La comunicazione politica in Italia? Erano meglio Peppone e Don Camillo. Matteo Salvini sbarca su TikTok, il china social dei dodicenni, ma abbracciare un albero circondato da fringuelli svolazzanti si rivela una mossa un tantino azzardata. Pare che i dodicenni non abbiano molto apprezzato. Del resto i dodicenni mica stanno inguaiati come i maggiorenni. Un dodicenne i social li domina, non si fa guidare.
C’è poi da considerare i danari, tanti danari, che i leader italiani investono sui social. Centinaia di migliaia di euro per allietarci con i loro post pieni di emoticons, nutella e viaggi in famiglia, in una stramba idea di cultura popolare. Sembra comunque che il dominus Salvini, ultimamente, venga insidiato da Giorgia Meloni, che scala like dopo like le classifiche della destra nazionale. Meloni addirittura si intesta il video parodia di Piazza San Giovanni che la sbertuccia. Come diceva Wilde, c’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé. Ma lui era Wilde.
Ad ogni modo che importa chi sei e se durerai un’altra stagione, invece di riflettere, pensare, immaginare, l’importante in Italia è sempre stato cazzeggiare. Del resto, meno male! Se non ci fossero questi campioni della politica nazionale non ci saremmo neanche noi giornalini o giornaloni a raccontare. Quello che conta sui social dei politici, ad ogni modo, non è la qualità ma la quantità del messaggio. Più ti bombardo, più ti profilo, più capirò come continuare a farlo meglio. O almeno così spiegano i pentiti di Cambridge Analytica.
È la sintesi della vita di Zuck e di molti di noi. Protesi di protesi su Rieducational Channel. Una noia mortale. 19 post al giorno su porti chiusi e moto d’acqua pubblicati sulla fan page di Salvini, nei primi giorni di governo gialloverde, mentre Meloni si fa sotto indicizzando keyword come Italia ed itagliani. Cala invece Luigi Di Maio, solo 3 post al giorno per quel che resta di Casaleggio Associati, un tempo leader del cazzeggio globale. 220 post in due mesi per Di Maio, ex aequo con il segretario del PD Zingaretti. Sarà che col reddito di cittadinanza anche sui social si quaglia di meno.
Torna alla carica persino l’ex premier Matteo Renzi il quale, dopo aver ammesso qualche giorno fa che con Salvini sui social non c’è partita, pare stia risalendo la china delle visualizzazioni con Italia Viva. Sempre che non tornino, speriamo per lui, anche i fasti del referendum costituzionale e di Jim Messina. Infine il presidente del consiglio Giuseppe Conte, anche lui con una media di 3 post al giorno su Facebook, ma qui dalla comunicazione politica ci spostiamo a quella istituzionale. Da Kohl e Mitterrand alla spalla di Tom Cruise immortalato mentre solca in motoscafo Venezia.
Detto ciò, si possono fare un paio di considerazioni sulla comunicazione politica digitale in Italia. La prima è che se il livello medio dei concetti espressi dai leader è questo, gli italiani resteranno sempre una spanna sopra chi li governa. Finiti i tempi del maestro Manzi e di chi sognava una TV che insegnasse qualcosa agli italiani, abbiamo imparato molto di più dal Drive In che dai social politici.
Seconda considerazione. Se a qualcuno dovesse venire voglia di ricostruire una politica con una visione, che non sia quella della prossima story su Instagram, iniziamo pure a confrontarci su una nuova estetica pop e digitale. Urca. Estetica? Non è mica robbba da Facebooook!!! Ma verrà il giorno in cui andremo oltre i meme, le grafiche stile realismo socialista, le quattro righe scritte così perché l’ha detto il guru Aranzulla. È un’allegra brigata politica quella che ogni secondo ci allieta o ci tormenta online, fate un po’ voi. Ma se qualcuno ha intenzione di variare un po’, noi siamo qui.
1 comment
crepate umani di merda cerebrolesi.