«Un’onda di irrazionalità risale dal profondo della società»: così riporta un estratto dalla sintesi del 55° rapporto Censis, dedicato agli italiani e all’irrazionale; un rapporto ormai noto all’opinione pubblica. Nei giorni scorsi, infatti, alcune tabelle estrapolate dall’indagine annuale del Censis hanno iniziato a circolare via social, diffondendosi a macchia d’olio. I numeri di queste tabelle paiono piuttosto eloquenti, e restituiscono un ritratto impietoso della società italiana; una società che sembra incline alle credenze più stravaganti. Il Censis, ad esempio, riporta che il 31,4% degli italiani si dice convinto che il vaccino è un farmaco sperimentale e che quindi le persone che si vaccinano fanno da cavie; che la scienza crea più danni che benefici (12,7%); e che il Covid-19 non esiste (5,9%). Le tabelle, inoltre, riportano le percentuali divise per tre livelli di istruzione: licenza media, diploma, laurea. Ad esempio, la percentuale di italiani con la licenza media che crede che la scienza sia più dannosa che utile è al 26,6%; valore che scende al 14,2% per i diplomati e si assesta al 5,8% fra i laureati. Tuttavia il Censis non si è soffermato solo sulle credenze legate alla pandemia.
L’indagine, infatti, riporta anche una tabella molto interessante per la nostra rubrica: quella che il Censis dedica, con un termine po’ barocco, al “neo-cospirazionismo dietrologico”. Ecco alcuni dati tratti dalla tabella in questione:
- Il 67,1% degli italiani crede che il potere reale in Italia sia concentrato nelle mani di un gruppo di potenti: alti burocrati, politici e uomini d’affari;
- il 56,5% degli italiani crede che esista una casta mondiale di potenti che controlla tutto;
- il 19,9% crede che il 5G serva a controllare le persone;
- il 5,8% crede che la Terra sia piatta;
- E molto altro.
A prima vista queste percentuali sono davvero impressionanti, ma per motivi di spazio la sintesi del rapporto non le discute in alcun modo, lasciando quest’onere al lettore. Al contrario, il sito del Censis si limita ad accompagnare i risultati con un commento molto evocativo, che scegliamo di riportare per intero:
«Di fianco alla maggioritaria società ragionevole e saggia, si leva un’onda di irrazionalità, un sonno fatuo della ragione, una fuga fatale nel pensiero magico, stregonesco, sciamanico, che pretende di decifrare il senso occulto della realtà circostante. Dalla medicina alla tecnologia, nulla sfugge al tritacarne dell’irrazionale, che si ritaglia uno spazio non modesto nel discorso pubblico, conquistando i vertici dei trending topic nei social network, scalando le classifiche di vendita dei libri, occupando le ribalte televisive, orientando le posizioni e i comportamenti di molte persone.»
Il Censis, cioè, opera una scelta precisa. Invece di approfondire i risultati esposti nelle tabelle, l’istituto preferisce ricorrere a un giudizio che ha lo scopo di evocare nella mente del lettore un certo stato di cose, e in particolare una società – quella italiana – ormai stretta nella morsa dell’irrazionalità («nulla sfugge al tritacarne dell’irrazionale»). La scelta, lo diciamo sin da subito, è assolutamente legittima, ma nel complesso rischia di non fare un buon servizio alla comunità dei ‘razionali’. Innanzitutto perché, stando alla stessa lettura del Censis, la fetta «ragionevole e saggia» della nostra società, per fortuna, è anche la parte «maggioritaria». Perciò, da dove viene la necessità di dipingere l’onda dell’irrazionalità come un fenomeno tanto pervasivo? In secondo luogo – e questo è il punto dirimente – sarebbe meglio non farsi prendere dalla fretta di strillare all’irrazionalismo senza prima aver esercitato noi stessi un pizzico di razionalità. E infatti, sembra che la stragrande maggioranza dei commentatori si sia dimenticata di farsi alcune semplici domande: qual è la metodologia utilizzata in questo studio? Come sono state ottenute le percentuali della tabella? Che cosa intende il Censis per “neo-cospirazionismo dietrologico”? Per capire la grande rilevanza di queste domande possiamo partire da alcune osservazioni sparse.
