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Politica interna

Dai pentastellati al (nuovo) Pentapartito. Storia di un ritorno al futuro.

Collegi piccoli, (re)introduzione delle preferenze, no al ballottaggio. No signori, non è Einaudi che parla ma la delegazione grillina in Commissione Affari costituzionali della Camera. Una proposta indecente? Una polpetta al vetriolo? Una via ragionevole per resettare quanto di peggio questa nostra seconda repubblica abbia prodotto? Sta in queste tre opzioni la risposta alla inaspettata svolta proporzionalistica dei deputati pentastellati che spiazza, stavolta sì, anche i più nostalgici di un sistema stabile nell’instabilità, governabile nella ingovernabilità e che ha prodotto, tra le mille cose, più di sessanta esecutivi in sessant’anni ma senza che l’uno smentisse mai quello che lo aveva preceduto.

Se qualcuno voleva una proposta forte, nelle more di un giudizio costituzionale sulla attuale legge elettorale, ebbene stavolta l’ha avuta. E non da poco. Il fatto che la forza più antisistema che sieda in Parlamento abbia tirato fuori dal cilindro la legge elettorale a noi più familiare, stavolta, impone una riflessione dalla quale i rappresentanti delle nostre istituzioni non possono sfuggire.

Parliamoci chiaro. Il Movimento 5 Stelle, sondaggi alla mano, è lo schieramento politico che maggiormente – ad oggi – potrebbe giovarsi dei meccanismi dell’Italicum, un sistema elettorale pensato su misura per una logica bipolare che, se qualcuno ancora non se ne fosse accorto, è defunta da tempo. Le recenti elezioni amministrative – non è un mistero – regolate da una sistema elettorale abbastanza similare al vigente Italicum, ha decretato una sconfitta clamorosa del Pd in due città fondamentali come Roma e Torino. E se appare strano che il partito di maggioranza relativa (in Parlamento), totalmente imprevidente, un anno fa abbia fa fatto questo regalo al Movimento 5 Stelle appare ancora più strano che le prime reazioni dei democratici a questa proposta siano di chiusura totale.

Ragioniamo. Se passasse il proporzionale by Grillo il Pd sarebbe chiamato a raccogliere, volente o nolente, il ruolo che per cinquant’anni in questo Paese ha occupato la Democrazia Cristiana con i cespugli, ora più ora meno corposi, rappresentati dai socialisti, dai socialdemocratici, dai repubblicani e dai liberali. E il Movimento 5 Stelle, la forza che proprio come il Partito Comunista – stante la remota possibilità di allearsi con qualcuno – potrebbe condurre una nobile opposizione senza rinunciare a controllare una larga fetta di Paese a livello comunale e regionale come peraltro sta già facendo da diverso tempo. Una sorta di curiosa conventio ad auto-excludendum, alla cui base forse poggia la constatazione da parte dello stato maggiore grillino dell’impreparazione di gran parte della classe dirigente. Roma docet.

Ad occhio, a rimetterci le ossa, sarebbe il blocco dell’ex-centrodestra, già insofferente e oscurato dalla massiccia opposizione grillina. Ma a ben vedere, se intelligentemente gestita, questa operazione consentirebbe a parte delle pattuglie berlusconiane di tornare ad assaporare l’arte del governo proprio a fianco di un Pd ormai – è nei fatti – sempre più sgombro dall’influenza ideologica post-comunista. Se il centrodestra, da tempo ormai in formato bonsai, accettasse il ruolo di “spalla” del Pd potrebbe però, a sua volta, ritagliarsi un ruolo tutt’altro che marginale proprio come seppe fare alla fine degli anni ’70 e per un decennio abbondante Bettino Craxi con il suo Partito Socialista. E siamo sicuri che a Parisi, che dal mondo socialista proviene, questa ipotesi non dispiacerebbe affatto.

Traendo le conclusioni di questo fantasioso “ritorno al futuro” la politica italiana potrebbe finalmente tornare a dotarsi di un quadro di regole condiviso che permetterebbe un po’ a tutti lasciarsi alle proprie (e alle nostre) spalle le logiche frontistiche del recente passato che hanno portato la politica italiana a questo pantano caratterizzato, nell’ordine, da una maggioranza frutto di un equilibrio diverso da quello emerso dalle urne nel 2013, da un Parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale e, di nuovo, da un sistema elettorale a forte rischio di bocciatura della Consulta. Un rischio, questo ultimo, che non passerebbe mai il neo-proporzionale proposto dai grillini.

Bisognerà ora vedere se il niet del Pd, al netto delle sirene bersaniane, si dimostrerà essere solo di facciata o palesemente strumentale (e dati i vantaggi che abbiamo poc’anzi rilevato non è ipotesi da escludere). Fatto sta che, tra le mille stravaganze grilline, questa proposta imbocca, una volta tanto, una ipotesi non peregrina. Chissà ora, nelle segrete stanze della residenze di Grillo e Casaleggio jr. cosa staranno pensando di questo assist dei pentastellati al pentapartito di ritorno.

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