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Critica de “Il capitale nel XXI secolo” – 5° parte

La spiegazione mancante: cosa dovrebbe accadere al capitalismo?

 

Dopo la nostra approfondita critica del modello di Piketty (articolo 2, articolo 3 ed articolo 4), ci apprestiamo a concludere la nostra digressione sul libro dell’economista francese passando ad un altro aspetto, importante, del suo libro: le – quasi assenti – previsioni sul futuro del capitalismo. Secondo lo studioso francese (come ormai avrete capito), sia la disuguaglianza dei redditi che la disuguaglianza della ricchezza sono fortemente aumentate dal 1970 e molto presto raggiungeranno livelli simili a quelli della seconda metà del 19 ° secolo. La tesi principale di Piketty, attingendo direttamente dal libro, è la seguente (2014: 196): “Entro il 2100, l’intero pianeta potrebbe apparire come l’Europa a cavallo del ventesimo secolo, almeno in termini di intensità di capitale”.Peccato, però, che diversi grafici riportati proprio in Il capitale nel XXI secolo mostrano qualcosa di leggermente diverso da quello che Piketty stesso cerca di rivendicare. Osservando quanto riportato nel libro per paesi come la Francia, la Svezia, il Regno Unito e gli Stati Uniti, si può evincere che la disuguaglianza della ricchezza (prendendo in considerazione i dati sulla quota della ricchezza dell’1% e del 10% più ricco della popolazione) non sia fortemente aumentata come Piketty cerca di farci credere. L’unica nazione, tra le quattro prese in considerazione dall’economista parigino, in cui la disuguaglianza della ricchezza è aumentata maggiormente sono gli Stati Uniti. Qui, secondo i dati di Piketty, la quota di ricchezza del top 1% è passato dal 29% del 1970 al 33-34% del 2010, mentre la quota di ricchezza del 10% della popolazione oggi detiene il 71%, mentre nel 1970 deteneva circa il 66% della ricchezza nazionale.

La nostra critica non vuole assolutamente spiegare che la disuguaglianza non sia aumentata, anzi: come giustamente ha scritto settimana scorso l’ex direttore del The Economist il tema della disuguaglianza sociale è uno dei dibattiti che deve far riflettere tutti coloro che si reputano liberali. I dati di Piketty dimostrano chiaramente che nel corso degli ultimi 40 anni la concentrazione della ricchezza è aumentata, però, essa non è assolutamente aumentata a livelli vertiginosi e soprattutto il modello di Piketty non ci permette di spiegare perché essa sia aumentata. Come Robert Shimer, professore di economia presso l’Università di Chicago, o Richard Schmalensee, professore del Massachusetts Institute of Technology, spiegano: “è estremamente importante evidenziare il punto seguente: il principale fattore che sta portando ad una crescente disuguaglianza della ricchezza sembra essere la divergenza del reddito e non la contraddizione generale del capitalismo di Piketty”.

Anche Paul Krugman, che nell’aprile del 2014 scrisse una recensione in cui si mostrava d’accordo con Il Capitale del XXI secolo, ci spiega che “molto più realisticamente, il fattore principale alla base di questa nuova ondata di disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza è la nascita dei super-stipendi per i super-manager.

L’emergere dei “super-manager”, come Piketty chiama la nuova generazione di capi e dirigenti ben pagati e meravigliosamente premiati, può permetterci di comprendere meglio la divergenza del reddito e la disuguaglianza della ricchezza tra i più ricchi e il “restante 90 per cento della popolazione” anziché le tre, semplici e limitate, “leggi del capitalismo”.

Come Luigi Zingales (2012), Joseph Stiglitz (2012) e Robert Frank (1995) identificano nelle loro opere, la storia dei “super-manager” è solo una spiegazione parziale della crescente disuguaglianza economica. L’aumento del reddito e della disuguaglianza della ricchezza – soprattutto nel mondo occidentale – è determinato da molti altri fattori: dal “capitalismo clientelare” al cosiddetto “winner-take-all system”; dalla “globalizzazione” al “vero potere politico ed economico di pochi”.

La discussione di tutti questi importantissimi fenomeni economici, politici e sociali , è quasi del tutto assente nel libro di Piketty.

