La prevista, strameritata, sconfitta del pasdaran Jeremy Corbyn e del suo Labour “de sinistra” sancisce, una volta per tutte, la fine del sistema bipartitico nel Regno Unito. Un funerale, per la verità, già anticipato durante le elezioni generali che avevano decretato per il Premier Cameron un successo insperato e, nel contempo, l’implosione dei laburisti guidati dal grigio Miliband. La vittoria a Londra, città storicamente di sinistra nonostante i due mandati consecutivi di Boris Johnson, non basterà a far rientrare la fronda che sin dal momento della sua elezione logora Corbyn: non è più questione di se ma, piuttosto, di quando si consumerà il delitto perfetto.
La storia del Regno Unito insegna come queste faide siano piuttosto frequenti: l’emblematica cacciata della Thatcher nel 1990 nonostante tre vittorie di fila alle elezioni generali insegna come in questo Paese nessuno, ma proprio nessuno, possa rimanere tranquillo nelle stanze che contano. Ciò che caratterizza questa fase rispetto al passato è proprio la situazione estremamente frammentata che è uscita fuori dalle urne e che complica ulteriormente il percorso già accidentato dei laburisti.
Il grande, ed ennesimo, successo dello SNP di Nicola Sturgeon allontana sempre più la Scozia, altra ex storica roccaforte del Labour, da Londra. In effetti, a differenza di quanto accade in altre nazioni dove l’indipendentismo militante riscuote successo, lo SNP non ha nulla di populista e anti-sistema, anzi: è forse il partito più filo-europeista dello scacchiere, è una forza che si rifà ai valori della migliore e più autentica socialdemocrazia europea, ha amministrato bene durante questi anni, e, soprattutto, è un partito che ha definitivamente fatto apparire il Labour un doppione inutile e sbiadito nel sistema politico scozzese.
Che cosa sia, questo Labour, in effetti nessuno lo ha capito: l’emergere di fenomeni antisemiti sono l’ultima delle tante contraddizioni che hanno una storia antica, risalente, come minimo, al 1997. La conversione, pacifica e silenziosa al neoliberismo thatcheriano condotta durante gli anni gloriosi di Tony Blair, ha preceduto il ritorno a un modo di intendere il socialismo che nel Regno unito non si vedeva dai tempi di Micheal Foot. Ma non basta: l’ambigua posizione tenuta durante il referendum sull’indipendentismo scozzese ha fatto apparire il Labour come un partito traditore e fedifrago; gli scozzesi, che hanno dato i natali agli ultimi due premier laburisti, non glielo hanno perdonato.
Non da ultimo: quale posizione tenere nel prossimo referendum sulla permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione europea è il vero interrogativo che deteriorerà definitivamente la leadership di Corbyn. Sostenere Cameron nella sua già ambigua posizione? Assumere il vessillo del filo-europismo facendo concorrenza allo SNP? Rimanere immobili e fare, ancora una volta, i vaghi?
Sono tutti interrogativi che troveranno risposta a breve. Paradossalmente, qualsiasi strada il Labour deciderà di intraprendere, porterà ad un ulteriore erosione dei consensi. A meno di delitti in stile Agatha Christie che, vista la cronaca, più che “perfetti” si prevedono come “annunciati”.