È stato l’uomo più chiacchierato di questa delicata fase elettorale nel centro e nel centro-sinistra. Le sue tre settimane di celebrità hanno fatto letteralmente impazzire sostenitori e detrattori. Calenda qui, Calenda lì, Calenda ovunque.
Ho quindi redatto un breve resumé della sua biografia politica, molto parziale e dichiaratamente rivolto alla bolla libdem. Si attendono critiche e aggressioni a riguardo.
Cosa ricordiamo di Carlo Calenda negli ultimi cinque anni:
- Nel 2018 appoggia Più Europa “dall’esterno”, senza candidarsi, convinto che le percentuali del PD e di Forza Italia siano sufficienti a formare un governo nel quale essere nuovamente ministro. Alla vittoria plebiscitaria del M5S (del tutto imprevedibile eh) risponde evocando un “fronte repubblicano” europeista. Continua col fronte repubblicano europeista anche quando Zingaretti diventa segretario del PD e il PD sempre più chiaramente flirta col M5S; rifiuta per questo la proposta della Più Europa di allora, ancora liberale, di presentarsi indipendentemente dal PD alle elezioni europee; quindi, viene eletto col PD al Parlamento europeo; scarica sulla Più Europa terzopolista di allora tutta la solita stucchevole retorica del voto utile.
- Con l’istituzione del Conte 2 e la pubblicazione delle promesse matrimoniali tra PD e 5 stelle (sempre del tutto imprevedibili) iniziano le alterne vicende della sua avventura terzopolista e il nostro fonda Azione, confidando in una futura annessione di Più Europa e di altre eventuali piccole sigle di area lib-dem. Poco dopo nasce Italia Viva, che contende lo stesso elettorato; Renzi è il politico più indagato d’Italia; la timeline di Calenda si distingue con invettive sempre più colorite dall’ex presidente del Consiglio. A marzo 2020, assieme ad alcuni sindaci di area riformista, firma una lettera indirizzata “agli amici tedeschi” che li invita a essere compassionevoli con l’Italia piagata dal Covid in nome del condono dei debiti di guerra della Germania, sic.
- Nel febbraio 2021 Renzi col suo partito apre la crisi che porterà Draghi alla Presidenza del Consiglio, inaugurando la più fortunata stagione governativa della legislatura. All’apertura della crisi Bianca Hermanin e le sue amiche storiche dell’arte, che non hanno alcun titolo per capire un’acca di politica, capiscono che l’esito della crisi sarà positivo, e che Mattarella coglierà l’occasione per affidare la guida del paese in crisi all’italiano più prestigioso sulla scena; ma un tale intuito è negato all’europarlamentare Carlo Calenda, che sempre col suo implacabile twitter si scaglia a intervalli regolare contro Renzi, autore della “incomprensibile” crisi (incomprensibile!).
- Nella primavera dello stesso anno si candida a Sindaco di Roma. Decide di concorrere con la sua sola lista, sprezzando con sdegno ogni offerta di altre civiche a suo sostegno, per paura che in seguito gli eletti al consiglio comunale possano divergere dal suo programma o ricattarlo una volta divenuto sindaco (!). Risultato: le piccole civiche di area libdem coi loro voti vengono assorbite da Gualtieri. Inoltre, i primi eletti della lista “Calenda sindaco” sono iscritti di Italia Viva, che alla prima occasione prendono le distanze dal fu candidato, riducendo ulteriormente la sua rappresentanza in consiglio comunale (peraltro lo stesso Calenda, che aveva dichiarato in campagna elettorale di non voler fare il consigliere essendo già eurodeputato, torna prima sulla sua strada, fa una comparsata in consiglio e poi ci ripensa; le varie tappe del suo percorso di illuminazione sono ovviamente sempre su Twitter). Del resto, è difficile che i consiglieri di IV rimangano fedeli al fu candidato sindaco dato che il nostro continua a cogliere ogni pretesto per scagliarsi contro Renzi.
