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Speaker's Corner

Non lasciateci soli

L’altra sera a “Stasera Italia” è andata in onda una lite abbastanza accesa tra Vittorio Sgarbi e Michele Boldrin. Il video, per gli interessati, lo si può trovare qui.

In breve, Sgarbi si lamenta delle ingerenze della magistratura nella politica, tema su cui si infervora spesso negli ultimi tempi, e propone di andare presto al voto per estirpare (non mi e’ chiaro in che modo) questo fenomeno. Boldrin vorrebbe parlare della grave situazione economica ma, complici problemi al collegamento, Sgarbi si lancia in una tipica invettiva che non risparmia insulti e Boldrin, ripresa la parola, dice in tono pacato che non è disposto a discutere in questi termini e abbandonda lo studio, non prima di aver attaccato l’informazione televisiva italiana.

L’evento in sè non è particolarmente degno di nota, tuttavia mi pare che si presti bene a fungere da seme per una riflessione sul ruolo dei media. Vista la loro bassa qualità, tendo a non guardare i vari programmi di approfondimento politico, che trovo spesso ricchi di un dibattito inconcludente, dove al posto delle idee e dei fatti hanno il predominio la retorica e l’opinionismo più becero. Mi rendo però conto che molte persone, anche chi di politica si occupa, tendono a guardare queste trasmissioni per tenersi aggiornate e che molte novità nel dibattito pubblico vengano introdotte in tali occasioni, tra un urlo e un insulto. Non a caso molti partiti accusano l’informazione di dar loro un ruolo marginale, non concedendogli abbastanza spazio (cioè partecipazioni) nelle varie trasmissioni: del resto, per comprendere cosa pensa un determinato schieramento su un dato tema è molto più semplice seguire qualche dibattito in TV invece che andarsi a leggere i roboanti ma spesso fumosi programmi.

E’ però innegabile al contempo il bassissimo livello di informazione che questi programmi (praticamente senza eccezioni) portano avanti, non essendo presente la benchè minima forma di “fact checking” e potendo ognuno dire ciò che vuole su ogni tema, senza un minimo filtro di veridicità.

Da qui le mutue accuse di diffondere fake news, le urla, la violenza verbale e l’animosità diffusa di questi talk show, nei quali paga più l’eccentricità della competenza: si pensi ai vari Fusaro o a Sgarbi stesso, agli Scanzi o ai Travaglio con la loro petulanza accusatoria, o ai vari personaggi che rivestono ruoli ben precisi nei vari salotti (il moderato analitico, l’estremista urlatore, il socialista malinconico, …) che più che fare informazione sembrano essere lì per portare avanti un copione.
Caratteristi della politica.

Ed è qui che sorge l’inghippo: che fare?

Chi è legato ad un’analisi fattuale delle situazioni e dei problemi, ad un confronto in cui le opinioni si originano dai fatti, in cui a parlare sono gli esperti e chi non lo è si limita ad ascoltare (per imparare), insomma chi cerca un dibattito che sia, per usare l’ennesimo anglicismo, “evidence based”, come deve comportarsi? Deve, come il professor Boldrin, evitare queste sitazioni inconcludenti e abbandonare lo studio quando si presentano? Oppure deve rimanere e stare al gioco, tentando di rispondere per le rime e di essere una voce fuori dal coro nella follia generale (e qui penso ad esempio ad Alberto Forchielli, Elisa Serafini o anche, se si vuole, a Philippe Daverio)?

Premetto che probabilmente io stesso avrei agito come Boldrin in quella situazione, e anzi non sarei riuscito a mantenere un tale contegno nell’uscita. Tuttavia l’esito dell’uscita di scena è semplicemente quello di avere una voce sensata fuori dal gioco e lasciare, per l’ennesima volta, il circo mediatico a sè stesso. L’unico effetto ottenuto è quello di rafforzare la fazione della “caciara”, tronfia di aver costretto alla dipartita il nemico: agli astanti e al pubblico questo non pare il gesto assennato di chi non ritiene affatto costruttivo parlare in quei termini (e soprattutto, con quelle modalità) di temi delicati, ma l’ammissione di inadeguatezza (o peggio, di sconfitta) di un certo modo di parlare e pensare.

Del resto se “la mangiatoia è finita” o “aiutiamoli a casa loro” possono funzionare come slogan, “servono riforme strutturali che vadano a toccare gli aspetti cruciali dell’economia per far ripartire la crescita” non si presta altrettanto bene: la complessità, quasi per definizione, richiede modalità di comunicazione diverse, spesso non consone ad un’audience abituata (forzatamente?) a discutere in termini di “ONESTA'” o “RUSPA”.

Se andarsene significa passare per sconfitti, che vittoria ci può essere per chi porta un messaggio complesso nella terra della semplificazione? Ed esiste uno spazio nel dibattito pubblico per questa complessità, spazio che riesca ad essere “mainstream” e non settario e limitato a pochi patiti?

Non ho le risposte a queste domande. Ho però una richiesta: quale che sia la vostra strategia comunicativa, che sia un blog o un canale yotube, giornali o televisione, manifesti programmatici o politica attiva, lunghi comizi o repliche puntuali su Twitter, non è importante ormai.

Voi che ancora credete nella ragione, nella libertà e nella democrazia continuate a fare quello che fate nel modo che ritenete più opportuno e congeniale al vostro essere, ma vi prego di una cosa: non lasciateci soli.

1 comment

Franco Puglia 03/06/2019 at 22:38

Amare considerazioni, che condivido.
Purtroppo il “circo mediatico” è, appunto, un circo, una pedana per saltimbanchi, visto che la politica è ormai soltanto rappresentazione della realtà al di fuori della realtà.
Andarci, restare, abbandonare …
Già andarci è per pochi, quasi sempre i soliti.
Restare o abbandonare ?
Abbandonare, MAI !
Restare. Come ? Ridicolizzando.
Quando una testa di vitello parla e dice cazzate, rotolarsi dalle risate, fare quello che nessuno si aspetta, mettersi a ballare … RIDICOLIZZARE.
IL RIDICOLO DISTRUGGE.
Nei talk show non si può ragionare.
Per questo ci sono altri luoghi.
Li serve solo APPARIRE ed essere notati, ed IDENTIFICATI ….

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