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Ambiente: sui profeti di sventura vince il progresso

Fino ad oggi  abbiamo vissuto in condizioni di grande benessere a discapito del nostro pianeta. Ora dobbiamo ridimensionare i nostri bisogni, ridurre i nostri consumi, allontanarci dai piaceri non necessari, evitare il disastro! Spesso, troppo spesso, sentiamo illazioni di questo tipo sui social come nelle televisioni, in politica come in chiesa. La realtà però è diversa: il disastro ambientale può essere superato senza sacrifici eroici o gesti gloriosi ma grazie alla scienza, alla ragione e al progresso.

Ho deciso di scrivere questo articolo dopo la lettura di “Illuminismo adesso: in difesa della ragione, della scienza, dell’umanesimo e del progresso”, saggio di Steven Pinker, scienziato cognitivo e professore di psicologia all’università di Harvard (dati e citazioni sono ricavati dal decimo capitolo del libro, che consiglio caldamente di leggere). La battaglia contro il cambiamento climatico si è oramai politicizzata in tutto l’Occidente. È vero anche in Italia dove il bislacco verdismo pentastellato vede come unica via possibile per fermare la crisi ambientale e climatica la cosiddetta “decrescita felice”,  la deindustrializzazione e l’abbandono della modernità. Tale idea non è soltanto sbagliata, ma inutilmente distruttiva e moralmente inaccettabile: costringerebbe a grandi sacrifici forzati soprattutto i più poveri. La soluzione alle grandi sfide del nostro secolo non è tornare indietro, al contrario, è andare avanti, innovare e crescere. Possiamo risolvere il problema e in parte già lo stiamo facendo senza che nessuno ne parli con voci tonanti e titoli sensazionalistici. Vediamo come.

Un problema storico spesso afferrato dai profeti del disastro è l’esaurimento delle materie prime: la nostra avidità e fame di profitto ci costringeranno a consumare ogni risorsa disponibile, fino a che non resterà più nulla. Storicamente però quando ci siamo affidati a una risorsa e quest’ultima ha iniziato a scarseggiare il suo prezzo si è alzato notevolmente così come il prezzo di tutti i suoi derivati. Il mercato, inevitabilmente, ha creato un incentivo ad investire su altri tipi di tecnologie e si è sempre trovato il modo di sfruttare materie più comuni e meno costose. Le profezie distopiche di un mondo che improvvisamente finisce le sue riserve energetiche e piomba nel caos sono fantasie e, con ogni probabilità, rimarranno tali.

In effetti è un errore pensare che le persone abbiano in prima istanza <<bisogno di risorse>>. Hanno bisogno di modi per coltivare piante alimentari, per spostarsi, per illuminare le loro case, per presentare l’informazione e per attivare altre fonti di benessere. E soddisfano queste necessità con idee… (S. Pinker)

Il benessere degli uomini non dipende esclusivamente dalle risorse dunque, ma da idee vincenti. La ricerca deve essere incentivata e il ruolo dello stato è anche quello di essere un investitore privilegiato, talvolta ce ne dimentichiamo.

C’è chi sostiene che gli uomini, assuefatti al consumismo, produrranno sempre maggiori quantità di rifiuti che finiranno per trasformare il nostro pianeta in una immensa discarica. Anche in questo caso sembra sia il progresso la chiave per uscirne. Stiamo assistendo, grazie alla rivoluzione digitale, al fenomeno della smaterializzazione. È di uso comune ormai raccogliere i dati sui nostri computer e  comunicare tramite internet; nei nostri telefoni sono contenuti orologi, macchine fotografiche, fotografie, calcolatrici, bussole, carte geografiche, libri di cucina, telecomandi, calendari e molto altro ancora, tutti oggetti che un tempo avremmo dovuto possedere fisicamente. I consumi dei britannici, secondo quanto riporta Pinker, si sono ridotti da 15,1 tonnellate a persona nel 2001 a 10,3 tonnellate nel 2013. 

Ma le foreste? Non stanno scomparendo? La deforestazione è in effetti un problema molto serio, ad oggi solo il 38% delle terre abitabili è coperta da foreste. Usualmente vengono abbattute e sostituite con terreni agricoli per produrre gli alimenti che troviamo nei supermercati. È evidente che la strada da perseguire sia coltivare tanto in poco spazio, così da lasciare posto al resto. Per fare ciò una soluzione può essere incentivare l’agricoltura intensiva, quella verticale, la ricerca biologia ed i tanto vituperati OGM che permetterebbero alle colture di divenire più produttive a parità di superficie occupata. L’agricoltura biologica paradossalmente non è per nulla ecologica, dal momento che ha bisogno di maggiori quantità di terreno.

L’ultima sfida è di certo la più complessa e la più importante: il cambiamento climatico. Il fenomeno, come è noto, è causato dalle massicce emissioni di “gas serra” nell’atmosfera, l’effetto è un pericoloso surriscaldamento del pianeta. Innanzitutto c’è da identificare da dove vengano emessi questi gas e, dunque, dove si debba intervenire. I principali in Italia sono: la produzione di elettricità e calore, i trasporti, gli edifici, la manifattura, le costruzioni e la produzione agricola. Nel bilancio mondiale svolge un ruolo importante anche l’industria pesante. Qui ancora più che negli altri casi sono necessarie prese di posizione politiche, ma la soluzione non può che essere sempre la stessa: innovazione e sviluppo. Una prima soluzione per la produzione di energia deriva dalle fonti rinnovabili, tecnologie interessanti, ma che al momento, anche se fossero largamente sfruttate, non avrebbero le capacità sufficienti per coprire interamente  il nostro fabbisogno energetico. Una seconda soluzione è la tecnologia nucleare, quest’ultima si è evoluta moltissimo nel tempo e potrebbe diventare determinante, ma non mi occuperò dell’argomento in questo articolo (se dovesse incuriosire lascio però il link per un’interessante ed immoderata analisi qui!).

L’intervento pubblico in questo caso potrebbe svolgere un ruolo da protagonista. Un’idea utile è quella della “carbon tax”, un’imposta sulle emissioni di gas serra che crei un incentivo all’innovazione e all’uso di tecnologie più sostenibili. In Europa una proposta interessante è quella italiana di “Stop Global Warming”, promossa da Marco Cappato, che prevede di spostare la tassazione dai redditi dei lavoratori alle emissioni inquinanti così da non gravare sulle finanze aziendali e rischiare di generare crisi perdendo posti di lavori (qui il link della sua petizione).

Tanti profeti del disastro continuano a condannare l’umanità, descrivendola come destinata a soccombere sotto il peso dei propri peccati, spesso pubblicizzando le loro ideologie e i loro sistemi perfetti. La realtà e le evidenze che abbiamo però sembrano dirci che riusciremo davvero a superare queste grandi sfide, grazie, ancora una volta, al progresso scientifico, alla fiducia verso gli uomini e le istituzioni che questi hanno selezionato nel corso della storia.

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