Prendiamo ad esempio il dato sulla Terra piatta; il rapporto ci dice che circa 6 italiani su 100 credono a questa sciocchezza. Per chi non avesse ancora compreso l’enormità di questo dato, facciamo notare che una simile percentuale indica che in Italia ci siano qualcosa come tre milioni e mezzo di terrapiattisti, due volte e mezzo la popolazione di Milano. Ora, il fatto che questo numero sembri a primo impatto esageratamente grande non è una motivazione sufficiente per smentire lo studio. Tuttavia, se ci dovessimo basare solo sulle tabelle del Censis, e non sullo studio completo, un vero approccio razionale dovrebbe suscitare in noi le seguenti domande: quante sono le persone coinvolte nel sondaggio? Quali metodi di campionamento sono stati usati? Che metodo di rilevazione è stato impiegato? Se si è usato il questionario, ad esempio, quale tipo di questionario? Con che tipo di domande (dicotomiche? Unipolari? Bipolari?) e con quale somministrazione delle stesse? Le tabelle in questione, infatti, non dicono che il 5,8% degli italiani ha risposto “sono d’accordo” davanti all’affermazione “la Terra è piatta”; ma riportano una generalizzazione: il 5,8% degli italiani crede che la Terra sia piatta. Ciò significa che, stando alle semplici tabelle, non sappiamo in che modo il Censis ha costruito le domande del sondaggio e con quale criterio ha aggregato le risposte.
Un secondo problema è legato invece all’espressione “neo-cospirazionismo dietrologico”: il Censis non dà una definizione di questo termine, ma lascia intendere che sia qualcosa di vagamente vicino al “complottismo”. Purtroppo, però, presentare un’etichetta senza una definizione rappresenta un problema. Un esempio molto semplice può illuminare la questione. Se un soggetto si dice d’accordo con l’idea che “in Italia ci sia un gruppo di potenti che controlla lo Stato”, questo fatto di per sé non indica nulla: si può tranquillamente concordare con questa affermazione isolata senza per ciò stesso essere dei complottisti. Uno studio scientifico deve prima stabilire che cosa ha scelto di considerare “complottista” e cosa no, e poi effettuare il sondaggio; in questo modo il lettore è consapevole delle scelte del ricercatore e può farsi un’idea più precisa del lavoro. Chi conosce la letteratura di psicologia sociale sul complottismo – e in generale qualsiasi lavoro di questo tipo – sa bene che ogni sondaggio è preceduto da alcune definizioni preliminari con cui il ricercatore rende trasparente le sue assunzioni teoriche. Questa prassi serve sia a stabilire, in anticipo, che cosa il ricercatore si aspetta di trovare sia a escludere interpretazioni simili, ma divergenti, dello stesso fenomeno. Ad esempio, un ricercatore potrebbe stabilire che alcune credenze rientrino nella categoria di complottismo e non certe altre; oppure potrebbe decidere di adottare una scala graduale, misurando l’intensità delle credenze (che ha scelto di considerare come) complottiste; ecc. Ma se ci dovessimo basare solo sulle tabelle del Censis che circolano sui social non potremmo in alcun modo sapere quale criterio ha usato il Censis per stabilire se l’accordo con un’affermazione è indice di (ciò che loro considerano) complottismo.
Sicuramente nel rapporto completo tutti questi dettagli vengono spiegati, e siamo sicuri che il Censis ha usato una metodologia rigorosa, comprensiva di tutte le assunzioni teoriche. Tuttavia, invitiamo l’autoproclamata comunità dei razionali a non trarre conclusioni sullo stato del proprio paese da delle tabelle che circolano online senza alcun contesto e senza alcuna precisazione. Anche fidarsi ciecamente del rapporto Censis non è un comportamento razionale.
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