Sui due punti 2 penso tu abbia ragione.
Unica cosa per cui dissento è che oltre ospedalieri e forse dell’ordine anche gli insegnanti hanno lavorato. Quelli dell’università hanno anche continuato a fare ricerca e molti insegnanti delle scuole dall’infanzia alle superiori hanno svolto formazione. Certo non tutti. Ma il controllo del loro operato è uno dei problemi, si sa.
Comunque in quanto docente universitario mi aspettavo una decurtazione di stipendio temporanea, che non è avvenuta, spero che questo non ne provochi una a lungo termine a breve…

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Elena Scipioni 01/07/2020 at 15:09

Sono una dipendente pubblica, inserita in un servizio che non ha mai chiuso, anche se a turno abbiamo usufruito dello SW x evitare sovraffollamento in uffici stretti. Non credo di aver perso neanche un minuto del tempo lavoro in cose diverse, anzi stando a casa ho avuto la possibilità, nel periodo di pandemia, di fornire un servizio migliore all’utenza in considerazione del fatto che ho messo a disposizione la mia rete internet ed il mio PC, molto più avanzati di quelli che ci mette a disposizione l’amministrazione. La mia Direzione in primis e i colleghi hanno fatto di tutto per garantire servizi migliori possibili e tutti abbiamo cercato di dare il meglio, malgrado le difficoltà causate dalla pandemia. Mi sono comunque sentita una privilegiata, a fronte di tutti coloro che sono stati messi in cassa integrazione o, peggio, hanno perso il lavoro. Come me so di molti altri anche in altri settori che hanno comunque garantito le stesse ore di lavoro, e forse anche più, prestando la propria attività lavorativa da casa (dove non si timbra il cartellino ed è più difficile staccare). Però condivido che non sia stato così per tutti i profili dei dipendenti pubblici e ritengo (anche se penso che sia un discorso impopolare) che ogni Dirigente di servizio avrebbe dovuto esaminare tutte le posizioni lavorative e valutare chi, non potendo svolgere effettivamente il proprio lavoro da casa, avrebbe per esempio potuto essere impiegato in altre attività utili nel momento della pandemia (ai centralini, nelle pulizie o altro) e quindi essere messo a disposizione in altri settori della PA. Quello che non accetto è però quando sento parlar male a prescindere dei dipendenti pubblici. Ricordiamo che fra loro ci sono i medici e gli infermieri che ci curano, gli insegnanti dei nostri figli (non tutti hanno cavalcato la didattica a distanza come scusa x non fare niente), le forze dell’ordine, le persone che puliscono le strade, ecc..
Sicuramente serve un ripensamento globale sui servizi pubblici ed una riorganizzazione, anche prevedendo lo strumento del lavoro agile a scopo di miglioramento di certi servizi. Grazie

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Angelo 20/09/2020 at 01:16

Gli statali sono troppi e soprattutto godono di privilegi che coloro che lavorano nel privato non hanno ma soprattutto sono deleteri i big manager l alta burocrazia parastatali gli enti inutili a peggiorare il quadro si aggiunge il costo del lavoro altissimo le tasse sul lavoro come Irap imposta di rapina e l’azione deleteria della Ue e il fatto che l italia non deve essere il campo profughi d’ Europa senza razzismo!

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