Pochi giorni fa è stata resa nota la nomina di Tito Boeri alla presidenza dell’Inps.
Da liberali, non possiamo che plaudere a una scelta eccellente fatta dal governo Renzi.
Boeri è docente alla Bocconi e alla London School of Economic, editorialista di punta di Repubblica e direttore del festival dell’economia; è stato consulente dell’Ocse, della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea, della Banca Mondiale, del governo italiano; nel 2003 ha fondato lavoce.info, il principale sito di approfondimento economico.
Di orientamento liberale (liberale di sinistra), tra i più noti e prestigiosi economisti italiani, è esperto di mercato del lavoro: è stato il primo a teorizzare il contratto a tutele crescenti; insieme a Ichino è uno dei principali assertori della flexicurity, della necessità di abolire l’articolo 18 e di estendere gli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori.
Sul fronte pensionistico, tra le sue proposte quella di un contributo di solidarietà (o meglio, di equità intergenerazionale) per le pensioni calcolate col retributivo sulla differenza fra contributi versati e pensioni effettivamente percepite, riferito esclusivamente a chi riceve pensioni più alte.
Ci auguriamo che, dopo la pessima gestione di Mastrapasqua – il vero responsabile della creazione degli esodati, uomo di Berlusconi, una laurea falsa, accumulatore di 27 incarichi diversi, all’Inps percepiva 1,2 milioni di stipendio annui, finito poi indagato per corruzione -, possa inaugurare all’Istituto di previdenza nazionale una nuova stagione fondata sulla trasparenza, iiniziando dall’adozione della famigerata “busta arancione”, cioè il sistema di calcolo che permetterà ad ogni cittadino di avere una stima della propria futura pensione.
La scelta di Boeri è sorprendente perché in controtendenza rispetto alle nomine di basso profilo nella compagine governativa (si parlava di lui come probabile ministro del lavoro o dell’economia) e a quelle scadenti nelle aziende pubbliche.
E poi perché Boeri è sempre stato molto critico nei confronti dell’azione economica del governo. C’è chi dice sia una scelta dettata dalla volontà di Renzi di blandire un critico indefesso del governo.
In ogni caso non possiamo che augurarci che sia solo l’inizio di una serie di scelte, a livello governativo, improntate alla massima competenza e indipendenza per chi è destinato a incarichi pubblici.
Quella discontinuità a lungo declamata da Renzi e mai (finora) realizzata.