Secondo il professore francese, infatti, la “contraddizione centrale” e le due “leggi fondamentali” del capitalismo sono in grado – da sole – di spiegare la spirale inegualitaria che viene generata dalla costante diminuzione della crescita economica.

Tuttavia, pur sostenendo che questa spirale inegualitaria raggiungerà nel corso del 21° secolo “livelli simili a quelli dell’età dorata”, Piketty non ci fornisce alcuna spiegazione delle “conseguenze potenzialmente terribili” che un costante aumento della disuguaglianza economia potrebbe generare e non prevede alcun futuro cambiamento del sistema capitalista. Inoltre, negli ultimi quattro capitoli de Il capitale del XXI secolo, Piketty si impegna in raccomandazioni politiche, tra le quali un’utopica tassa globale sulla ricchezza.

Siccome non vogliamo addentrarci nella giungla politica della “raccomandazioni ai policymakers” ci fermiamo solamente a sottolineare come valga la pena ricordare che le diverse raccomandazioni del professore francese mirano a migliorare il così detto capitale umano (tramite istruzione, formazione per l’occupazione, i benefici dei lavoratori) che è esattamente il tipo di capitale che Piketty non prende in considerazione al momento di definire cosa sia il “capitale”. Allo stesso tempo, come Paul Krugman (2014) scrive, “l’appello di Piketty per una tassa globale sulla ricchezza manca di rigore accademico e non sembra plausibile, visto quanto accaduto negli ultimi due secoli”.

Così, nonostante l’obiettivo del libro, Piketty si dimentica completamente di rispondere alla seguente domanda: “che cosa accadrà al capitalismo, se la disuguaglianza di reddito e disuguaglianza di ricchezza continua a spirale?” Il libro non fornisce alcuna chiara tesi sul futuro del capitalismo. Infatti, se, da un lato, Piketty ricorda nella sua introduzione le idee di David Ricardo e Karl Marx, due dei più potenti pensatori classici che hanno avuto una visione molto chiara, e negativa sullo sviluppo armonico del “capitalismo” del 19° secolo; dall’altro, sembra molto più interessato a descrivere il suo tipo di società ideale, e sotto certi aspetti ci ricorda molto di più il libro di John Kenneth Galbraith (1996) “The Good Society”.

Per tutti gli studiosi ed addetti ai lavori, questa è una grande delusione. Nonostante gli errori di valutazione, Il capitale neXXI secolo è un libro che ci ha permesso di riscoprire la bellezza, la forza ed il “vecchio affascinante spirito” dell’economia politica classica, quella dei grandi economisti del XVIII e XIX secolo.

Per ricapitolare, infine, giungiamo così alla vera e propria conclusione della nostra critica.

Nonostante tutto, Il capitale del XXI secolo traccia una storia molto avvincente, interessante e in qualche modo nuova riguardo lo sviluppo della disuguaglianza economica ed il capitalismo moderno. Come John Cassidy (2014) scrive nella sua recensione, “Thomas Piketty ha scritto un libro che nessuno, interessato ad una questione centrale della nostra epoca, può permettersi di ignorare “.

Questo è assolutamente vero. Tuttavia, è importante ricordare al lettore che Piketty si concentra solo su un aspetto specifico della disuguaglianza – reddito e ricchezza – e che la sua “grande teoria” non aggiunge nulla di completamente nuovo al dibattito, tranne che per la sua enorme quantità di dati , che, tuttavia, ampliano ma confermano conclusioni precedenti ed attuali. Molti studi (Bourguignon e Morrisson, 2002; Milanovic, 2006; van Zenden et al, 2013), infatti, hanno già sottolineato il fatto che la disuguaglianza economica sia aumentata soprattutto a causa, come abbiamo detto, di un drammatico aumento della divergenza dei reditti.

Quello che Il capitale del XXI secolo non riesce pienamente e correttamente a tenere in considerazione è l’importanza dell’aumento dei salari per la classe media. Piketty discute molto bene le variazioni della disuguaglianza dello 0,1% e dell’1% della popolazione, ma lui “non si concentra sufficientemente su ciò che sta avvenendo nel mezzo” (Acemoglu e Robison, 2014: 10 ), cioè non ci spiega bene quello che sta accadendo al “restante 90% della popolazione”

Come Joseph Stiglitz (2014) riassume bene, il problema principale di oggi sembra molto più legato ai salari stagnanti della classe media. Come mostrano i dati, i lavoratori della classe media hanno visto i loro salari reali crescenti molto modestamente negli ultimi trenta anni. Per questo motivo, il rilancio della crescita dei salari reali sarà nel prossimo futuro una delle sfide principali che i politici delle economie sviluppate dovranno cercare di affrontare.