- Intanto comincia a prendere forma un nuovo progetto politico, l’Italia c’è; gli ideatori si prefiggono l’obiettivo temporaneo di effettuare una campagna di iscrizioni all’insegna di un programma liberale, sotto la guida un coordinatore e di un consiglio di dirigenti, per poi dotare l’associazione di uno statuto e di regole democratiche, rifuggendo al leaderismo esasperato dei partiti libdem esistenti. Calenda si scaglia sempre da Twitter contro il nuovo progetto – con una dedizione pari solo a quella dimostrata contro Renzi – accostandolo ai nomi centristi più nefandi del suo Pantheon. Il tutto mentre la guerra in Ucraina gli offre nuove occasioni di mostrare il suo formidabile fiuto politico: la storia della sua iniziale cautela russofila, del suo scetticismo sull’ingresso dell’Ucraina nell’UE e del suo conseguente voto a favore dell’ingresso dell’Ucraina nell’UE si trova, manco a dirlo, su Twitter.
- Le elezioni anticipate gli offrono una grande occasione; poiché Azione si qualifica come il partito meglio sondato di area, vi confluiscono Carfagna e Gelmini. Forse perché convinto da Della Vedova e Bonino (che nel frattempo hanno ridotto Più Europa a una scialuppetta del malandato transatlantico radicale a loro proprio uso e consumo) sottoscrive un patto col PD, che poi clamorosamente scioglie perché il PD candida Fratoianni e Bonelli (mossa imprevedibilissima da parte del PD! Scandalosa!).
- Dimentico del suo livore contro Renzi, dunque, Calenda torna a casa – a Tara, a Tara. Renzi gli offre la leadership e gli concede quanto da lui chiesto: sulla scheda saranno presenti solo i simboli di Azione e di IV; non un terzo polo, ma la somma di due leadership. Comincia la campagna elettorale chiedendo agli iscritti di Azione di non rispondere agli attacchi del PD e di Più Europa dopo il suo repentino cambio di alleanze; lui da parte sua passa il suo tempo su Twitter a rispondere compulsivamente agli attacchi del PD e di Più Europa riguardo al suo repentino cambio di alleanze. Intervistato, gli si chiede se Pizzarotti (uno dei fondatori de L’Italia c’è, terzopolista della prima ora) sarà della partita. Lui risponde: “non so, chiedetelo a Renzi”. Come a dire: a me non interessa un fico secco di dare rappresentanza alla variegata galassia del cosiddetto “terzo polo” nelle sue diverse articolazioni, e di unificarla in un progetto unitario; quel lavoro lì lo fa Renzi. In effetti, di Renzi si possono dire tante cose, ma certamente fa politica.
Calenda, Calenda. Non ho letto i suoi libri, ma temo che la timeline di Twitter mi abbia dato abbastanza materiale.
È stato un ottimo ministro, uno a cui essere grati. Sarebbe stato un eccellente sindaco di Roma e rifarei la campagna elettorale per lui con la stessa passione di un anno fa. C’è seriamente da augurarsi che un tale amministratore ricopra nuovamente incarichi di responsabilità in questo paese.
Quindi voterò il simbolo di Calenda. Ma senza alcuna illusione che il suo personale progetto politico possa aggiungere al panorama politico attuale niente se non la presenza di Calenda stesso e di una cerchia di favoriti. Per la politica – per i suoi compromessi e i suoi slanci, la sua necessaria umiltà, la capacità di prevedere gli eventi prossimi sapendo rimanere al passo, se non proprio sapendo essere realmente utili alla comunità – come direbbe Calenda stesso, chiedete altrove.
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2 comments
Calenda, Renzi. Il meno peggio e forse anche un po’ di più.
non basterà a salvare l’itaglia, anche perché IO ESIGO LA MIA VENDETTA ;)
ah scusa, leggo ora la cosa delle parolacce: #cancroaicarabbimerda #leucemiaaifiglideigiornalistimafiosi ;)