Che i corridoi di Bruxelles siano pieni di spie è un fatto noto da tempo ai funzionari europei. Ma oggi la lotta contro lo spionaggio straniero sta ricevendo sempre più attenzione. Le autorità europee sono impegnate a raddoppiare i propri sforzi di fronte all’ostilità russa, allo spionaggio cinese, e al ritorno di una geopolitica basata sulle grandi potenze. Di tutto questo ha parlato la settimana scorsa Barbara Moens, famosa giornalista di POLITICO.
I funzionari europei si stanno sempre più rendendo conto che difendersi dallo spionaggio estero non è affatto semplice.
Innanzitutto nessuno sa davvero quante spie operino a Bruxelles, e per di più nella capitale belga il numero di bersagli potenzialmente a rischio è enorme. Bruxelles infatti non ospita soltanto le istituzioni dell’UE e della NATO, ma è anche sede di circa 100 diverse organizzazioni internazionali, dando rifugio a più di 300 missioni diplomatiche. Secondo i dati del ministero degli affari esteri belga, tra le strade della città possiamo trovare circa 26 000 diplomatici registrati. Ognuno di questi potrebbe essere una possibile spia.
Per una spia straniera ottenere il passaporto diplomatico è fondamentale. Non solo esso ti permette di stare fianco a fianco con i più importanti funzionari, e conoscere così informazioni cruciali, ma il passaporto diplomatico è ancora più importante perché garantisce protezione dai procedimenti penali ai sensi della Convenzione di Vienna. Anche inserirsi nel mondo accademico o in think tank internazionali, mondi dove le persone sono pagate e lavorano per ottenere e analizzare informazioni, può essere una copertura interessante per molte spie.
Secondo i funzionari della sicurezza belga, tra il 10 e il 20 per cento dei diplomatici presenti in alcune ambasciate di Bruxelles sarebbero in realtà agenti di intelligence.
Ad esempio nel 2019 la Free University di Bruxelles ha chiuso il Confucius Institute, un istituto culturale cinese, dopo che il suo direttore era stato accusato di spionaggio per conto di Pechino. Nel 2021 poi il Belgio ha espulso uno studente cinese, dopo che si è scoperto che utilizzava il suo lavoro accademico solo come copertura.
Anche fare il giornalista può essere una buona soluzione. La stampa ha infatti accesso ad una serie di eventi e opportunità riservate. Inoltre molti giornalisti con il loro lavoro possono ingraziarsi alcuni funzionari chiave. Secondo i servizi di sicurezza di Bruxelles, 1 giornalista cinese su 5 potrebbe in realtà essere un membro dell’intelligence di Pechino.
Per la maggior parte dei casi spetta al governo belga catturare le spie che infestano la comunità internazionale di Bruxelles. Anche le istituzioni europee e la NATO hanno un proprio ufficio di sicurezza che lavora per impedire alle spie di penetrare nei loro edifici, e accedere così ai documenti più sensibili.
Tuttavia non esiste un’agenzia di intelligence formale dell’UE, o un’organizzazione che coordini i 27 servizi di controspionaggio dei diversi paesi dell’UE, a differenza delle forze di polizia nazionali, che trovano un loro coordinamento europeo nell’EUROPOL. Da tempo molti chiedono all’UE di creare una sorta di CIA, dando origine ad un vero e proprio organismo europeo di intelligence, ma questa rimane nel migliore dei casi un’ipotesi remota.
“So che questa è una materia delicata per molti stati membri. Tuttavia la creazione di un’agenzia di intelligence europea potrebbe aiutarci a difendere i nostri interessi strategici, messi in pericolo soprattutto dalla crescente aggressività della Cina”.
Ha dichiarato Samuel Cogolati, un parlamentare belga dei Verdi.
Ad oggi quindi la maggior parte del lavoro ricade sul servizio di sicurezza belga e sui suoi colleghi dell’intelligence. Il Belgio infatti, oltre ad ospitare le istituzioni dell’UE, ha una lunga storia di controspionaggio. Questo avviene dall’insediamento a Bruxelles della NATO negli anni ’60, con gli Stati Uniti che spinsero il governo belga ad aumentare i propri sforzi nelle attività di intelligence in ottica anti-URSS. In quegli anni il Belgio aumentò di sei volte il numero di impiegati nel settore della difesa.
Nonostante questi sforzi, Bruxelles rimase comunque un terreno fertile per le spie di tutto il mondo, soprattutto dopo la fine della Guerra Fredda, quando le attività di controspionaggio divennero meno importanti per i governi belga. Ad esempio, il Belgio si trovò impreparato quando nel 2003 dovette affrontare il grave scandalo di spionaggio Justus Lipsius (furono scoperti dispositivi di intercettazione all’interno del Consiglio Europeo).
Nel 2016 poi, secondo un benchmark classificato dal governo belga e visionato da POLITICO, l’agenzia di intelligence del paese era grande solo la metà di quelle degli altri paesi dell’UE.
Da allora sono cresciute le richieste di ulteriori investimenti nel settore. La politica belga e la politica europea in questo hanno trovato un fronte comune, e il Belgio ha presto trovato nuovi soldi da affidare all’intelligence.
Il governo belga ha infatti recentemente confermato l’intenzione di rendere Bruxelles un ambiente sempre più ostile alle spie straniere, annunciando un raddoppio del personale nei servizi di sicurezza. Questo è un investimento storico per il Belgio.
Alcuni tuttavia temono che gli sforzi del Belgio siano ancora insufficienti. Un funzionario belga infatti ha sottolineato come il solo Belgio non possa competere con le risorse messe in campo da potenze come la Cina.
“Siamo onesti, un ambiente ostile alle spie è Mosca con il suo FSB, non Bruxelles con il suo piccolo servizio di sicurezza nazionale”.
Ha dichiarato Kenneth Lasoen, esperto di intelligence belga presso l’Università di Anversa.
Leggi anche:
Cosa resta delle primavere arabe?
Attentato a Istanbul: un pretesto per l’invasione di Rojava e Iraq?