Inoltre, come Deirdre McCloskey (2006; 2010) sottolinea, la più importante conseguenza della nascita del capitalismo moderno sta nel fatto che, per la prima volta nella storia, il salario reale del lavoratore comune è aumentato in modo esponenziale. Quindi, per dirla semplicemente, se i salari reali della classe media continuano ad aumentare – come hanno fatto per circa due secoli, dall’affermazione del capitalismo moderno ad oggi – la disuguaglianza economica non potrà mai essere la “debolezza centrale” del nostro sistema economico .

Studi di Clark (2005), Allen (2001) e Feinstein (1998), mostrano come fino ai primi decenni del 1800 il salario reale del lavoratore medio fosse praticamente “trendless” ma che a partire dalla metà del 19 ° secolo – i decenni del Il capitale di Marx – i salari cominciarono a aumentare sostanzialmente in tutto il mondo occidentale. Inoltre, secondo Ian Gazeley (2013) in alcuni paesi europei, come il Regno Unito, l’eliminazione della povertà assoluta tra le famiglie che avevano l’opportunità di avere almeno un membro che poteva accedere al mondo del lavoro era stata completata prima della fine degli anni trenta, ben prima dell’affermazione dello “Stato sociale”.

Come detto, Piketty si concentra sul reddito e sulla disuguaglianza della ricchezza del top 1%, 0,1% o anche 0,01%. Tuttavia, se andiamo ad osservare cosa stia succedendo ai più poveri, si può notare come “il numero di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno è diminuito drasticamente negli ultimi tre decenni, da circa la metà dei cittadini nel mondo in via di sviluppo nel 1981, al 21 per cento nel 2010, nonostante un aumento del 59 per cento della popolazione mondiale nei paesi in via di sviluppo” (World Bank, 2013).

Questo, naturalmente, non implica che la battaglia contro la povertà assoluta e la disuguaglianza a livello globale sia stata vinta, ma suggerisce che, nonostante un recente aumento in termini di coefficiente di “Gini” o di regole di”Piketty”, il tasso di ritorno del capitale ed il tasso di crescita non sono gli unici fattori che contano e che lo studio della disuguaglianza economica analizzando il top 1% della popolazione non ci permette di analizzare in modo corretto l’evoluzione storica della disuguaglianza economica. Diversi studi, come quelli di Milanovic et al (2011) o Binmore (2006), hanno dimostrato, infatti, che la disuguaglianza è sempre stata un elemento centrale di qualsiasi tipo di società nel corso della storia, a partire dall’avvento dell’agricoltura sedentaria.

Infine, nonostante il professore francese evochi David Ricardo e Karl Marx, Il capitale di Piketty si concentra troppo poco e troppo genericamente sulla definizione di “capitalismo” e sulle reali implicazioni del nostro sistema economico.

Piketty forse non conosce nemmeno i suoi predecessori classici. Studiando attentamente il pensiero di David Ricardo e Karl Marx, l’emergere del capitalismo moderno, alla fine del 18 ° secolo, in pratica, non significa solo semplicisticamente  “proprietà privata”, come Thomas Piketty sembra credere, ma, come, ad esempio lo stesso Karl Marx (del quale personalmente non condivido le conclusioni del suo pensiero che prevedono la sconfitta del sistema capitalista per dare vita alla società socialista, e cioè la quinta fase storica della società) spiegava in modo molto preciso, la nascita di un’economia capitalista implicava un nuovo modo di produzione che con il trascorrere del tempo ha portato a sempre più grandi economie di scala e più forte concorrenza tra le imprese.

Osservando il libro di Piketty, sembra abbastanza pretenzioso descrivere i cambiamenti storici della distribuzione del reddito e della ricchezza senza avere una chiara idea di cosa sia il “capitalismo” e senza analizzare correttamente i cambiamenti della sua struttura interna.

 

Vedi anche Critica de “Il capitale nel XXI secolo” – Parte 4°

 

Bibliografia:

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