Da qualche giorno social e telegiornali non fanno altro che rimarcare le frasi di Silvio Berlusconi registrate di nascosto durante la riunione di Forza Italia per l’elezione dei capigruppo. L’agenzia LaPresse, infatti, ha reso pubblici due audio (qui il primo e qui il secondo) che hanno generato non poco imbarazzo all’interno della maggioranza del centrodestra; mettendo in discussione, di fatto, l’indirizzo europeista e filo-ucraino dell’imminente esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
Berlusconi, in quell’occasione, avrebbe infatti preso posizioni che ricalcano la propaganda del Cremlino sulla guerra in Ucraina, sostenendo una ricostruzione fantasiosa delle origini del conflitto e ammettendo (quasi apertamente) di non avere molta stima di Volodymyr Zelensky, l’attuale presidente ucraino. Stando agli audio pubblicati, però, il leader di Forza Italia tra le altre cose avrebbe detto di avere
«…riallacciato un po’ i rapporti con il presidente Putin, un po’ tanto: nel senso che per il mio compleanno mi ha mandato venti bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Io gli ho risposto con delle bottiglie di Lambrusco e una lettera altrettanto dolce. Io ero stato dichiarato da lui il primo dei suoi cinque veri amici»
Queste affermazioni, passate in secondo piano rispetto a quelle su Zelenksy e la guerra, restituiscono un po’ la cifra del personaggio Berlusconi, che di certo non è nuovo a uscite del genere. Ma se dovessimo davvero valutare certe esternazioni, esattamente, come le definiremmo?
Probabilmente molti di voi saranno tentati di dire che si tratta di “stronzate“, e in effetti quasi sicuramente è così. Ma che cos’è davvero una stronzata? E perché quelle di Berlusconi sono stronzate e non, ad esempio, delle bugie? Che differenza c’è tra una bugia e una stronzata? A primo impatto ci verrebbe da dire che quella sulle bottiglie di vodka e i cinque amici di Putin non è una bugia perché si tratta comunque di qualcosa di verosimile; qualcosa che potrebbe essere vero, per quanto grottesco e ridicolo. Al contrario, quando Berlusconi sostiene che l’invasione russa è un modo per difendere la popolazione russofona delle repubbliche del Donbass siamo di fronte a una bugia, perché sappiamo che questi non sono i fatti. Eppure le cose non sono così semplici. Si possono fare infiniti controesempi: basta un caso verosimile che non siamo disposti a bollare come stronzata per accorgerci che questo criterio è inadeguato.
Possiamo però partire da un’altra intuizione: l’essenza delle stronzate non è tanto nel contenuto della stronzata, ma nell’atteggiamento che il parlante mantiene verso quel contenuto. Non tanto in quello che Berlusconi ha detto, ma nel modo in cui lo ha detto. Si tratta indubbiamente di un passo avanti, ma di per sé non è qualcosa di molto preciso. Se ci pensiamo, infatti, anche dire una bugia implica assumere un certo atteggiamento.
Chi conosce un po’ la filosofia del linguaggio sa ad esempio che la definizione classica di bugia, in parte contestata, è la seguente: un parlante A mente a un destinatario B con una proposizione p se 1) A crede che p sia falsa e 2) A vuole ingannare B facendogli credere che p sia vera. Questa definizione, che come anticipavamo è utile ma superata per vari motivi, ci fa però capire in che senso un bugiardo deve comunque assumere un atteggiamento nei confronti della verità della proposizione. Il bugiardo, infatti, sa che quello che sta dicendo è falso (condizione 1) e quindi, a fortiori, sa che cosa è vero. In questo modo egli dimostra, in un certo senso, di preoccuparsi della verità della proposizione, benché egli la stia di fatto nascondendo al suo interlocutore. Quando diciamo che Berlusconi mente sulla guerra in Ucraina, stiamo anche dicendo che il cavaliere conosce la verità delle cose e in un certo senso assume un atteggiamento di ‘preoccupazione’ o interesse verso di essa; egli infatti è interessato affinché questa verità ad esempio non emerga, oppure che venga fuori deformata.
Il filosofo Harry Frankfurt ha dedicato un saggio intero alle stronzate chiamato appunto “On Bullshit” (2005). Come spiega bene Frankfurt nelle pagine finali del suo opuscoletto, «la persona che mente e quella che dice la verità, in un certo senso, partecipano allo stesso gioco ma da posizioni opposte. Entrambi rendono conto dei fatti per come li comprendono, ma mentre la risposta di uno è guidata dal rispetto verso l’autorità rappresentata dalla verità, la risposta dell’altro rifugge da quest’ultima e si rifiuta di attenersi alle sue richieste». Giocare al gioco della bugia, quindi, implica comunque mantenere un certo atteggiamento, seppur conflittuale, verso la verità delle cose. Ma allora qual è l’atteggiamento di chi dice stronzate? Prima di riportare la risposta di Frankfurt, partiamo da un esempio.
Immaginatevi di stare andando a trovare un vostro caro amico in ospedale dopo un suo brutto incidente in auto. Arrivate nella sua stanza, vi accertate delle sue condizioni e alla domanda un po’ sciocca “come stai?” lui vi risponde “Mi sento come un gatto investito in autostrada”. Quello che vi ha detto è una bugia o una stronzata? Stando al metro di paragone adottato all’inizio, dovremmo dire che si tratta di una bugia: per quanto ne sapete, è impossibile che il vostro amico malconcio abbia sperimentato letteralmente la stessa sensazione che prova un gatto investito in autostrada. Allo stesso tempo, però, nessuno di voi si sognerebbe mai di dire che rispondendovi in quel modo il vostro amico vi ha mentito. Ma se non sta mentendo allora sta dicendo una stronzata? Qualcuno potrebbe giustamente replicare che, in tal caso, non usereste il termine “stronzata”: quella del vostro amico è piuttosto una similitudine, un paragone banalmente falso ma che serve a restituire in maniera retorica la sensazione del dolore provato dopo l’incidente. L’obiezione è giusta, ma l’esempio ci avvicina comunque all’essenza della stronzata. In un certo senso, infatti, sbagliereste a dire che il vostro amico vi ha mentito, perché stareste commettendo l’errore di prendere troppo sul serio quello che vi sta dicendo.
Notate bene: non si tratta di qualcosa legato al tono delle affermazioni, come pure si sarebbe tentati di dire. Quando il vostro amico vi dice che si sente come un gatto investito in autostrada è molto probabile che lo stia facendo con tono mesto e molto più serio del solito. Allo stesso modo, quando Berlusconi racconta bugie sulla guerra in Ucraina non adopera lo stesso tono adottato per le sue discutibili barzellette. Non si tratta perciò di non saper riconoscere un tono scherzoso o ironico. L’errore è proprio di un altro tipo.
Stando alla sottile interpretazione di Frankfurt, l’errore fondamentale con chi racconta stronzate è pensare che la persona che abbiamo di fronte sia preoccupata della verità delle cose. No: chi racconta stronzate, dice Frankfurt, è semplicemente indifferente rispetto alla verità di ciò che sta raccontando. Questa è la vera differenza fra un bugiardo e uno che racconta stronzate: mentre il primo vuole ingannarci sulla verità di un certo stato di cose, il secondo vuole nasconderci che lui, in realtà, non è interessato né a dirci la verità né a dire il falso. Questo non significa, come spiega ancora Frankfurt, che chi dice stronzate sia un impulsivo, ma che «la motivazione che lo guida e lo spinge è slegata da come stanno realmente le cose di cui parla». Quando Berlusconi dice di essere uno dei cinque veri amici di Putin non gli importa minimamente di essere creduto da chi lo sta ascoltando. Non vuole convincerci del fatto che ha davvero ricevuto venti bottiglie di vodka, né gli interessa se alla fine non daremo alcun credito a questa storia. Molto più verosimilmente, nel suo caso, quello che gli interessa è puntare l’attenzione su di sé, stare al centro della scena; con tutto ciò che questo comporta, nel bene o nel male.
Ci sono poi altre differenze, meno rilevanti, fra bugia e stronzata. Va notato infatti che le stronzate hanno un indubbio vantaggio sulle bugie: chi vuole raccontare stronzate ha un compito meno complesso di chi vuole raccontare bugie. Il bugiardo infatti non solo deve riuscire a ingannarci sulla verità dello stato di cose (sulla falsità di p), ma deve anche ingannarci sul suo atteggiamento verso quest’ultima. Egli, cioè, nel dirci una bugia ci sta ingannando due volte, perché ci fa anche credere di stare avendo un certo stato mentale nei confronti della verità che invece non ha. Non così per chi racconta stronzate, il quale invece ha bisogno di ingannarci solo da quest’ultimo lato, quello delle intenzioni, mentre per lui è assolutamente irrilevante che il contenuto delle sue affermazioni, alla fine della fiera, sia vero o falso. Se un domani scoprissimo che Putin ha mandato tre bottiglie invece che venti, o che in realtà non ne ha mandata nemmeno una, cambierebbe poco per Berlusconi. Il suo obiettivo era un altro: dare una certa immagine di sé.
Se il bugiardo è qualcuno che recepisce l’autorità della verità per poi sfidarla, chi racconta stronzate semplicemente non vi presta alcuna attenzione. Ed è per questo motivo, conclude Frankfurt, che le stronzate sono molto più nemiche della verità di quanto non lo siano le bugie.
1 comment
bellissimo!! ti ringrazio, da grande amante dell’ironia, del sarcasmo, del black humor e dello Zoo di 105 da sempre…
Penso di condividere abbastanza quanto hai detto, sì: ora ci rifletto un po’ ma l’idea è questa.
Certo, di berlusconi possiamo solo dire che l’unica cosa giusta da fare è tornare indietro nel tempo e uccidere sua madre prima che nasca. E insieme a questo magari DETONARE milioni di italiani ;)